Rivoluzione francese e populismo nostrano

A Macron non piace come hanno votato i francesi e quindi sta facendo di tutto per boicottarli. Il governo appena saltato escludeva i vincitori delle elezioni che vogliono una politica più sociale che Monsieur le Président detesta. Macron è un ex bancario e lobbista fautore di meno stato e più mercato, i cittadini vogliono invece diritti e giustizia sociale. Alla fine siamo fermi lì, la diatriba tra pubblico e privato non è mai stata risolta ed anzi negli ultimi anni le cose sono peggiorate per i poveri cristi. Col progressivo massacro dei diritti dei lavoratori e dello stato sociale per accontentare il bulimico mondo degli affari ed inseguire la crescita infinita immortalata in qualche grafico. Macron vuole imporre la sua volontà fregandosene di quella popolare. Un presidente della repubblica non repubblicano.

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Certo, Macron è stato eletto ma da una esigua minoranza grazie a leggi elettorali sempre più architettate per permettere alle élite di passarsi lo scettro tra loro ignorando le urne. Elite politiche ma anche giornalistiche e lobbistiche dal naso all’insù che una volta nei palazzi diventano conservatrici prima di tutto di se stesse e poi di un sistema neoliberista troppo complicato da cambiare. Le élite non sono necessariamente d’accordo col pensiero unico, ma sono comunque prive dello slancio, del coraggio e anche dell’interesse a cambiare. E così corrono a farsi i selfie con gli oligarchi invece che coi poveri cristi, sempre che non si sia sotto elezioni. E tra una promessa elettorale ed un favore ad una lobby non hanno dubbi su quale tradire. Quanto ai conclavi oltralpe di natura bellica, atlantista e brussellese, si lasciano andare in generosi inchini e baciamano. Perché più si sale, più il cambiamento è complesso e richiede qualità di cui sono privi. In un’era di pensiero unico poi, l’anticonformismo può costare caro. Nella vita privata come in quella nazionale. Ed eccoci qui. Nei comizi leoni, nei palazzi pecoroni. Comanda il mercato e tutti i suoi alfieri. Priorità assoluta il bilancio, in modo da tenere alla larga gli sciacalli delle borse e far crescere il Pil ad ogni costo. Con la politica che ha sempre meno margini di manovra anche se poi i soldi per le armi, gli ecomostri ed i privilegi li trovano sempre mentre tagliano sanità, scuola e servizi. Con la ricchezza che dilaga per un pugno di eletti e la povertà per tutti gli altri. Ed è proprio per questo che dopo anni di prese per i fondelli, molti non votano e non seguono più. Mentre quelli che non si arrendono optano per movimenti e personaggi anti sistema. Quelli che le élite dal naso all’insù denigrano come populisti perché considerati rozzi, indegni e perfino pericolosi perché mettono a rischio lo status quo. Politica, media ed affari abbarbicati nei palazzi mentre il vento continua a soffiare. Quando la Francia tornerà al voto di Macron non rimarrà nemmeno il pessimo ricordo, negli Stati Uniti rivince invece un personaggio allucinante come Trump, mentre in tutta Europa vengono premiati movimenti e personaggi alternativi e in paesi come l’Italia i cittadini attendono proposte votabili. Da noi il populismo movimentista è imploso dopo l’antipasto ed ha finito per mettersi giacca e cravatta, quello leghista è invece esploso insieme alla bolla del suo leader, mentre quello della premier era solo presunto. Per questo oltre la metà non vota. Più che una crisi politica, una crisi democratica. Le élite si accodano ad un pensiero unico che i cittadini ripudiano, gli schieramenti in campo sono due facce della stessa medaglia di tolla e una crescente porzione di poveri cristi pretende una politica genuina e al proprio servizio. Pura e semplice democrazia, sovranità che appartiene al popolo e non ai Macron di turno.

Tommaso Merlo 
Libertà di spirito e pace

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