racconto
RACCONTI GOTICI di Franco Ivaldo |
RACCONTI GOTICI di Franco Ivaldo |
Correva l’anno di grazia 1340 e nella città di Genova la gente soffriva di una terribile carestia. I rifornimenti dalle campagne giungevano scarsi ed in proporzioni non certo capaci di soddisfare i bisogni di un’intera popolazione. Per le strade, si svolgevano quotidianamente scene raccapriccianti. Uomini , donne e bambini, in preda alla fame, si azzuffavano nella vana caccia a derrate inesistenti. Ci si scannava per un tozzo di pane nero, per un osso da contendere ai cani. Ogni tanto, in una viuzza o in un’altra, si levavano le invocazioni di aiuto dei morenti, le grida disperate ed impotenti dei loro congiunti. |
Il principe, Federico Ubaldi, chiuso nel suo castello, circondato dai suoi consiglieri in armi, da valletti dame, damigelle , da alabardieri ed armigeri non sapeva più a che santo votarsi. Da mangiare per lui ed i suoi nobili e nobildonne ce n’era una riserva sempre più sottile che decresceva a vista d’occhio. Intanto, esitava ad uscire da palazzo e , se usciva, lo faceva frettolosamente sotto scorta armata. Vi erano stati tentativi di assalto ai granai mezzi vuoti. Aveva già dovuto ordinare di respingere la folla cenciosa ed affamata a più riprese. Sentiva che la situazione non poteva durare a lungo. Aveva inviato soldati per requisire ciò che rimaneva di commestibile nelle campagne vicine, ma la situazione poteva precipitare da un giorno all’altro.
Questo stato di cose all’interno delle mura della città di Genova era stato determinato da un lungo assedio. I nemici, alla fine, si erano stancati ed avevano tolto le tende. Ma l’assedio aveva provocato la carestia che perdurava. La situazione disperata, però, doveva mutare rapidamente con l’arrivo di un cavaliere solitario su un cavallo nero. Vestito con una corazza bianca ed una tunica turchina, il cavaliere misterioso si presentò all’alba di un terribile giorno di carestia davanti al ponte levatoio del castello del principe, intimando, ad alta voce, alle guardie accorse di abbassare il ponte in modo che egli potesse accedere all’interno del maniero ed essere ricevuto dal principe. Vi fu un parlottare fitto tra i giannizzeri, incerti sul da farsi, e poi un ordine secco. Veniva dal principe stesso apparso ad una finestra del palazzo: “Fate entrare quel cavaliere ! Subito, è un ordine”. Le guardie si affrettarono ad eseguire. |
In tal modo, il cavaliere poté entrare – maestoso sul suo destriero color ebano, che sembrava gettasse dalle narici il vapore sprigionato da occhi infuocati – ed una volta giunto al centro del cortile d’onore, sotto gli sguardi incuriositi delle guardie e di nobili e donzelle, alzando il capo verso la finestra dove era affacciato il principe Federico , così lo apostrofò: “Nobile signore, nei tempi di carestia, non è facile decidere sul partito da prendere per alleviare le sofferenze del popolo. |
Me ne rendo conto. Altri cavalieri, come me, quando nelle città mancano i viveri e la gente muore di fame, hanno per costume di presentarsi nei manieri dei reggenti per proporre loro un patto…” Sbigottito, il principe ruppe il silenzio con il quale aveva ascoltato le parole del cavaliere misterioso: “E quale sarebbe, ardito cavaliere, codesto patto ? Spero non sia un patto scellerato del diavolo in persona !” Aveva ritrovato lo spirito per uscirsene con una simile battuta accolta dalle risa dei suoi cavalieri e dai battimani delle dame divertite per la sagacia del sovrano. “Niente patti diabolici – fu la replica contenuta del cavaliere sconosciuto – bensì un accordo leale e, tutto sommato, data l’estrema gravità della situazione, generoso…” – Ebbene quale è questo patto? chiese con un tono di voce spazientito il