Qualcosa sulla sedicesima Operetta Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez
Rispetto alle altre Operette, un po’ meno amara e quasi del tutto priva di ironia. A parte, s’intende, la risposta che il primo aiutante di Colombo, Pietro Gutierrez, dà all’ammiraglio genovese che aveva appena esclamato come quella fosse una bella notte. Perché, per bella che fosse, stavano pur sempre navigando in un mare sconosciuto senza sapere se sarebbero mai riusciti a trovar riva. Dunque:
Bella in verità: e credo che a vederla da terra, sarebbe più bella
è una battuta più che comprensibile.
Dopodiché, a ben vedere, gran parte dell’Operetta consiste nel mitigare sempre più, fino quasi a svuotare le ragioni dell’ironia di quest’unica frase.
Gutierrez infatti non è stanco del navigare in sé, ma dell’incertezza dell’andare senza conoscere ancora per quanto; o addirittura se sia per sempre.
Vuole sapere dal suo ammiraglio in tutta sincerità, senza gli infingimenti che potrebbero tornar utili per calmare gli animi e scongiurare l’ammutinamento dei marinai, come stanno effettivamente le cose o, per meglio dire, come pensa che stiano.
Colombo lo soddisfa senza titubanze, perché si fida; ma forse anche perché coglie di buon grado l’occasione di condividere le proprie ansie e i propri dubbi nonché le responsabilità verso la ciurma sempre più nervosa col trascorrere dei giorni.
Fa un breve elenco degli interrogativi che gli occupano la mente, tutti legati al procedere del viaggio, e alle incognite e alle sorprese che una nuova terra potrebbe riservare, se mai la trovassero; le quali solo gli uomini incapaci di pensare qualcosa di differente da ciò che sta loro attorno fin dall’infanzia non mettono in conto.
Come il fatto che la parte del mondo sconosciuta potrebbe essere costituita anziché da terra e acqua da un elemento nuovo; o che la terraferma o altro in sua vece si rivelasse inabitabile; o che se vi fossero persone potrebbero essere così diverse dalle europee da non riuscire a riconoscerle come tali… Ma tutti poi li comprime pensando che se la sua speculazione, la sua scienza, i suoi calcoli, avallati da tanti geografi e matematici, da eccellenti navigatori, da astronomi e scienziati, non dovessero confermare ciò che promettevano, trovando infine che l’esperienza delle cose mostra altro beffandosi dei ragionamenti e dello studio degli uomini, non si potrebbe più aver contezza di nulla escluse le cose che si vedono e si toccano, e della scienza ce ne potremmo far tanto quanto se ne fa il serpente del suo vestito vecchio che lascia appeso a qualche ramo, sicché non trovando la contrada delle Indie col navigare a occidente o trovandola per caso e non per ragione, ci crollerebbe addosso il vecchio continente con tutta la sua storia e la sua filosofia!
A Gutierrez che gli contesta di aver messo a rischio la vita dell’equipaggio decidendo soltanto in base a congetture, Colombo non cerca di dare giustificazioni, ma fa notare che è consuetudine di ogni uomo ogni giorno affidarsi a scelte in qualche misura azzardate, perché non avendo completa esperienza di una cosa prima di averla fatta, e non riuscendosi a raffrenare dal farla o per voglia o per necessità, finge che la ragione sia tutta ragione e niente azzardo, cosa invece a dir poco fantasiosa, se non cammina di pari passo con l’esperienza del reale.
Ma ciò più che altro come dettaglio, perché il vero motivo che pensa lo scagioni, sta nel sormontare questa situazione fragile, di incertezza e di speranza, con la possibilità di sentire un giorno o l’altro dalla cima dell’albero maestro o dalla prua, gridare “Terra!”, che insieme al ridare importanza a tutto ciò che, avendolo quotidianamente attorno e pronto senza nemmeno faticarlo, prima di lasciare il porto valeva un nulla o poco più, ora, tra questa insidia del mare e del vento e davanti a questa linea d’orizzonte a lungo non spezzata da isola alcuna o foresta o vela di marinai misteriosi, in questa apprensione, fa apprezzare d’aver sotto i piedi un sia pur misero palmo di terra, primo e ultimo pensiero ogni giorno dei naviganti al destarsi ed al coricarsi, che fa loro cara la vita dove non pare che la noia, terribile insulsa gorgòne, possa albergare mai più.
Gutierrez ascolta, e consente volentieri con lui.
Le nuove di cui Colombo lo informa, poi, cioè dello scandaglio che da alcuni giorni tocca il fondo, della natura ora diversa delle nuvole, di una canna galleggiante che pareva tagliata di fresco, dell’aria più tiepida, degli stormi frequenti di uccelli e d’altro ancora, gli danno speranza e gli fanno l’animo più leggero e contento.
Forse tra poco apparirà qualcosa, e sarà grande gioia prima che tutto col tempo si riconduca al trascorrere monotono dei giorni.
E in fondo che sia la terra di Cipango o del Catai oppure l’India, ben poco importerà.