“CREARE OCCUPAZIONE!” (Intanto Carige e Carisa chiudono 4+4 agenzie)

“CREARE OCCUPAZIONE!”
(INTANTO CARIGE E CARISA CHIUDONO 4+4 AGENZIE)

“CREARE OCCUPAZIONE!”

(INTANTO CARIGE E CARISA CHIUDONO 4+4 AGENZIE)

Quante volte abbiamo sentito, nell’intero corso della nostra vita, questa invocazione! E la risposta, che dovrebbe essere polivalente, è invece sempre stata monocorde: è lo Stato che deve operare per far avvenire il miracolo, abbassando le tasse sul lavoro. Giustissimo.

E sul versante delle imprese? Se si abbassano le tasse, si dice, non avranno più scusanti, e dovranno assumere. Ma perché un’impresa assume? Per far salire il numero degli occupati? Per adempiere a un dovere sociale? Per far piacere ai sindacati? O non piuttosto perché vende i suoi prodotti e servizi e progetta di aumentarne il volume?


Se non intervenisse la tecnologia, ad un aumento previsto delle vendite l’azienda assumerebbe un proporzionale numero di dipendenti in più. Ma qui sta il punto: i progressi della tecnologia sono incessanti; e si dà il caso che il principale obiettivo della ricerca tecnologica sia quello di abbassare i costi; e quelli del personale incidono in maniera determinante sui prezzi di vendita a causa di oneri fiscali e contributivi: le buste paga italiane sono le più basse d’Europa al netto e le più alte al lordo di tasse e contributi. Alle aziende non rimane allora che ridurre il personale grazie  agli avanzamenti tecnologici, che permettono loro di far fare ad una macchina (meccanica o elettronica che sia) il lavoro di 10, 100 dipendenti. Se neppure questo basta per rimanere competitivi, esternalizzano il lavoro ad imprese meno “sensibili” sotto il profilo sindacale e/o ambientale, in Italia o in Paesi esteri più “permissivi”. I call center ne sono una variante esemplare.

Questo ha potuto verificarsi grazie allo Stato e alla UE. Ciascuno ha dato il proprio contributo: il primo non abbassando il carico fiscale, anzi continuando ad alzarlo; la seconda con regole demenziali come l’apertura dei confini nazionali a immigrati di basso rango, prima con Schengen e poi abbandonando l’Italia all’invasione africana. A completare l’opera ha provveduto la sparizione delle barriere doganali, considerate anticaglie del passato. Il tutto nello spirito utopico di un umanitarismo a senso unico, addirittura discriminatorio a favore dei richiedenti asilo e penalizzando i cittadini italiani. Un umanitarismo peraltro assente fuori dell’Europa, dove si sono fomentate o favorite guerre fratricide: il mercato delle armi è il più florido e crea davvero lavoro!

Per porre rimedio a queste carenze, echeggiano dal governo e dal Quirinale i propositi e gli inviti, inascoltati, ad abbassare le tasse, anche tagliando i privilegi delle varie caste, nonché quelli, molto ascoltati, alle imprese di insistere nella “ricerca e innovazione”: proprio i fattori che puntano in primo luogo a tagliare il personale per affidare i suoi compiti a macchine e computer.


 

Leggo che, sulle orme di altre banche, anche Carige e Carisa si apprestano a chiudere varie agenzie in Liguria (e immagino anche altrove). Superflue. Infatti, quante volte ormai andiamo in banca per una normale operazione se possiamo svolgerla tranquillamente dal computer di casa o d’ufficio? La stessa cosa avviene per l’acquisto di beni, ad es. tramite e-bay o Amazon, con la parallela chiusura di negozi. E l’elenco potrebbe continuare. Si sente dire che meccanizzazione e informatizzazione tolgono lavoro da una parte e ne creano altrettanto da un’altra. Ma che senso avrebbe innovare, se il risparmio fosse davvero a somma zero? 

Insomma, la precognizione dei luddisti ottocenteschi al primo apparire dei telai si sta rivelando quanto mai profetica: il lavoro passa dalle mani alle macchine e la somma non può che essere fortemente negativa sul numero di occupati. Nel ’68 si sbandierò uno slogan premonitore: “lavorare meno lavorare tutti”. Pretesa tanto sacrosanta quanto di difficile attuazione. Tanto che oggi si cerca di aggirare l’ostacolo chiedendo il “reddito di cittadinanza”: in pratica lasciare il lavoro a chi ce l’ha e creare una platea di nuovi  “baby-pensionati”, sul genere dei richiedenti asilo cui prima accennavo. Vista la tendenza all’ozio di buona parte del genere umano, se non costretto dal bisogno, non credo sia la soluzione giusta.


Aree ex Piaggio

E allora, chiederà qualcuno? Arrivati al punto in cui siamo, non saprei indicare una percorribile uscita da una situazione in cui le imprese dovrebbero assumere senza prospettive di vendite a causa del rastrellamento, in atto dal 2007, di denaro dalla disponibilità della maggioranza. Senza denaro non si può comprare, quindi non si vende e non si produce. Quindi niente assunzioni, anzi, licenziamenti e chiusure. E anche meno introiti nelle casse erariali. Quindi nuove tasse, statali o locali, per spremere le ultime gocce di quanto è rimasto alle famiglie del patrimonio, specialmente immobili, accumulato da padri, nonni, avi.

Finale Ligure, ad es., ha tenuto bene sinora come prezzi degli alloggi; ma incombe lo spettro di centinaia di nuove case sulle aree ex Piaggio e Gigliazza: uno tsunami annunciato e che appare invincibile. Eppure  la politica non fa che parlare di crescita, anche dell’edilizia, “che è ferma da anni”. Per restare a Finale, noi cittadini vedremo le nostre case deprezzate dai nuovi cantieri che incombono ad ovest. “Ma almeno si crea lavoro”, è la giustificazione ufficiale. Lo si diceva anche in vista della lottizzazione San Bernardino. Dove sono oggi gli edili che l’hanno realizzata? L’edilizia è un’attività lineare, non ciclica: divora sempre nuovo territorio; e come tale non può pretendere di continuare ad espandersi, se non a danno di tutti.

Marco G. Pellifroni                                 Finale L. 26/10/2014

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