principe. -Un duello! -Un duello ? esclamò, esterrefatto il principe, mentre tutti i cortigiani, in coro, ripetevano la domanda. -Esattamente. A chiunque spetti la vittoria, per il semplice fatto che il duello avvenga, la carestia cesserà. Questo ve l’assicuro! Parola di cavaliere! – Ma è impossibile ! – Nulla, principe, è impossibile. Lo vedrete con i vostri stessi occhi. La gravità della situazione, l’ardua via d’uscita, spinsero Federico Ubaldi – ormai disperato -a dare il proprio consenso. – E sia. Quali sono le condizioni del duello? Sarà all’ultimo sangue ? – Sì, è assolutamente indispensabile che lo sia. Uno dei due cavalieri – io oppure il vostro campione- non uscirà vivo dalla disfida. Oppure morremo entrambi! Oppure, ci salveremo entrambi. Ma quanto al fatto che il combattimento non sarà per burla, questo posso garantirvelo. E’ una questione di vita o di morte. Quindi, è questo disperato combattimento che ci attende sia io che il vostro campione. Date il vostro benestare all’intesa ? |
– Va bene. Tutto ciò è convenuto. Dichiaro che la sfida verrà accettata dal cavaliere del Sole, Menandro de’ Giusti. Si faccia avanti il nostro campione… Menandro de’ Giusti che aveva assistito assieme agli altri cortigiani al colloquio, si fece avanti con fare baldanzoso ed ostentata sicurezza. – Accetto di battermi in singolar tenzone con questo cavaliere. Ma ci dica almeno il suo nome. |
– Sono il Cavaliere della Luna…Ma non vi batterete con me…Affronterete un duello, ma al mio fianco contro un nemico comune. Per ora sappiate solo questo. E’ già tanto, credetemi. Avremo da battere, voi ed io, un avversario degno di noi. Ci batteremo all’ultimo sangue. – E con chi dunque ? Il cavaliere del Sole, scelto dal cavaliere della Luna, ma adesso si profila una battaglia con un terzo avversario… – esclamò il principe- davvero singolare. Ma che cosa non è strano in questa vicenda! Adesso sappiamo quale è il vostro soprannome, ma come vi chiamate, veramente? – XYZ – Davvero curioso! – Beh, da noi usa così: lettere per i neonati e numeri per le neonate. – Da voi ? – Certo! Da noi…sulla Luna! Tutti, con gli occhi fuori dalla testa dall’incredulità, imitarono il loro principe nell’urlare: “Ma come ? Sulla Luna ? Ma che dite, folle?” Il cavaliere, senza scomporsi, scendendo dal suo destriero spiegò nella maniera più pacata e sicura del mondo come stavano realmente le cose. “Vedete, principe Federico, voi e la vostra gente non siete gli unici ad avere problemi. Guai, catastrofi, carestie. Adesso, voi vi trovate in questa tragica situazione e siete disperati. Un popolo affamato che bussa , minaccioso, alle porte del palazzo. Quanto potrà ancora durare una simile situazione? Anche da noi c’ è una situazione analoga ,disperata posso ben dirlo. Ed è la fame all’origine di tutto ciò. Ma non è la fame del nostro popolo. Non si tratta di una carestia. Magari lo fosse. Noi ci cibiamo con pochissimo. D’altra parte, questa non è la mia vera forma. Ho assunto l’aspetto di un cavaliere terrestre per non terrorizzarvi con il mio vero volto. Se mi vedeste. Ho braccia immense, un testone. Ma quanto a stomaco e pancia, beh, quasi inesistenti. Noi creature lunari siamo fatti così. che ci crediate o no…” Il principe genovese ne aveva viste ben altre in vita sua: battaglie sanguinose, carestie come quella che gli stava dimezzando i sudditi, pestilenze, e via dicendo, ma una simile assurdità non l’aveva mai udita. Non si era mai trovato in un simile frangente, confrontato ad una situazione così assurda e paradossale. -Ma come posso credervi, pazzo scellerato. Guardie, prendetelo e che sia impiccato al ramo più alto. Così imparerete a burlarvi di noi in un simile, terribile, frangente. Illudere una città