Quer pasticciaccio brutto de la Margonara

 

Quer pasticciaccio brutto de la Margonara
Il miele e la medicina amara

Quer pasticciaccio brutto de la Margonara

Il miele e la medicina amara

Oggi registriamo una nuova puntata del reality
(magari fosse solo fiction).

Una puntata quasi inedita, direi, rispetto a tante storie simili. Decisiva. Perché questa brutta storia è arrivata al redde rationem. Per quanto i tentativi di temporeggiare, di scaricare responsabilità, di far finta di non capire, di non assumersi l’onere di un punto fermo, siano ancora frenetici, c’è l’ostinazione e la sicumera di un imprenditore abituato, come purtroppo alcuni altri di nostra conoscenza, a fare il bello e il cattivo tempo, e con la legge inappellabile dalla sua, che li mette tutti alle strette.


Giovanni Gambardella

Uno che certo non le manda a dire e che non ha alcuna necessità diplomatica di avallare le varie scuse più o meno pietose.  Uno che, spazientito ed euforico e ringalluzzito al tempo stesso, non sembra voler accettare mediazioni, cambiamenti, trattative su risarcimenti  e varianti.

No. Il porticciolo s’ha da fare. Per sfregio, se non altro.

Non ha alcuna importanza che, nell’ansia di far dispetto alla politica che lo ha preso in giro, chiedendogli ben 13 progetti diversi,  si accinga a farlo anche ai cittadini, all’ambiente, ostinandosi in una idea ormai obsoleta sotto tutti i punti di vista.  Anzi, pretende pure di far gran cosa per la cittadinanza. Lo pone addirittura come un “ringraziamento”. Il danno e le beffe, insomma.  Non ho parole, non sta a me sindacare, né meravigliarmi che un padrone delle ferriere ragioni, appunto, da padrone, con tutto l’egocentrismo conseguente, senza alcun ripensamento senile, che gli faccia magari trovare sensato restituire quella spiaggia a chi la ama, devolvere a quello scopo parte del risarcimento, ed essere ricordato come un benefattore. Queste cose succedono solo nei film natalizi o di Frank Capra, non nella realtà.

Oppure pensare a un potenziale sfruttamento economico conservativo: spiaggia attrezzata,  punto di partenza per escursioni marine, scuola vela, o che so io. Non comporterebbe  enormi spese progettuali e realizzative, potrebbe rivelarsi sorprendentemente redditizio, potrebbe trovare riferimenti nel complesso S. Giacomo e partnership, magari con Costa. Ma quello che non comporta scempio e cemento non viene mai percepito come alternativa.  Non in questa mentalità corrente e avida.

Che se ne farà mai, questa gente, di tutti questi soldi… Quando ne hai per dieci vite e per tutti i tuoi discendenti, cosa ti spinge? Mah, non lo capirò mai. Diventa un bisogno del denaro fine a se stesso.

Del resto, i padroni, i “sovrani” dell’economia sono tali perché hanno intorno tanti sudditi disposti a ossequiarli, inchinarsi e obbedire, altrettanto adoratori del denaro.


Lui non sarebbe dov’è, altrimenti. Così sicuro da dare la stura a una serie di valutazioni e considerazioni di totale disprezzo e insofferenza verso il mondo politico, riassumibili nel concetto: avete fatto e fatto fare di tutto a tutti quanti,  solo con me avete fatto storie, ma ora basta.

Scoperchiando un pentolone imbarazzante. Se qualcuno sperava di prendere ancora tempo, di ridurlo a più miti consigli, di trovare una scappatoia o una ulteriore dilazione, deve toglierselo dalla testa.

Ma esiste qualcuno, a parte le mamme della Margonara, i partiti e i gruppi ambientalisti, e ci metto dentro, a pieno diritto e con pieno titolo, anche noi 5 stelle,  che veramente non voglia il porticciolo, che veramente intenda difendere quel tratto di costa e ripristinarlo per un uso rispettoso, o esiste solo e soltanto un gioco delle parti, comprese le sinistre?

Questa è la prima domanda da fare. Perché nessuna azione compiuta finora, né dalla Regione né tanto meno dal Comune,  scioglie questo dubbio. Tutto il contrario.

Figuriamoci l’Autorità Portuale, che ha atteso, sorniona, che cessassero le scalmane politico elettorali, per ripartire imperterrita.

