…Rifondare populismo e sovranismo

Fallita l’esperienza Cinquestelle rifondare populismo e sovranismo

Fallita l’esperienza Cinquestelle
rifondare populismo e sovranismo

 “Il partito democratico da tempo non è più un partito di sinistra, se con questa espressione intendiamo chi ha a cuore la difesa dei diritti dei lavoratori e delle classi popolari. Anzi è il partito delle banche, dell’Unione Europea, della fedeltà alla Nato, delle peggiori politiche antipopolari. Quindi nessuna illusione: questo governo parte con i peggiori auspici, sostenuto e voluto dai poteri “forti”.


Sono parole testuali di Rizzo, il capo del Partitino comunista, l’unica formazione politica dichiaratamente neocomunista che goda di qualche credibilità, per il quale lo statista Conte è solo il cameriere della Merkel. “Uscire dall’euro non è solo possibile ma è anche conveniente”, questa è la posizione del tormentato Fassina, che dopo aver oscillato come un pendolo rinunciando anche alle ottime occasioni che gli si erano presentate ai piani alti del Palazzo è finito nella “compagnia malvagia e scempia” di Liberi e Uguali per poi ritirarsi nel gruppo tutto suo di Patria e Costituzione. 

Sono le stesse, identiche posizioni della Lega salviniana. Ohibò, si dirà, che c’incastra?, questa è destra, destra della destra, quella è sinistra della sinistra quindi sono agli antipodi. Un sillogismo. Peccato però che le premesse siano sbagliate, inconsistenti, prive di senso. Perché ormai storicamente, concettualmente, politicamente i termini destra e sinistra non denotano nulla, assolutamente nulla. Chi si illude di poterne fare delle categorie utili per comprendere la politica contemporanea, non sono italiana, rimane impigliato in una fitta rete di contraddizioni ed è costretto a ridefinirle continuamente fino al punto di ridurle al solo significato connotativo, privato, affettivo: dolce vs amaro, gradevole vs sgradevole, buono vs cattivo e così via. Non insisto perché sfondo una porta aperta. Piuttosto c’è da chiedersi per quale motivo posizioni identiche siano politicamente – nel senso della prassi politica – collocate su due poli opposti. Il motivo non può essere genetico, dal momento che sia Rizzo sia Salvini hanno come antenato comune il Pci (poi Pds, poi Ds infine D e basta); Salvini, come prima di lui Bossi e Maroni, vengono dalla stessa scuola, o, se vogliamo, hanno lo stesso peccatuccio originale. 


Rizzo e Salvini

Il motivo è un altro: il sistema di potere consolidato nel quale si intrecciano industria parassitaria, nomenclatura, grands commis di Stato ha cristallizzato i propri rappresentanti e, di conseguenza, ha assolutizzato valori e punti di riferimento. Chi si oppone all’invasione è assimilato all’antisemitismo, chi minaccia quel potere risuscita i fantasmi del passato, fuori di quel sistema di potere c’è solo caos e rovina. E la protesta sociale va concentrata in gruppuscoli inoffensivi più o meno organici che comunque, anche sbagliando, non possono che essere di sinistra mentre quello che non può essere controllato o non è contiguo  è un pericolo per la democrazia, è deriva autoritaria, è il fascismo che torna, è la destra da combattere.

Se poi vogliamo, come in un gioco, fingere che la categoria “sinistra” abbia senso, il mainstream fa passare per sinistra quello che sinistra non è (Pd e formazioni minuscole come più Europa) e tappano la bocca alla sinistra vera. E non lo dico io ma è lo stesso Rizzo che candidamente confessa che proprio “a sinistra” trova i maggiori ostacoli per farsi sentire. Ai fratelli Mattei, caro Rizzo, andò molto peggio. 


