Qualcosa sulla terza Operetta: “Dialogo della Moda e della Morte”

Perchemmai la Morte e la Moda dovrebbero essere sorelle?
Perché sono entrambe figlie della Caducità, che è il tempo che passando fa passare.
L’essere molto diverse, lì per lì impedisce di crederlo; salvo poi doverlo ammettere seguendo i botta e risposta del dialogo.

Per la Moda ciascuno verso il trascorrere del tempo sceglie di assumere forme, condotte e comportamenti, e insomma modi, non troppo personali per non essere emarginato, né troppo comuni per non essere anonimo.
E’ di questo equilibrio effimero, vario e cangiante che la Moda vive.
Per la Morte invece nessuno può assumere iniziative o progettare modifiche, e non ci sono equilibri da tenere o da rompere. Difatti nell’Operetta la Morte ascolta e risponde quel tanto che basta per non essere scostante, ma la sua attività non muta di una virgola: accetta solo di buon grado di essere affiancata.
Su di lei non è necessario aggiungere altro.

Riguardo i modi, nella Moda sono quelli che si pensano legati soprattutto all’abbigliamento, al linguaggio, alla gestualità. Sono propri, in realtà, di una gamma infinita di oggetti e fenomeni, talché è difficile trovare qualcosa che non abbia a che vedere con la Moda.
La quale se è una cosa che passa, è anche una cosa che torna.
Anzi, la sua garanzia di eternità sta proprio in questo: che si succedono le mode, ma la Moda no. Ella è un paradosso: è eterno il suo continuo morire.
E anche il suo rifiuto la celebra: se tutti ci si mettesse d’accordo di non seguire la Moda, ecco ci dimostrerebbe di essere più invulnerabile di Achille, di non avere nessun tallone a rischio: sguscerebbe via dalla nostra intenzione di sopprimerla nel riciclarsi come colei che fa diventare di moda il non seguir la Moda, pronta a dimostrare la sua capacità di trasformarsi, di camuffarsi impercettibilmente senza dar troppo nell’occhio, di replicasi proponendosi al contrario, nel vendicarsi, a volte a ragione a volte a torto, nell’additare chi la snobba come uno snob.
E quello che accade è che colui che la snobba per davvero, senza volerlo fare per sentirsi superiore a coloro che si conformano ai di lei imperativi, muore un po’: messo da parte, deriso, scansato, compatito, tagliato fuori dal gruppo. E se tagliato fuori a lungo, prima o poi, secondo i principi dell’antropologia, tagliato dentro: solo e ferito. Non in armonia.
Non meno schiavo di chi la Moda la segue sempre, a perdifiato fino a sfiatarsi: entrambi si perdono.

E ora, ritornando alla domanda iniziale:”Perchemmai la Moda e la Morte dovrebbero essere sorelle?”, ecco la risposta della prima: “Io […] so che l’una e l’altra tiriamo parimente a disfare e a rimutare di continuo le cose di quaggiù, benché tu vadi a questo effetto per una strada, e io per un’altra”.
Significa che finalmente si può trarne una definizione di Moda?
Dire che è un modo di essere, non è sbagliato, ma resta un po’ generico. Forse val meglio aggiungere che è un modo di essere dell’apparire.
Nel dialogo la Morte è naturalmente…Parca. Non si spreca in parole. Non è lei che deve far opera di convinzione per una parentela che proprio prima non immaginava e di cui poco le cale. E siccome deve correre, correre, correre, le sue risposte sono secche e concise. 
Comunque alla fine si dice convinta. Ammette che il lavoro di cui sono state incaricate è simile e lo si può dunque svolgere in coppia. L’una sopprimerà le persone, l’altra i loro costumi.
Neppure dovrà preoccuparsi di una qualche concorrenza o pericolo che la Moda prima poteva rappresentare.
Infatti proprio quest’ultima le confessa che non esiste più chi vuole attingere all’immortalità come accadeva agli spiriti magni della classicità, in cerca di fama e di gloria imperiture ( e Leopardi lo dice ben consapevole della vanità di quella pretesa, ma anche col rammarico che gli è usuale per la perdita di un’illusione ) e che comunque spesso era coltivata da grandi uomini che riuscivano in grandi imprese.
Spendere una vita sull’altare della fama e della gloria al fine di restare vivi nella memoria dei vivi, non usa più. E’ passato di Moda.
Per fortuna? Per disgrazia?

Fulvio Baldoino

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