Referendum fantasma e portafogli sgonfi: la Tragicommedia Italiana

Ah, l’Italia! Paese di santi, poeti, navigatori… e di referendum di cui nessuno sa nulla. L’Agcom, con un sussulto di tardiva consapevolezza democratica, ha dovuto tirare le orecchie alle nostre solerti emittenti radiotelevisive. Pare che questi appuntamenti cruciali per il futuro della cittadinanza e del lavoro siano stati trattati con la stessa enfasi con cui si annuncia la sagra della polenta nel paesino sperduto.

Certo, comprendiamo la reticenza. Parlare di diritti sul lavoro quando il G7 ci incorona campioni negativi per la contrazione del reddito pro capite fa un po’ a pugni con l’ottimismo governativo a tutti i costi.

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Discutere di cittadinanza mentre le famiglie si ritrovano sempre più povere, con un misero +1,1% di crescita annuale del reddito reale che ci relega all’ultimo posto della classe, rischia di guastare la narrazione trionfalistica.

È molto più comodo, diciamocelo, invitare all’astensione con la stessa convinzione con cui si promuove l’ultimo modello di SUV. “Non votate, brava gente! Tanto cosa cambia? Pensate piuttosto a come far quadrare i conti con questo carovita che ci ha reso la Cenerentola d’Europa”. E il popolo, diligentemente, sembra seguire il consiglio, con una percentuale di informati sui referendum che farebbe invidia a un pesce rosso in una boccia.

Ma ecco che arriva l’Agcom, questo strano ente che, tra una pubblicità di detersivi e un dibattito infuocato sull’ultimo scandalo politico (rigorosamente senza approfondire troppo), si ricorda che forse, ma dico forse, i cittadini avrebbero il diritto di sapere su cosa sono chiamati a esprimersi. Un’illuminazione! Quasi un atto di eroismo in un panorama mediatico più concentrato a inseguire l’ultima polemica social che a informare sul serio.

E le opposizioni? Oh, loro si indignano! “Democrazia in pericolo!”, tuonano, unendosi alla sacrosanta protesta della Cgil. Giusto. Sacrosanto, per carità. Ma forse, dico forse, se avessero iniziato a battere il tamburo su questi referendum qualche settimana fa, invece di aspettare il richiamo dell’Agcom, la situazione sarebbe stata diversa.

La verità, amici miei, è che in questa tragicommedia all’italiana, i referendum su temi vitali come la cittadinanza e il lavoro rischiano di affogare nel mare magnum di problemi quotidiani: il frigo sempre più vuoto, le bollette che sembrano geroglifici incomprensibili, la vaga sensazione che il futuro sia un optional costoso.

Quindi, mentre le televisioni, finalmente sollecitate, si sforzeranno di spiegarci l’importanza di andare a votare (magari intervallando il tutto con qualche spot consolatorio su quanto sia bello il nostro Paese), noi cittadini, sempre più poveri ma con un invidiabile senso dell’umorismo nero, potremmo anche decidere di andare a votare. Non tanto perché siamo stati adeguatamente informati, ma per il sottile piacere di smentire i sondaggi e, chissà, magari cambiare un pezzettino di questa tragicomica narrazione. In fondo, l’ultima risata, si dice, è sempre la più amara… soprattutto per le nostre tasche.

Antonio Rossello       CENTRO XXV APRILE

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