Regole e sregolatezza

 REGOLE E SREGOLATEZZA

 REGOLE E SREGOLATEZZA

 Se in italiano usiamo il termine “parlamentari”, o il ridicolo “onorevoli”, la lingua inglese li qualifica, più pragmaticamente, come lawmakers, fabbricanti di leggi. 

Il termine denota anche, implicitamente, lo scollamento tra chi fa le leggi e chi le deve rispettare, e più spesso subire, nonché la distanza tra la teoria e la pratica.

Pensiamo soltanto alle leggi per la protezione dell’ambiente e la loro mancata applicazione, in quanto sempre in conflitto con la redditività di un’impresa che le seguisse alla lettera. O alle leggi che dovrebbero regolare i rapporti di lavoro, diffusamente disattese.

Viviamo in un mondo schizofrenico, dove dall’alto si promulga una sorta di mondo perfetto, che però, proprio in quanto tale, cozza con i livelli di consumo, di produzione e di smaltimento delle merci, dopo il loro sempre più rapido uso, sino al monouso, usa-e-getta.

Il che, tradotto, significa che si è obbligati a inquinare, se si vuole rimanere nel mercato. E significa anche sottopagare i dipendenti, specie la grande fascia dei non protetti, violando le leggi, per non chiuder bottega.

Di questa oggettiva impossibilità di rispettare le leggi ho già parlato in un mio recente articolo sul profondo disagio giovanile. Come ho parlato a più riprese dell’impossibile convivenza di questo sistema economico e produttivo con un ambiente sano.

 


Come si distrugge un ideale, da Marx alla conversione dei comunisti in neoliberisti, alla caduta del muro di Berlino come porta aperta al pensiero unico capitalista, all’individualismo di massa di “falce e carrello

 

L’imperativo capitalista è monotematico: produrre il più possibile frodando la natura e i lavoratori pur di perpetuare questo stile di vita, che arride ai pochi e mortifica i tanti.

L’attuale benessere, di cui fruisce una fetta declinante della popolazione, è stato raggiunto, nel trentennio post-bellico, a spese soprattutto dell’ambiente; e nel quarantennio successivo a spese, oltre che dell’ambiente, dei lavoratori e dei pensionati, in maniera crescente di anno in anno, in un riflusso che ha progressivamente inghiottito le conquiste del trentennio precedente. Durante quest’ultimo, i lavoratori giocavano in attacco; nel periodo successivo è stata una continua ritirata. E dal sogno siamo caduti nell’incubo.

In questo scenario, il divario tra il reddito dei lavoratori e quello dei dirigenti è cresciuto di almeno dieci volte. Nonostante la scandalosa agiatezza delle classi dirigenti, specie se confrontata con la precarietà del vivere alla giornata che caratterizza la massa dei giovani d’oggi, la corruzione da parte di quanti godono del potere contrattuale in qualsiasi ambito non è cessata; e, quel che è peggio, viene fatta a scapito degli odierni paria, limando e rarefacendo sempre più le loro ore lavorative e i relativi compensi. 

Non si tratta più di illeciti determinati dal dilemma dei piccoli imprenditori: pago le tasse o pago gli stipendi, ma dalla vergognosa cupidigia delle classi dominanti, che non pongono limiti alla brama di denaro, indifferenti alla miseria che li circonda.

Calando nella cronaca, ne ho avuto ulteriore conferma dall’indagine giudiziaria in quel di Mestre [VEDI], dove le paghe dei lavoratori sono a livelli da fame per poter elargire prebende e regalie ai dirigenti di Finmeccanica, in una consolidata forma di corruzione capillarmente diffusa in tutta Italia. Per comprare chi decide gli appalti si arriva a sottrarre il 10% del valore delle commesse; ossia ad ordini di grandezza paragonabili a quelli vigenti all’epoca di Mani Pulite.

 


La Terra è considerata appannaggio delle corporation, sempre alla frenetica ricerca di nuove risorse da sfruttare, inquinando il pianeta e gettando le briciole ai popoli. Le regole ci sono, ma valgono soltanto per noi

 

In queste condizioni, più di elemosine che di salari, per giunta parzialmente in nero, onde frodare anche il fisco, è giocoforza ricorrere, per sopravvivere, all’aiuto delle famiglie: genitori stipendiati e nonni in pensione. Si legge delle intenzioni del governo di riaprire la possibilità, per chi ha pendenze col fisco, di aderire alla “pace fiscale”, ossia di pagare importi ridotti e dilazionati. Ma se uno si ritrova senza lavoro o con un lavoro precario, a chiamata, e già deve ricorrere agli aiuti della famiglia, mi dite come può decidere di saldare il debito, sia pur ridotto e facilitato? Siamo ormai a questi punti: o mangio o pago.