che soffre per una spaventosa carestia. Siete un empio, uno sciagurato, un folle, un… un lunatico! – Appunto! E’ da un pezzo che ve lo dico. Sono un lunatico ed eccone la prova… Il cavaliere porse al principe un pezzetto di roccia grigia, dicendo: “Scommetto che di simili mai ne vedeste sul vostro pianeta…” Il principe, esaminata attentamente la roccia grigia, la sollevò per mostrarla a dame e cortigiani. – E’ una pietra singolare, vero ? Ma non prova nulla! -Può venire dalla Lunigiana anziché dalla Luna, sciocco temerario… Un coro di risate accolse l’uscita del principe, sempre sagace e fiero di esserlo. |
– Bene, ecco, dunque, il mio mezzo di trasporto… Il cavaliere misterioso fece un gesto come se volesse schioccare le dita e si udì un tremendo nitrito. Il suo cavallo nero subì una trasformazione incredibile, divenne un oggetto sempre nero, ma al posto degli occhi apparirono come due finestre rosse fuoco. La forma cambiò sembrava qualcosa non di carne ma di metallo. Il terrore si sparse tra gli spettatori dell’incredibile scena. Le damigelle di corte svennero sul campo. I cavalieri indietreggiarono atterriti, con i volti sbiancati dallo spavento. Il principe Federico, unico fra tutti, cercò di darsi un contegno e di mantenere la posizione. Si rendeva conto che una fuga l’avrebbe per sempre discreditato agli occhi della sua corte e ciò sarebbe stato peggio che perire per mano del nemico. |
Essendo l’unico rimasto a fronteggiare il pericolo, assieme al cavaliere del Sole che aveva dimostrato il proprio coraggio, restando al fianco del sovrano – pur condividendone i timori – il nobile così parlò rivolto al cavaliere della Luna che sorrideva enigmatico: – Che diavoleria è mai codesta ? – Non è una diavoleria. E’ il mezzo con il quale dalla Luna sono giunto qui da voi. E’ una astronave lunare. Non potete comprendere. Ma è così ve l’assicuro, principe. E’ soltanto un mezzo di trasporto del futuro dal quale provengo. Certo, gli avevo fatto assumere la forma di uno dei vostri cavalli. Ma si tratta di un cavallo di tipo particolare, anzi di una astronave fatta di una lega metallica. Niente carne, niente ossa. Solo l’apparenza muta. Adesso, vedete l’oggetto così com’è. Esso potrà condurre me ed il cavaliere del Sole sul mio pianeta, sul satellite della Terra come lo chiamate voi, vale a dire la Luna… – Io dovrei salire su quel coso ? esclamò il povero cavaliere del Sole, che ormai aveva perduto del tutto coraggio, sangue freddo e fiducia nel proprio braccio invitto. – Silenzio! Intimò il principe Federico. Qui le cose vanno chiarite! Intanto, lanciava occhiate poco rassicurate all’enorme cavallo-astronave che era rimasto immobile con il muso puntato verso lo spazio. – Sì, principe, credetemi. Adesso, spiego a voi ai vostri cavaliere ed alle vostre dame, come stanno le cose. Poi giudicherete il da farsi, ma il tempo stringe…Ascoltate. Se da voi imperversa una carestia, da noi infierisce uno spaventoso drago che si ciba con le poche risorse in nostro possesso. L’ho già detto: noi della Luna ci cibiamo con poco, ma quel drago ci toglie persino l’essenziale. Tanto che è ingordo. Conoscendo la storia universale, intendo la storia del nostro Universo, sappiamo che solo sulla terra cavalieri medievali riuscirono a sconfiggere i draghi. Così, io (ma anche altri cavalieri lunari prima di me) mi reco di epoca in epoca, di terra in terra, per scovare colui che ci aiuterà ad abbattere il drago. Quest’ultimo è davvero strano: ha due teste e, pertanto, seguendo una sua logica in campo etico, sostiene che non può battersi se non con due avversari alla volta. Uno dev’essere un abitante della Luna e l’altro necessariamente un terrestre perché, eliminandoli entrambi, dimostra ai lunatici, sì