In occasione della frettolosa bocciatura regionale, con variazioni a posteriori del piano della costa, l’Autorità Portuale aveva votato no, senza però trasmettere il verbale della conferenza al ministero, come si dovrebbe fare in casi di conflitto fra poteri. Lo ha ricordato il Presidente Zunino durante l’ultima Seconda Commissione con audizione di Miazza, il giorno prima della Conferenza dei Servizi.

  
Fucsas, Miazza, Canavese

Dunque, se lo ha ricordato, lo sapeva. Tutto normale, anche questo, tutto giusto? Nessuno ha trovato niente da ridire? Era evidente che così si indeboliva la decisione nei confronti di ricorsi futuri. E infatti.

Quanto allo stesso Miazza, si è capito chiaramente nell’audizione che per quanto lo riguarda il progetto potrebbe  e dovrebbe andare avanti. Non ha alcuna motivazione ad assumersi il fastidio e la fatica di impedirlo.  Ha presentato l’eventuale variante al piano regolatore portuale come un ostacolo insormontabile,  quando sappiamo tutti che le varianti, se si vuole, vengono approvate in men che non si dica. Al di là dell’atteggiamento cortese e conciliante,  non ha ceduto di un millimetro, non ha fatto concessioni o aperture. Inutile aspettarsi da quella parte la rinuncia o anche solo un minimo appoggio per  la modifica a un progetto che dopotutto si è sempre fortemente voluto. Con tutte le azioni conseguenti: distruzione delle baracche, degrado della spiaggia  e passaggi di proprietà del lady Moon… Dopotutto loro son coerenti e hanno sempre fatto capire come la pensano.

E il Comune di Savona? Non ci si fa trovare impreparati a una Conferenza dei Servizi indetta per esaminare un progetto preliminare.  Non si va lì dicendo: non conosciamo il progetto, vedremo, valuteremo… come ha fatto il vicesindaco Di Tullio, prontamente smentito dall’imprenditore, che ha dichiarato di aver consegnato  ben due copie del progetto al Sindaco, già nel 2011.

Lo capiamo, il vicesindaco, è diviso fra le sinistre in coalizione che temono di perdere la faccia con l’elettorato (che non si capisca come possa ancora credere alla loro opposizione interna al cemento, visti i risultati), e quella parte di maggioranza che rivendica la vecchia approvazione del porticciolo. Cerca disperatamente di prendere tempo quando tempo non ce n’è.

 

Anche la Regione, nuova gestione, a seguito dell’interpellanza dei nostri consiglieri ha mostrato un atteggiamento assolutamente attendista e passivo, elencando gli adempimenti necessari all’iter.

Insomma, è evidente che tutti cercano solo di ridurre i danni al minimo, in una situazione incoerente e confusa. Come per il bitume. Manca la capacità di prendersi responsabilità precise, di scegliere una posizione, una linea, e mantenerla,  di far corrispondere alle parole i fatti.

Manca anche semplicemente un’idea, un piano. Non è il Comune che detta le regole, che pianifica, che decide, ma è solo un ente- recipiente, che accoglie idee e progetti altrui, li rimescola, li travasa,  cerca al massimo di aggiustarne il sapore coprendo l’amaro con un po’ di miele sintetico, per far ingoiare la medicina ai cittadini.

Io c’ero, nel pubblico, al famoso Consiglio Comunale dove tutti brandivano pianelle e moffette. L’allora assessore alla cultura Molteni, così apprezzato da non essere neppure rieletto, e peraltro, visti gli ottimi risultati comunicativi, risistematosi come portavoce del Sindaco, aveva appena espresso in una intervista tutto il suo fastidio per i savonesi “pantofolai” contrari al progresso della torre ritorta. 

Fuffas… pardon, Fuksas era appena calato in città a spandere altero disprezzo su tutto, circondato da sguardi estatici.

La famosa torre fallica, tentativo patetico di intortare una tremenda speculazione con un po’ di fumo intorno, proprio come già fatto con Bofill.

Chi è che ha “imposto” l’archistar? Chi l’ha pagato? Ci piacerebbe che Gambardella lo dicesse apertamente.

Progetto col borgo mediterraneo. Eh no, non si può, troppo impattante. Idea: concentriamo i volumi in un assurdo grattacielo. 

Proteste, discussioni sul residenziale improduttivo… Idea: diciamo che facciamo residenze turistico-alberghiere… almeno possiamo sostenere che diamo lavoro e l’elettore di sinistra non si scandalizza per il lusso.

Quanto miele artificiale, quanta “fuffas”  su quella medicina troppo amara per chiunque.