Marco Rizzo

Per mettere ordine nella congerie degli avvenimenti, dare un senso ai comportamenti collettivi e alle dinamiche sociali e per capire il ruolo dei protagonisti sono indispensabili categorie e classificazioni. Alcune discendono direttamente dall’evidenza fattuale, come monarchici-repubblicani, unionisti-federalisti, centralismo-decentramento, clericali e laici, altre pur influenzate da una certa dose di soggettivismo e di opinabilità hanno un’indubbia base empirica, come conservatori e progressisti, reazionari e modernisti anche se il loro campo semantico varia al variare del contesto storico. In un certo momento della storia greca, per esempio, si assiste al formarsi di un’opinione filoromana che si contrappone ad un fronte nazionalista, nell’antica Roma di volta in volta si scontrano vecchia e nuova nobiltà, vecchia e nuova ricchezza, tradizionalisti e ellenizzanti, fino al conflitto fra cesarismo e oligarchia. In tutti i casi sono categorie che per quanto in modo sommario e qualche volta anche contraddittorio rinviano però a situazioni reali, hanno un contenuto, racchiudono sinteticamente una interpretazione di fatti, di comportamenti, di atteggiamenti. 


Ma destra e sinistra non ha mai significato altro che una disposizione in un’aula parlamentare di gruppi politici con posizioni e interessi in conflitto fra di loro fortemente contestualizzati, così come la Montagna durante la rivoluzione francese stava a indicare i seggi in alto nella Convenzione Nazionale e per metafora il gruppo che in nome di una rivoluzione permanente si opponeva ai girondini ansiosi di ricostruire la compagine dello Stato e imponeva al boia turni di lavoro massacranti. Il popolo, le sue rivendicazione, la sua rabbia e la sua sofferenza abitano altrove, non si possono contenere nel letto di procuste di quelle categorie. Tant’è che se i contadini meridionali si ribellano contro i piemontesi lo storico li bolla come reazionari e l’esercito della santa fede diventa sinonimo di ottuso passatismo, sanfedismo appunto, e questo vale per la Vandea come per il luddismo. E, per venire più vicini a noi, si provi ad applicare le categorie destra-sinistra al futurismo o al dannunzianesimo. Per il fascismo si è dovuto coniare l’espressione fascismo di sinistra per far quadrare i conti. Né va meglio ai giorni nostri perché ci vuole una bella dose di ignoranza o di ipocrisia per inquadrare negli schemi sinistra-destra il Pd, la Lega, i Cinquestelle  e tutte le altre formazioni politiche presenti nel nostro Paese. Che senso ha dire che il Pd è di sinistra, indipendentemente dal significato che si attribuisce alla parola? Definire comporta attribuire un senso, che in politica è un programma, se non un ideale quantomeno una strategia e una visione della società, un gruppo sociale di riferimento, una priorità di interventi; niente di tutto questo si può seriamente attribuire al Pd. Si può dire che il Pd è di sinistra, di destra, di centrosinistra, di centrodestra o di centro.


In realtà il Pd non è nulla, non è definibile all’interno di alcuna categoria: è semplicemente un’organizzazione per la gestione del potere. Della Lega è ridicolo fare una formazione di destra o, come sostengono in Europa, di ultradestra: la Lega è un partito che interpreta e difende gli interessi dei ceti produttivi, si oppone allo statalismo e all’eccesso di burocrazia, intende difendere la sovranità politica, economica, monetaria del Paese e interpreta il bisogno di sicurezza dei cittadini e il loro rifiuto di farsi carico dei costi dell’immigrazione illegale; che i Cinquestelle stiano a sinistra o a destra è questione di lana caprina: sono il frutto di una protesta legittima ma generica, di una insofferenza diffusa, di un complesso di inferiorità diffuso nel sud del Paese ma anche della reazione ad un capitalismo selvaggio e alla sistematica distruzione dell’ambiente e delle sue risorse, che purtroppo si è risolto nell’approdo al palazzo di una truppa di disperati pronti a tutto pur di non rinunciare alla manna che gli è caduta dal cielo. Se il Pd è una cricca – uso un’espressione cara al vecchio Pci – dedita al malaffare, i Cinquestelle si sono rivelati il vuoto spinto e giustamente, come Forza Italia, si avviano all’estinzione. Non mi dilungo sugli altri partiti: mi limito a sorridere di Grasso o della Boldrini che si collocano secondo questi schemi ridicoli all’estrema sinistra.