Sono oltre sette anni, dal 2012, che i pensionati non vedono il becco di un quattrino per adeguare i loro assegni al costo della vita, che cresce ben di più di quanto certifica l’Istat. Ma neppure l’adeguamento Istat, per quanto falso, arriva più, ingessato dal salvatore della patria, Mario Monti, mentre premurosamente placava gli appetiti delle grandi banche d’affari, Morgan Stanley in testa, guarda caso la banca in cui Mario aveva piazzato il figlio Giovanni anni prima (oltre che in City Group e Goldman Sachs). Le regole da rispettare, in questo caso, furono elaborate, ai danni dell’Italia, dall’altro Mario, Draghi, che, per i suoi demeriti verso l’Italia divenne presidente della BCE, mentre il figlio Giacomo lavorava, pure lui, per Morgan Stanley. [VEDI] Sempre per demeriti speciali il filo-bancario Mario Monti veniva nominato senatore a vita dall’altro salvatore, Giorgio Napolitano. Queste regole, stipulate con leggerezza con le grandi banche americane, furono puntigliosamente fatte valere, al costo di calpestare quelle verso i pensionati italiani. Che stanno ancora aspettando una rivalutazione, se non vogliamo definire tale quella appena varata di ben € 7 l’anno!

Quindi, anche questa fonte sussidiaria di sostentamento dei giovani, disoccupati o “a chiamata”, sta lentamente evaporando, oltre ovviamente al suo venir meno per decesso dei suoi beneficiari: quando il nonno muore le lacrime per la sua scomparsa sono doppiamente copiose.

 


 

I loro figli non soffrono il disagio della maggioranza giovanile italiana: hanno lauti impieghi nelle grandi banche d’affari, regine dei derivati che affossano l’economia italiana, da anni e per anni a venire. Per le quali lavorarono i babbi

 

Le pensioni sono un esempio da manuale se le si traguarda sullo sfondo della macroeconomia È pur vero che i soldi dati ad un pensionato aiutano l’economia reale assai più degli stipendi d’oro di tanti burocrati o parlamentari, in quanto vengono spesi tutti rapidamente per necessità sia del pensionato che dei suoi famigliari; ma se il divario tra lavoratori e pensionati cresce oltre un certo limite, vengono a mancare i contributi da trasformare in pensioni. Uno dei primi casi in cui questa discrepanza produsse effetti dirompenti su grande scala si verificò alla General Motors, che ridusse negli anni il numero di occupati grazie alla robotizzazione e alla delocalizzazione estera di alcuni stabilimenti, nonché alla concorrenza in casa di altri fabbricanti d’auto stranieri. L’azienda si ritrovò con un esubero di pensionati rispetto agli occupati; e, trattandosi di un sistema pensionistico interno all’azienda, non ci fu uno Stato alle spalle che potesse sopperire. Fu un vero dramma per migliaia di anziani.

Sotto questo punto di vista il ragionamento del presidente Inps Giovannini è difficilmente contestabile. Qui ci troviamo nel classico vicolo cieco in cui tutti hanno insieme ragione e torto. Il vizio di fondo è quello dell’assunzione di debiti scaricati sul futuro: una prassi tanto diffusa quanto indiscussa. Esattamente come si fa con l’ambiente: intanto consumiamo e inquiniamo, in sei mesi, quanto dovrebbe esserlo in un anno, e poi chi vivrà vedrà, in un sistematico saccheggio di quanto spetterebbe alle generazioni a venire.

Il meccanismo pensionistico è progettato in modo che i contributi di oggi, anziché essere accantonati in un bene durevole, meno soggetto a inflazione, vengano gestiti da fondi privati, che tentano di conservarne il valore speculando in Borsa. Una Borsa soggetta ai capricci della finanza, con i ben noti alti e bassi. Una Borsa che cresce fintanto che crescono i consumi e il debito verso la natura. Non sono a conoscenza di cosa faccia l’Inps per conservare il valore dei contributi passati e quindi pagare A coi contributi versati da A, attualizzati; anziché con i versamenti attuali di Q o di Z. 

