Qualcosa sulla quarta Operetta “Proposta di premi fatta dall’Accademia dei Sillografi”
Un’Accademia, quella dei Sillografi, immaginaria; che serve a un sillografo sui generis ( leggasi Leopardi ) per burlarsi di chi crede alla grandezza dell’Ottocento, varato trionfalmente nel mare del Progresso dalle macchine.
Esse ormai a ritmo accelerato si presentano sulla scena per produrre un salto di qualità in favore degli uomini che in detto secolo vivono e sempre più sentono crescere la speranza di essere sostituiti nelle loro fatiche e nei loro impicci quotidiani proprio dalle macchine.
L’Operetta è una canzonatura verso un ottimismo tecnologico che si potrebbe definire pre-positivistico, perché desidererebbe giungere a gestire anche i sentimenti e le facoltà dell’anima.
In questo senso Leopardi brucia le tappe, e vede in che direzione avrebbe cominciato a muoversi il mondo da lì a un quarto di secolo.
“Sillografo” vuol dire “Satirico”, e si è visto come la satira sia lo stigma proprio delle Operette morali.
La concisa operazione ( circa 4 pagine ) che qui viene promossa è fare satira sull’… Accademia della Satira. Accademia, quindi che, percorrendo un confine ambiguo e cangiante, contraddittoriamente, o ingenuamente, o molto scaltramente al fine di mostrarsi ingenua ( a scelta ), mette in palio tre premi per i tre archimede che avessero fatto fronte alle sue richieste.
Non dimentichiamo come nello specifico settore della critica pungente nelle affini e spesso miscelate modalità di sarcasmo, ironia, caricatura, satira, parodia…, Leopardi abbia un punto di riferimento chiaro, ovvero Luciano di Samosata.
Nel leggerlo si rese conto che quella dell’autore anatolico poteva essere una forma adatta per esprimere ciò che la mancanza di ispirazione poetica in quel momento non gli permetteva.
E’, questa, un’ Operetta quanto mai attuale, che richiama il tema dell’intelligenza artificiale e della robotica; tema che quotidianamente ci mette di fronte a dei problemi, delle speranze, delle perplessità e degli interrogativi i quali, in misura molto minore ma comunque proporzionale al secolo ( gli oggetti straordinari che dopo aver suscitato un iniziale sentimento di stupore cominciavano a solleticare un prometeico sentimento di sfida alla Natura erano la mongolfiera, il telaio meccanico, la macchina a vapore, la locomotiva… ), già venivano subodorati dagli intellettuali più accorti.
La macchina può sostituire l’uomo? In che cosa? Fino a quando? E’ la macchina che si fa uomo, o l’uomo che si fa macchina? E’ meglio un difetto umano o una perfezione meccanica?
Cosa ne pensi, il Nostro ce lo fa intendere quando dopo aver accennato al parafulmine, prevede che
di mano in mano si abbiano a ritrovare […] qualche parainvidia, qualche paracalunnie o paraperfidia o parafrodi, qualche filo di salute o altro ingegno che ci scampi dall’egoismo, dal predominio della mediocrità, dalla prospera fortuna degl’insensati, de’ ribaldi e de’ vili, dall’universale noncuranza e dalla miseria de’ saggi, de’ costumati e de’ magnanimi, e dagli altri sì fatti incomodi, i quali, da parecchi secoli in qua sono meno possibili a distornare che già non furono gli effetti dei fulmini e delle grandini.
Tre sono i premi messi in palio per chi saprà ideare dei marchingegni che soddisfino tre rispettive esigenze, le quali a loro volta vengono considerate perché conseguenza di due convinzioni sempre più diffuse, ovvero:
– con le macchine si potrà fare qualcosa che ha a che vedere con lo spirito oltreché con la materia, e
– essendo il genere umano molto più ricco di difetti che di pregi, incaricare gli automi di sostituirci rappresenterà senz’altro un progresso e ci esenterà dal sentirci responsabili delle nostre mancanze.
Ma nello specifico, quali sono i desiderata da soddisfare?
Il primo richiede l’invenzione di una macchina che riesca a sostituirsi alla figura dell’amico, affinché sia un amico perfetto. Che non tradisca, che non motteggi, che dia buoni e sani consigli.
Il premio consisterà in una medaglia d’oro dal peso di 400 zecchini.
Il secondo richiede l’invenzione di un automa a vapore: il vapore gli andrà alla testa infervorandolo a dedicarsi ad ottenere virtù e gloria: per questa invenzione è prevista una medaglia del peso pari a 450 zecchini.
Il terzo premio richiede la costruzione di una donna ideale. A colui che ci riuscirà verrà assegnata una medaglia d’oro di 500 zecchini.
Leopardi, bizzarria della sorte, non nel Concorso immaginato in cui sono invitati a partecipare altri, ma quello reale a cui partecipò lui inviando il testo di cui questa Operetta fa parte, perse.