Quanti tira e molla e compromessi basati sull’apparenza, sulle foglie di fico, sull’appiglio comunque spendibile, quanto vittoriano ed ipocrita pudore.

La logica suggerisce che, se un progetto è davvero positivo per la città, non esiste alcun bisogno di infiocchettarlo, giustificarlo con postille grottesche. Solo gli sfregi ne hanno necessità.

Il giorno del Consiglio delle pantofole, mentre una isolata Patrizia Turchi tentava di appigliarsi a un cavillo per rimandare la pratica,  mentre pochi si dicevano e votavano contro il progetto, ricordo un Di Tullio assessore che lo presentava con convinta approvazione. En passant, spiegò che per quanto riguardava il porticciolo non esisteva un piano industriale.

 
Patrizia Turchi e Livio Di Tullio

Ossia, proprio quello che dovrebbe giustificare la sostenibilità economica, i posti di lavoro. La base e giustificazione di tutto, insomma. Non c’era. In una qualsiasi azienda questo avrebbe stroncato ogni decisione.  Ma gli enti amministrativi, ahimè, non sono aziende.

Nessuno replicò o glielo fece notare, la cosa passò inosservata.

Ricordo un giovane Larosa, allora rappresentante dei Comunisti Italiani,  annunciare il suo voto a favore.  Da lì a poco passò in pianta stabile col PD, dove ora fa il capogruppo.

Poi in questa legislatura ci siamo trovati seduti dall’altra parte della staccionata, non più fra il pubblico scontento, ma in Consiglio.

Al momento di approvare la bocciatura regionale del progetto, votammo no.

Scandalo delle sinistre! I 5 stelle favorevoli al progetto Margonara! Ci dissero e scrissero di tutto.

Perché votammo così? Be’, perché sentivamo puzza di bruciato, anche solo dai discorsi in aula.  Dell’ennesimo compromesso che diceva una cosa e faceva dell’altro. Di una delibera debole, dove l’emendamento Pozzo inseriva fra le righe la possibilità di riportare il porticciolo fino a Rio Termine. Cioè, lo faceva rientrare dalla finestra.

Dopo molte riformulazioni, e discussioni, immagino, in  maggioranza, si parlava di “Aree portuali già trasformate”. Ricordo che la spiaggia Margonara, nel PRG, fa parte proprio di quelle…

Come ci si nasconde dietro le parole. Si dice per non dire, si decide per non decidere.

Miele, miele sintetico. Artificiale.  

Ricordo che scrivemmo, convinti, che non era stata assolutamente detta la parola fine al porticciolo Margonara, e che c’era poco da stare tranquilli.  Ci si era spinti troppo oltre per poter chiudere tanto facilmente la partita.

   
Marco Pozzo, Sergio Cappelli, il night club Lady Mooon e la nautica savonese

E difatti. Purtroppo non ci sbagliavamo.

Un resoconto più articolato di tutto l’iter che ho riassunto,  fino al 2011, dal significativo titolo: “Margonara, è tutt’altro che finita” lo trovate…. QUI

Ma ora è diverso, ora siamo all’epilogo.  Così, rieccoci al porto che fa slalom intorno allo scoglietto, e al borgo mediterraneo redivivo.

Allora, è più che mai il momento: porto sì o no. Margonara sì o no. Speculazione edilizia sì o no.

E comportarsi di conseguenza, facendo tutti gli atti necessari. Ma proprio tutti, in un senso o nell’altro, senza trascurare né valutazioni economiche, né di pianificazione, né ambientali, né di traffico portuale, di correnti e crociere e foce del torrente.  

Gli amministratori abbiano il coraggio di dire: e va bene, lo volevamo, lo abbiamo sempre voluto, ora si farà.

E affrontare le ire dei cittadini. E costringere le sinistre a scegliere dove stare.

 

Oppure rispettare alla lettera il dettato della sentenza, ma non un centimetro in più del dovuto. “Affamare”, come si dice per gli inceneritori, l’imprenditore, senza concessioni sull’indispensabile residenziale, unica vera ragione dello scempio, ma non poi così scontato dopo la sentenza. Essere pronti ad affrontare le conseguenze economiche, gli eventuali risarcimenti, e possibilmente rivalersene sui responsabili in solido, di questo iter assurdo.

Ma non può farlo chi non ha le mani libere. Chi è coinvolto in accordi pregressi ed equilibri di poteri.

Chi ha percorso fin quasi al fondo una strada diversa.

A meno che questa città non se la riprendano i cittadini, una buona volta.

Milena Debenedetti, consigliere Movimento 5 Stelle Savona

 

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