RACCONTI DI AVVENTURE

RACCONTI DI AVVENTURE di Franco Ivaldo
CERCARE UN PASSAGGIO AD OVEST 
Sesta parte

RACCONTI DI AVVENTURE di Franco Ivaldo
CERCARE UN PASSAGGIO AD OVEST 
Sesta parte
 

 

Ma i ricordi di Pancaldo andavano anche dove lo aveva portato, a suo tempo, soltanto l’immaginazione. Non era vita vissuta.

 Erano intuizioni di una mente fertile. Sprazzi di luce, provenienti forse dal profondo  insondabile dell’inconscio.

 Si  raffigurava  gli avvenimenti che avevano preceduto la grande spedizione. Così si immaginava nel Castello di Valladolid, in una sala stracolma di mappe marittime gettate alla rinfusa  su ampi tavoli di mogano, con le vaste pareti tappezzate di rosso  e decorate di arabeschi e oriflammi color ocra, con arazzi e quadri raffiguranti caravelle in mari procellosi, re Carlo V,il figlio di Filippo il Bello e di Giovanna la Pazza, nativo di Gand, nelle Fiandre, ma destinato al Sacro  romano impero. Consultava, Carlo appena diciottenne, i nobili consiglieri di Castiglia sulle iniziative da prendere per contrastare quella che ogni giorno diventava l’espansione portoghese sugli oceani.

 Sapeva, Carlo V, che la grande impresa di Cristoforo Colombo, dovuta alla concessione da parte dei suoi nonni materni, Ferdinando ed Isabella, delle tre storiche caravelle la Santa Maria, la Nina e la Pinta, aveva aperto alla Spagna la via ad Ovest, tanto ricercata e tanto voluta per far concorrenza ai portoghesi, cui – dopo la spedizione di Vasco da Gama che aveva circumnavigato l’Africa- era ormai assicurata la via marittima ad Est per raggiungere le Indie.

Vi era stata, nel frattempo, la ratifica del Trattato di Tordesillas del 1493,  la  “raya”, che in pratica spartiva tra Spagna e Portogallo una sfera d’influenza marittima sulle vie delle spezie della Cina e del Catai. Era stato Papa Alessandro VI, Rodrigo Borgia, che era nativo di Valencia, a fare ricorso alla cosiddetta “donazione di Costantino” per suddividere le terre d’oltremare, appena scoperte e i territori delle missioni attribuendone per l’appunto la competenza giuridica in parte alla Spagna ed in parte al Portogallo.  Ma il Portogallo era avvantaggiato perché le sue caravelle avevano garantita la rotta orientale e, aggirando il continente africano, l’India ed il Catai venivano raggiunti. Galeoni carichi di spezie, che rappresentavano una vera ricchezza per tutti meno i produttori indigeni, ma per gli intermediari e per i raccoglitori dei dazi (cioé i re) era una vera manna. Anche per la Chiesa di Roma: ogni grano d’incenso aveva il suo valore.

Certo, la Spagna aveva proseguito, dopo i viaggi di Colombo, l’esplorazione del Nuovo Mondo.  Finché una spedizione di conquistadores, guidati da Vasco Nunez de Balboa, affacciandosi sulle alture di Panama aveva visto l’Oceano dall’altra parte. Quel grande oceano cui Magellano darà il nome di Pacifico. In un certo senso, lo scopritore del Pacifico fu proprio Vasco Nunez de Balboa. Non aveva potuto navigarlo, ma l’aveva visto! Anzi, qualche imbarcazione nelle acque del nuovo oceano, Nunez de Balboa l’aveva fatta scendere. Ma si trattava di piccole scialuppe non adatte a lunghe traversate, ovviamente. Così aveva girato un po’ per le coste e null’altro.

“Deve assolutamente esistere, nel nuovo continente scoperto da Colombo, un passaggio, una via che porti i nostri galeoni e le nostre caravelle alle Indie, al Catai, sulla via delle spezie e della seta!” esclamò Carlo V, imponente nel suo abito nero, con il labbro inferiore prominente, difetto dei suoi avi ma che i pittori di corte si guardavano bene dall’accentuare. Si rivolgeva, Carlo V, appena diciottenne, ai dotti di Salamanca, forse non gli stessi che fino all’ultimo avevano contestato le ardite teorie di Cristoforo Colombo sulla possibilità di una “via ad Ovest” per circumnavigare il mondo, ma in ogni caso sempre prudenti di fronte alle “novità”, come tutti i sapienti dell’epoca.

