QUANDO LA DC…

SBILANCIAMENTO BIPOLARE E MEDIAZIONE SISTEMICA
QUANDO LA DC SEPPE IMPORRE L’APERTURA A SINISTRA

SBILANCIAMENTO BIPOLARE E MEDIAZIONE SISTEMICA
QUANDO LA DC SEPPE IMPORRE L’APERTURA A SINISTRA
 

I protagonisti del sistema politico italiano appaiono tutti bloccati in una sorta di “impasse”, che non consente di sviluppare quella dinamica politica richiesta, invece, inderogabilmente dalle circostanza difficili in cui si sta trovando il Paese.

Superfluo fare l’elenco: da un lato c’è un governo imperniato su una personalizzazione ormai del tutto fuori controllo (raccolta attorno al “corpo del leader” come scrive Mauro Calise nel suo “Partito Personale”), un centro formatosi per via progressiva (distacco dalla maggioranza) in tempi recenti e che non pare utilizzabile al momento per combinazioni diverse, un centro-sinistra rappresentato dal PD in preda a convulsioni interne davvero difficili da decifrare (dopo aver messo in moto meccanismi che potremmo definire da “apprendisti stregoni”, incontrollabili sul piano politico e fuori dalla natura delle forze democratiche europee: personalismo e primarie, tanto per fare degli esempi, senza riuscire ad abbracciare un “modello” concretamente praticabile) ed una sinistra, fuori dal Parlamento, che non appare in grado di sviluppare un minimo di discorso unitario con una sua parte arditamente collocata sull’orlo di un processo imitativo delle dinamiche dell’avversario proprio sul terreno scivoloso dell’immagine e dell’affabulazione.

Sul terreno sociale, registrato positivamente il voto degli operai di Mirafiori di fronte al “diktat” padronale, c’è da segnalare l’ulteriore spinta per risolvere la crisi a favore dei ceti più forti, ristabilendo davvero dinamiche da scontro di classe stile anni’50, con un sindacato diviso, non solo tra le tre sigle “storiche” (con CISL e UIL che sembrano aver abbandonato una qualche funzione di autonoma soggettività progettuale) ed una pericolosissima divisione interna alla CGIL, tra Confederazione e FIOM, su di un tema oggi di particolare attualità e pregnanza, come quello della proclamazione necessaria ed indispensabile, a breve, di uno sciopero generale.

La sostanza del discorso può essere così riassunta: il bipolarismo ha prodotto, di per sé, uno sbilanciamento impedendo quella “mediazione sistemica” che risulta, invece, necessaria in particolare nei tempi di crisi.

E’ assente, nel sistema italiano, un centro di riferimento che consenta, sempre e comunque in particolare in momenti di questa natura, di produrre un “movimento”, proporre una soluzione in avanti: ciò prevede la Costituzione, quando affida al Presidente della Repubblica determinate caratteristiche e disegna uno specifico ruolo del Parlamento.

Si è tentato di imporre, a destra come (del tutto incautamente) a sinistra una “costituzione materiale” che superasse i due passaggi costituzionali appena ricordati, pensando allo “sblocco del sistema”, ad una improbabile alternanza, ad una forzata semplificazione addirittura nel senso del “bipartitismo” (così furono affrontate le elezioni del 2008 e, nel PD impegnato a litigare su esiti devastanti delle “primarie” registrati a Napoli, non sono apparse voci di sincera riflessione su questo punto: anzi tornano a galla protagonisti del gruppo dirigente artefice del disastro).

Il sistema politico italiano, tra fortissime contraddizioni ,ovviamente ,che non intendiamo minimamente occultare anche sul piano storico, aveva sempre dimostrato la possibilità di sviluppare risorse dinamiche: nel luglio ’60, in una situazione ben più drammatica di oggi per certi versi, la DC seppe imporre, alla fine, l’apertura a sinistra; nell’estate del 1976, nel pieno della stagione terroristica, si realizzò comunque quel quadro di “solidarietà nazionale” che consentì, pur pagando prezzi altissimi, di affrontare una crisi verticale. Successivamente la stessa riproposizione del pentapartito, molto negativa dal punto di vista di chi scrive per ragioni che sarebbe troppo facile elencare, si palesò comunque come un punto di superamento della difficoltà contingente che il sistema stava esprimendo.

La DC garantiva tutto questo, ripetiamo nel bene e nel male, alimentando lo stato “duale”, attraverso rapporti con poteri opachi, poggiando sul veto della “conventio ad excludendum” maturata in sedi straniere ed estranee: considerato tutto questo e valutato appieno si può, però affermare che il sistema era in grado di “muoversi”, di tentare l’inclusione di altri soggetti nel quadro di governo, di esprimere capacità di diversificazione nella costruzione degli schieramenti e dei programmi.

Oggi, senza esprimere alcuna nostalgia per la DC perché si tratta ora come allora di un discorso di “sistema”, tutto questo non appare possibile e siamo al blocco, allo stallo attorno alle questioni private e giudiziarie del premier: questioni che stanno impedendo il governo del Paese, fosse pure in una dimensione maggiormente spostata a “destra” (usando le vecchie denominazioni) come potrebbe essere sulla linea espressa dal Ministro dell’Economia, appoggiato da Lega Nord e Polo di Centro, oltre a residui dell’attuale PDL.

Appare enorme la distanza tra la società e la politica, soprattutto si è smarrita l’idea dei partiti secondo quanto stabilisce l’articolo 49 della Costituzione.

Quale via d’uscita? I tempi non saranno brevi (anche se può essere prevedibile uno scossone in tempi rapidi considerata le indagini in corso al riguardo del Premier: sotto questo aspetto, va aggiunto, non pare ci siano soluzioni pronte) ricordando come la politica non ammetta “vuoti” (già la Conferenza Episcopale ho provveduto di suo ad occupare spazi lasciati incustoditi) e strade maestre non appaiono segnate sulle carte: la soluzione elettorale potrebbe tornare all’orizzonte e resta il problema di come affrontarla.

Sinceramente, nella palude che abbiamo cercato di descrivere, ci sembra difficile andare oltre ad una ipotesi di larga alleanza, tipo CLN si era detto, capace di riportare in primo piano un tema solo apparentemente politicista: quello della legge elettorale, una legge elettorale capace di restituire dinamica al sistema avvicinando i cittadini all’azione politica, restituendo così un minimo di identità e di logica di movimento ai partiti, non costringendo il sistema nella gabbia delle elezioni dirette, delle coalizioni forzate, degli abnormi premi di maggioranza.

Un passaggio stretto e difficile, ma probabilmente indispensabile se si intende, nel medio periodo, affrontare sul serio i nodi di una situazione internazionale sempre più complesso, di un quadro economico sempre più difficile, di una società e di un sistema politico incomunicanti fra loro che rischiano, reciprocamente, di dissolversi in mille rivoli egoistici, conservatori, corporativi.

Savona, 30 Gennaio 2011                                                        Franco Astengo

 

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.