In realtà se il Pd è un’organizzazione per la gestione del potere tutto ciò che viene qualificato come sinistra ha come denominatore comune la soggezione all’Europa, il favoreggiamento dell’immigrazione illegale – invasione -, l’odio verso la patria italiana e verso il popolo che, come ha dichiarato pochi giorni fa un vecchio dirigente del Pci, da lui trasformato in Pds (Achille Occhetto, per la cronaca) “è una brutta bestia, è una cosa grave”.

E dunque, se Salvini vuol seguire la stella polare dell’interesse dell’Italia e della volontà popolare sarà bene che dia seguito alla sua intenzione di tenere spalancate le porte della Lega. Già, per fortuna, sembra irreversibile il suo distacco dal cosiddetto centrodestra berlusconiano, fondato solo sulla rancorosa nostalgia della perduta popolarità e sulla persistente difesa di privati interessi del suo leader. 

E se Fassina e Rizzo sono in buona fede quando si contrappongono alle lobby affaristiche piddine, quando dichiarano che l’Unione europea così com’è non è riformabile e va semplicemente distrutta, quando tuonano contro la perdita della sovranità monetaria e riconoscono che l’euro è un cappio al collo dell’economia italiana, se davvero pensano quello che dicono dovrebbero cercare nella Lega una sponda e schierarsi contro la criminalizzazione di quei movimenti marginali che si battono per la casa agli italiani e contro il degrado delle periferie.


Stefano Fassina

E se il giovane filosofetto è anche lui in buona fede, così come aveva benedetto l’alleanza gialloverde dovrebbe adoperarsi con tutte le sue forze per abbattere gli steccati artificiali e artificiosi con cui si vuol mantenere lo status quo, ridicolizzare chi si ostina a sventolare la bandiera dell’antifascismo per coprire le proprie vergogne, tagliare l’erba su cui cresce l’estremismo rosso dei centri sociali e mostrarne la vera natura teppistica, violenta e senza ideali. Dovrebbe soprattutto riconoscere che se due forze politiche parlano la stessa lingua, difendono gli stessi interessi, condividono il medesimo atteggiamento sul conflitto sociale, intendono opporsi al disegno criminale dell’immigrazione illegale – l’invasione – e vedono negli euroburocrati il principale ostacolo sulla via del riscatto del popolo italiano, la pretesa di disporle – su versanti opposti, una a destra e l’altra a sinistra è un’assurdità.

Se Rizzo è in buona fede dovrebbe riconoscere che fra Lega e Forza Italia c’è ormai una distanza abissale e che l’elettorato di riferimento della Lega è costituito da quella parte della società che, come promettevano di fare i Cinquestelle, vuole abbattere il sistema di potere della cosiddetta sinistra. Adattando al presente le categorie veteromarxiste si deve riconoscere che la Lega rappresenta gli interessi di classe dei lavoratori e della borghesia operosa contro la borghesia parassitaria, tutela gli interessi del Nord e la voglia di riscatto del Sud del Paese: ci dicano Rizzo e il sovranista Fassina in che cosa gli obbiettivi che le forze politiche che essi rappresentano, schiacciate dal prepotere organizzativo e mediatico del Pd, collidono con quelli della Lega. 


Salvini e Berlusconi

Noterella finale

Legittimamente Berlusconi, almeno in questo coerente, ripete che Forza Italia è la casa dei moderati. Tanto basta perché, quanto meno quando si parla di governo nazionale, Salvini se ne tenga alla larga. Forza Italia è del tutto omogenea col Pd con cui ha amoreggiato a lungo e soffre il matrimonio dei compagni coi grillini di cui è stata pronuba perché ora si trova fuori della camera da letto.  Si tenga lontano Salvini da questa melma e si guardi d’intorno: c’è tanta gente perbene che ha creduto nei Cinquestelle e ci sono tanti idealisti che guardano a Rizzo o a Fassina e tanti altri. Si volti da quella parte e mostri coi fatti e non con le parole che il Novecento, con le sue menzogne, per fortuna è lontano.

  Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione

 

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