insomma ai seleniti, che devono pagare l’abituale tributo in cibo e, quanto al terrestre, si tratta di una vendetta. Infatti, vuole vendicare i suoi antenati distrutti dai cavalieri di cui sono ricche le favole, le saghe nordiche ed i racconti immaginari celtici e druidici. Deve averli letti da qualche parte, ma non chiedetemi dove. Con tutti i menestrelli che girano per l’universo, queste fole finiscono per fare il giro dei pianeti! Forse, dell’intera galassia. – Io devo battermi con un drago ? E sulla Luna, per giunta! – esclamò inorridito il cavaliere del Sole. – Certo che lo devi, se io te l’ordino! replicò, impassibile il principe. Poi, rivolgendosi al cavaliere della Luna: “Ma la fine della nostra carestia dipende dalla vostra vittoria sul drago, oppure possiamo sperare comunque….” – La vostra carestia cesserà perché io dirò’ ai vostri contadini i segreti della semina in base alle varie fasi lunari. Ciò’ consentirà alle vostre genti di avere raccolti ricchi ed abbondanti di tutti i vegetali commestibili, per non parlare di come l’influenza lunare riempirà i vostri granai… – Dunque, il solo fatto che il duello all’ultimo sangue con il drago abbia luogo , sulla Luna, salverà noi sulla Terra ! – Esatto! Avete la mia parola d’onore. – E che aspettate a partire ? – Ma, veramente… bofonchiò il cavaliere del Sole. – Niente ma e niente se. Se rifiuti il duello, non muori per opera del drago ma per opera mia, chiaro! – urlò il principe Federico. Al malcapitato non rimase che rivolgersi al cavaliere XYZ e chiedere: “Allora, quando partiamo ?” Il cavaliere della Luna srotolò una pergamena e la porse al principe: “Queste sono le istruzioni per i vostri villici. In base alle fasi lunari per la semina ed il raccolto avranno sempre messi ricche, grano in abbondanza. Per raccogliere bisogna saper seminare. Chi semina raccoglie, come dice il vecchio adagio popolare. “Adesso, si parte!” Chi vinse il duello col drago sulla Luna. I due cavalieri ? Oppure l’ orribile bestia infernale ? Nessuno lo seppe mai. Ma gli astronomi videro, di epoca in epoca, crescere i crateri sul nostro argenteo satellite. Caduta di giganteschi meteoriti, come sostengono gli astrofisici moderni. Oppure tracce di immani battaglie tra cavalieri e draghi? Via vai di ordigni ed allunaggi di astronavi contenenti cavalieri pronti a sfidare l’ignoto ? Il mistero rimane. E sulla Luna, i segni evidenti di immani lotte. Crateri, solo crateri. E’ certo, invece, che i contadini dei dintorni di Genova (e non solo loro) trassero grandi vantaggi dall’Almanacco del Cavaliere della Luna , con le raccomandazioni essenziali per la semina e per i raccolti. Poi le sagge massime agresti vennero memorizzate in tutti gli Almanacchi – come quello di Frate Indovino – e scritte in codice nelle Centurie di Nostradamus, il veggente di Saint- Remy di Provenza, divenuto un misterioso viaggiatore nel tempo, profeta ed astrologo di corte della regina Caterina de Medici, oltre che medico laureato all’Università di Montpellier. Insomma, i segreti di Selene – col trascorrere dei secoli – giovarono all’agricoltura di tutte le regioni d’Europa. Le carestie si fecero estremamente rare. Per poi, ai nostri giorni, scomparire del tutto… come i draghi nell’Universo. E come i cavalieri medievali, naturalmente. E’ nell’ordine delle cose: tutto, col tempo, scompare. Sulla Terra come altrove. L’abisso del tempo è il buco nero cosmico su cui domina un unico sovrano: il Silenzio Universale. Per questo motivo i troubadours medievali cantavano il ben noto ritornello, le cui parole riecheggiavano in Provenza e nelle contrade della Langue d’Oc : “Avec le temps, va, tout s’en va; avec le temps tout s’en va.. Tout s’en va avec le temps….” FRANCO IVALDO |