 


Enrico Giovannini, presidente Inps: se non si crea lavoro, mancheranno i fondi per le pensioni. Vero. Ma come può crescere il lavoro nel mondo neoliberista, che brinda in Borsa se una società annuncia licenziamenti in massa?

 

La pratica dell’accantonamento è impensabile nel mondo attuale, basato sul debito, che ci accompagna dalla culla alla tomba. E poiché ad ogni debito deve corrispondere un credito, è strano che la gente non si chieda chi sono i beneficiari di questo debito globale, che acriticamente considera parte integrante e irrinunciabile di questo sistema. Del pari, nessuno si chiede se non esista un modo diverso di fare previdenza. E la risposta non è certo quella di affidarsi ad una previdenza privata, esposta ancor più ai rischi di insolvenza rispetto ad una previdenza pubblica, poiché troppo legata alle fluttuazioni finanziarie.

In questo generale contesto, sfogliando le pagine economiche dei quotidiani, ci si addentra in un mondo agli antipodi rispetto a quello che ho sopra descritto, dove capitani d’azienda mirano, incuranti delle macerie che incombono, solo ad accumulare ricchezza. Mi ha fatto specie la proposta scherzosa di cambiar nome a Piazzetta Cuccia (dal nome del grande tessitore dei “salotti buoni” fino agli anni ’90), nel cuore della Milano finanziaria, dove ha tuttora sede la sua creatura, Mediobanca, ribattezzandola Piazzetta Del Vecchio: il patron di Luxottica, oggi il più ricco d’Italia e ben deciso a scalarla. Costoro, e i loro simili, vivono in funzione del denaro, alla cui crescita non pongono limiti. Quindi, vivono nella perenne insoddisfazione per quello che hanno, nella spasmodica tensione verso sempre nuovi e mirabolanti obbiettivi. Del resto, è questo il motore che muove il capitalismo. E, a livello di massa, il motore che spinge lo shopping fine a se stesso.

 

È ancora possibile credere nel Cristo Dio, quando il mondo assiste sgomento alle sue mancate promesse? Se lo chiede Sergio Quinzio, massime nel suo ultimo libro, Mysterium iniquitatis (1995) [VEDI], che termina con un papa che chiude la Chiesa per fallimento. Un profetico annuncio di papa Francesco? 

 

Papa Bergoglio non si stanca di predicare la sobrietà e il rispetto dell’ambiente. E non posso che concordare con lui su questi fronti (non certo sul fronte immigrazione); ma, lasciando prevalere tematiche squisitamente terrene su quelle spirituali, Bergoglio ha portato la Chiesa lontana dal suo compito più prettamente religioso, come denunciava ben prima di lui Sergio Quinzio. [VEDICol risultato di dar vita ad una sorta di Chiesa laica, quasi a prendere il posto del partito dei cattolici, la Democrazia Cristiana, disgregata dai colpi di Mani Pulite. E in effetti, nelle sue uscite e prese di posizione, anche l’attuale pontefice si discosta dalle regole millenarie della Chiesa, mostrando più il suo lato politico che religioso, accentuandone così la secolarizzazione.

 


 

 Scomparsa la DC, sembra colmarne il vuoto la deriva sempre più politica del Vaticano di papa Bergoglio, in marcia verso una Chiesa allegorica e secolarizzata

 

 Non mi addentro, per non rubare troppo tempo ai lettori, sulle fortune rapidamente accumulate dai giganti del web, che, in barba alle regole sulla privacy, lucrano sui nostri profili, conoscendo di noi più di quanto non sappia l’apparato poliziesco o, per i credenti, il loro confessore. Il tutto mentre per noi comuni mortali quelle stesse regole vengono fatte ossessivamente valere, ai limiti del ridicolo. 

Viviamo insomma in una realtà dove le regole vengono vistosamente disattese quanto più risaliamo nella scala sociale, aggiungendo incertezza e disorientamento nel comportamento di una massa sempre più composta di sudditi forzati ad obbedire a regole valide solo per loro, per mantenere in vita un sistema discriminatorio e un divario sociale non ancora esploso, ma in procinto di farlo. Basterà l’innesco giusto.

 

Marco Giacinto Pellifroni   17 novembre 2019

 Visita il blog  https://www.marcogiacinto. com

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