Resistenza al male e resa al destino
il mio contributo per la festa della Liberazione
RESISTENZA AL MALE
E RESA AL DESTINO
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RESISTENZA AL MALE E RESA AL DESTINO
“Babbo mio caro,
non avrei mai creduto che fosse così facile morire.
Davanti alla mia ultima ora mi sento sereno e tranquillo e se sul mio ciglio
brilla una lacrima è perché penso allo strazio dei Miei” (Franco Balbis, Torino, 5 aprile 1944)
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Morire combattendo contro il male, sacrificare la propria vita per liberare dall’asservimento esterno e soprattutto interno così gli amici come anche i nemici (quelli che Cristo ha perdonato perché ignoravano quello che stavano facendo), resistere al male e rimanere fedeli ai fratelli, ai compagni e agli ideali, non tradirli neppure di fronte alla tortura e alla morte, pur di non commettere ingiustizia, pur di non fuggire il dovere di fare per gli altri quello che vorremmo che gli altri facessero per noi… Quale miglior destino e quale vita più “realizzata”, anzi, più santa di questa, etsi Deus non daretur? Questo ci ha insegnato il sacrificio di tanti giovani caduti per la nostra libertà. Eppure, tutto quel prezioso e nobile sangue versato perché noi potessimo finalmente vivere liberi e in pace in un mondo non più dilaniato da guerre fratricide, non più diviso in classi o nazioni dominanti e dominate, tra sfruttatori e sfruttati, tra padroni e servi, tra chi ha troppo e chi non ha niente; un mondo senza più conflitti permanenti per l’egemonia geopolitica ipocritamente mascherati da guerre di religione, non è bastato a placare il mostruoso, insaziabile Moloch: il mondo è tutt’altro che in pace, a catastrofe segue catastrofe, a barbarie barbarie, a strage di innocenti strage di altri innocenti… Quanto sangue bisogna ancora versare perché finalmente Libertà, Pace e Giustizia regnino su questa terra sempre più insanguinata? O partigiani di tutte le valli, tornate, vi prego, tornate a combattere contro il male che ci uccide, non lasciateci soli in questo deserto a celebrare una Liberazione che ancora, malgrado il vostro sacrificio, rimane una speranza: la vostra, la nostra speranza in un’umanità finalmente affratellata da tanti lutti e da tanto immedicabile dolore.
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