Questione d’educazione
Non è solo Netanyahu.
Non sono solo i suoi ministri estremisti e fanatici religiosi.
Purtroppo dai sondaggi ufficiali pubblicati in Israele, risulta che il 78% degli israeliani condivide il rifiuto del Primo Ministro alla nascita di uno Stato di Palestina, mentre il 60% condivide con lui anche l’idea di usare la fame estesa a tutti i gazawi pur di piegare la resistenza di Hamas.
Ciò starebbe a dimostrare quanto scarsa sia l’empatia per la sofferenza di chi vive costantemente sotto le bombe.
Nelle grandi manifestazioni di piazza a Gerusalemme o Tel Aviv si contesta la riforma della giustizia voluta dal governo, oppure si richiede il cessate il fuoco affinché siano liberati gli ostaggi, ma mai o quasi mai lo si invoca anche per porre termine alla carneficina dei palestinesi.
La giornalista Rula Jebreal ( quella che il Direttore Editoriale del “Secolo d’ Italia” Italo Bocchino ha accusato di essere antisemita, venendo immediatamente informato dalla medesima di essere stata sposata con un ebreo americano ) lo ha fatto notare il 27 settembre scorso durante la trasmissione “Accordi & Disaccordi” condotta da Luca Sommi.
Cosa significa questo? Che gli israeliani sono per natura peggio degli altri? No.
La causa della loro postura sprezzante e settaria, ormai chiara a una larghissima parte del mondo, non deriva dalla genetica, ma dall’ambiente.
Da quel brodo di coltura che va a costruire i singoli componenti di una nazione, condizionandone le menti e confezionandone il consenso già in età scolare e prescolare. E’ lì che si forma soprattutto la personalità.
Gli psicologi sanno bene che, a parte qualche limatura o qualche cambiamento derivato da fattori esterni che possono irrompere nella vita di un individuo e rivoluzionargliela reimpostando il suo pensiero di fondo, praticamente tutto si gioca nei primi anni di vita, quando il potere di assorbimento della mente, quello stesso che permette ad ogni bambino del mondo di imparare una lingua in pochi mesi anziché negli anni che gli sarebbero necessari se fosse un adulto, è massimo, perché a quell’età il cervello è come una formidabile spugna.
Ma questa straordinarietà è un’arma a doppio taglio, perché ci fa constatare che il nostro pensiero si va consolidando senza esserne consapevoli, ed è quindi praticamente senza difese.
Si può essere educati sia al bene che al male, insomma, e càpita di trovarsi nell’uno o nell’altro senza rendersene conto. Di più: essendo convinti di essere nell’uno mentre si è nell’altro.
Ne deriva che quando uno Stato fa circolare con tutte le modalità di cui dispone, lecite e illecite, una certa narrazione, è facilissimo restarne irretiti.
A tal proposito è illuminante sapere in che inferno si sono ritrovati maestri, insegnanti, professori universitari e relative famiglie, quando hanno osato discostarsi o contrastare la vulgata
che accompagna, martellante, tutta la crescita del soggetto fin dalla nascita, e per farlo gli appronta programmi e libri scolastici, sussidiari, tomi universitari e persino libri di fiabe e cartoons studiati ad hoc perché i palestinesi siano visti come una malvagia sottospecie.
Bene lo testimonia la frase pronunciata dal ministro Yoav Gallant secondo cui i palestinesi sarebbero “animali umani”, o il mantra di moltissimi coloni per i quali sia a Gaza che in Cisgiordania sarebbero tutti terroristi, anche i bambini.
E infatti durante la prima Intifada, quella delle pietre contro i carri armati, in linea con le indicazioni fornite nel gennaio del 1988 dall’allora Ministro della DifesaYitzhak Rabin, i soldati potevano spezzare le braccia a individui non ancora adolescenti ( forse bambini o forse no ) che venivano presi ( forse sul fatto o forse no ) mentre con i loro lanci litici mettevano in pericolo uno degli eserciti più forti del mondo.
L’ accusa di genocidio che si alza verso Israele, di giorno in giorno sempre più decisa e condivisa, è d’altra parte motivata dal fatto che una tra le condizioni che vengono previste dai giuristi specializzati in materia affinché un genocidio possa essere considerato tale, è il tentativo di impedire la natalità in un popolo.
Ebbene, secondo quanto riferito da Francesca Albanese, relatrice ONU per i diritti nei Territori palestinesi, si hanno prove certe da febbraio 2024 che i soldati oltreché al collo e alla testa, sparano ai testicoli dei bambini…