Paolo del Pozzo Toscanelli

“Maestà, può esistere quel passaggio – disse uno dei più apprezzati cartografi di Castiglia che aveva a lungo studiato i calcoli del fiorentino Paolo del Pozzo Toscanelli, convincendosi che la sfera terrestre era molto più grande di quanto aveva previsto il navigatore genovese- ma il viaggio potrebbe davvero essere lungo!”

“Ma certo che sarà lungo. Le nostre caravelle sono giunte con Solis fino al Rio de la Plata e questo passaggio non è saltato ancora fuori, i portoghesi lo stanno cercando pure loro e sono fermi al Brasile. Qui si tratta di arrivare primi. I portoghesi sono migliori navigatori questo è riconosciuto, ormai.

Ma i loro sovrani hanno poca intraprendenza ed anche questo è noto. Tutti noi sappiamo che prima di rivolgersi alle loro altezze serenissime Ferdinando ed Isabella, Colombo aveva frequentato le corti di mezza Europa a cominciare da quella di Genova la sua patria, ma poi subito dopo era andato a Lisbona e persino alla corte di Londra. Non poteva credere che un paese di così grandi navigatori gli negasse una flotta. Ma lo sappiamo tutti: Giovanni è uno scettico. Stesso discorso per gli inglesi di Enrico VII che si sono svegliati soltanto per spedire Caboto, ma senza scoprire il passaggio tanto ricercato.

Adesso, quel che è in gioco è il mondo. La supremazia sugli Oceani rischia di diventare portoghese, dopo che le Repubbliche marinare italiane sono rimaste chiuse nel Mediterraneo. Guardate i dogi veneziani, dopo Marco Polo, con un pò di immaginazione e spirito d’avventura, potevano spingersi fino al Catai. Sapevano che c’era, ma non l’hanno cercato. Né ad Est, passando attorno all’Africa e neppure ad Ovest, dove solo noi abbiamo spedito Colombo a cercare la via delle Indie. Ed ecco un nuovo continente là in mezzo all’Oceano inesplorato. Adesso, si tratta di completare l’opera. Ho preso contatto con un ammiraglio portoghese, pensate un pò, Ferdinando Magellano…”

“Un ammiraglio portoghese al nostro servizio!” esclamò il nobile Felipe  Lopez, quasi incredulo.

“Sì, c’è poco da meravigliarsi. E’ caduto in disgrazia presso il suo sovrano, Manuel il Fortunato. Ma spero che, stavolta, abbia fatto una mossa sfortunata. Almeno per lui e per il Portogallo. Lasciarsi sfuggire un simile navigatore. Magellano cercava un ingaggio. Gli hanno risposto accusandolo di chissà quali torti veri o presunti. L’abbiamo ingaggiato noi. E’ un ammiraglio terribile, inflessibile e duro con gli equipaggi, temuto dai naviganti, malvisto dai portoghesi, ma è l’uomo che fa al caso nostro. Su ciò non vi è alcun dubbio. Ha dovuto lasciare la sua patria per varie ragioni che non starò qui ad esporvi. Ma ormai il concetto di patria in questo mondo che ogni giorno diventa più grande, senza confini, che senso può ormai avere per uomini eccezionali. Io stesso sono nato a Gand nei paesi fiamminghi. Non penserete che mi senta un uomo dei Paesi Bassi oppure un Castigliano. Madrid, Gand, Colonia, Amsterdam, Anversa, Bruxelles, che senso ha darsi delle frontiere quando stiamo cercando gli ultimi confini del mondo. La Spagna resterà grande perché lo ha compreso, ha intuito questa realtà, ha favorito gli uomini disposti a tentare le grandi avventure e rischio della vita. Genova non l’ha capito, ma almeno i suoi banchieri ci finanziano. Venezia,per il disappunto di rinunciare alla terrestre “via della seta”  non l’ha proprio capito;  Lisbona l’ha capito ma spero per i nostri cugini portoghesi che l’abbiano capito troppo tardi..Intanto, si muovono eccome gli inglesi e con che flotte! Qui, abbiamo avuto le ricchezze del Messico, i tesori dei Maya.

Ferdinando Magellano

La nostra politica lungimirante ha aperto la strada alla conquista di quell’immenso continente nuovo, scoperto da Colombo,che in quattro successive spedizioni ha esplorato la costa Sud di Cuba, poi ha scoperto Trinidad ed il Venezuela, esplorato le coste di Honduras, Nicaragua e Panama. Politica di scoperta proseguita  con i viaggi di Alonso de Ojeda e di Amerigo Vespucci. Adesso, tocca a Magellano e quel che non è riuscito a Colombo, riuscirà a lui: scovare la via delle Indie passando da Ovest.

“Magellano è ancora a Lisbona ?” si azzardò a chiedere un dotto di Salamanca.

“No. E’ già qui a Valladolid. Domani, lo riceverò e firmeremo un Patto segreto. Toccherà a lui mettere insieme gli equipaggi che parteciperanno alla grande spedizione…Gli ho dato carta bianca fino ad un certo punto per la scelta degli equipaggi. Naturalmente, ci saranno a bordo anche i miei informatori! Per la Spagna, questi sono tempi cruciali. I nostri traffici possono essere  garantiti oppure seriamente minacciati. E’ in gioco l’egemonia mondiale.”

“Maestà, le ragioni commerciali sono sufficienti a compiere tanti sforzi, ad investire somme elevate per il Tesoro della corona  ed a rischiare tante vite?” chiese coraggiosamente un consigliere.

Per un uomo come me che cerca, in tutti i modi, di riunire sotto la corona di Spagna un grande impero d’Occidente, sia per eredità dinastica che per volontà divina, prendere rischi è non solo indispensabile, ma obbligatorio. L’impero prende forma: Spagna, regno di Napoli e di Sicilia, gli Stati  asburgici,ereditati da mio padre Filippo e adesso le colonie americane. E’ la riunificazione di un Sacro romano impero, come quello di Carlo Magno, ma stavolta sarà ispanico- fiammingo e germanico. La Francia di Francesco I si sente come assediata dalla Spagna, ma è l’Europa intera ad essere assediata e non da noi, bensì  dai turchi ottomani. Premono sempre più ai confini del mondo cristiano. Credete che mi preoccupi solo dei motivi commerciali ? Per la via delle spezie e  del cotone e della seta, per i nuovi vegetali commestibili? Oppure per l’oro, l’argento.le perle ? Ma andiamo! Certo, vi sono le ricchezze in prospettiva, ma non solo quelle. Pensate cosa vorrebbe dire per la Cristianità tutta intera sbucare alle spalle dei Turchi e dei Saraceni! E come ? Con le potenze marittime europee, finalmente in pace -noi ed i cugini portoghesi, in primo luogo a prendere d’assalto i musulmani nelle loro roccaforti più sicure, navigando dai porti dell’Estremo Oriente. Ma la Chiesa ha, in  Germania, i suoi guai con Martin  Lutero. Qui le Alleanze nascono e muoiono e durano l’espace d’un matin, come dicono i  francesi, i quali tanto per cominciare , 

non esitano a stringere alleanze col mondo musulmano, proprio per timore di una nostra egemonia  terrestre in Europa e marittima nel Nuovo Mondo.

Non venitemi a parlare di rischi per i naviganti e per gli esploratori, perché  l’Europa vive nel rischio, vive sotto la spada di Damocle di una catastrofe e questi Stati europei vanno avanti con meschine lotte intestine. Noi contro i francesi, i francesi contro di noi, i portoghesi a caccia di un’egemonia sui mari che nessuno è disposto a concedere. Noi per primi. Ma credete che il Regno d’Inghilterra sia disposto a stare a guardare ? E la stessa Francia ? Credetemi: il mio è un tentativo di unificare l’Europa ed il Nuovo Mondo, appena scoperto. Per questo ho bisogno di trovare la via delle Indie, per dare un assetto stabile ad un colosso che se non completato e reso sicuro può avere i piedi di argilla. E le cause di questa vulnerabilità , in una parola, sono queste: non si può dominare il mondo se non si sa quanto il mondo sia grande e quali siano i suoi confini…”

Un dotto di Salamanca mormorò tra i denti: “Altro che difesa del Sacro romano impero, questo nostro sovrano vuole dominare il mondo da Est ad Ovest e da Ovest ad Est. Eppoi da Nord a Sud. Ma è vero: prima bisogna sapere quanto è grande e dove finisce questa sfera terrestre.

La Casa de contrataciòn, in ogni caso, ricevette l’ordine reale di assecondare in ogni modo le richieste che avrebbe formulate l’ammiraglio portoghese. Magellano pretese cinque caravelle ed il diritto di scegliersi le persone a lui più vicine sulla caravella ammiraglia.

Una limitazione ben precisa riguardò il suo entourage portoghese.

“Può condurre con sé solo cinque portoghesi – gli dissero quelli della Casa de contratacion- perché re Carlo vuole così.

Tanto fece e tanto disse che di portoghesi a bordo ne ottenne venti. Ma lui aveva rinunciato alla nazionalità portoghese, assumendo quella spagnola.

Franco Ivaldo

CONTINUA

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