Progetto Solimano via Nizza? Ma anche no
Progetto Solimano via Nizza?
Ma anche no
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Progetto Solimano via Nizza? Ma anche no“Non si può accettare l’immobilismo” dice il diavolo, dopo un paio di guerre, un’epidemia e alcuni saccheggi. L’inferno applaude entusiasta. O forse era qualche politico, che si riferiva a uno scempio in arrivo? Io dico solo che c’è un nodo di fondo. Il fare, sempre positivo o quanto meno ineluttabile, contrapposto all’inazione, biasimevole, che porta alla stagnazione, al degrado e all’arretratezza. Ex Cantiere Solimano Dobbiamo sgombrare il campo da questo voluto equivoco, da questa strumentale semplificazione, se vogliamo andare oltre e pensare, e progettare, e realizzare, soluzioni migliori. Quello sì, il vero fare. E’ ora di finirla di mascherarsi dietro l’alibi dell’alternativa (se non mi dai una alternativa, allora sei quello del no a prescindere), per evitare di entrare nel merito dei problemi e contestare i progetti alla base. Se il privato ha progetti privati, di lucro privato, di interesse privato, di speculazione privata, aventi ad oggetto beni che toccano la sfera del pubblico, allora è lui a dover convincere i cittadini che ci guadagnano qualcosa anche loro e che ne vale la pena. Non loro, a doversi battere e battere e battere contro privato e amministratori coalizzati, e trovare qualcosa per impedire lo scempio, qualche cavillo, qualche appiglio, a doversi arrabattare a trovare soluzioni di compromesso, migliorie disperate su qualche porcheria, o alternative da proporre alla collettività. No. Rovesciamo la prospettiva, e rivendichiamo il nostro diritto di fondo, che la politica si è già mangiato da un pezzo. E’ ora di finirla, ora di parlar chiaro. Non siamo dei condannati, a cui si chiede magnanimamente di scegliere come vogliono essere terminati. Siamo cittadini che hanno tutto il diritto di pretendere, da chi li amministra su loro mandato e incarico, il meglio per loro, il meglio per la collettività. E non sempre e solo un occhio di riguardo agli interessi di pochi, leciti o no che siano. Lecito comunque non vuol dire per forza giusto od opportuno, ci avvisano gli autori del Partito del Cemento. Ex cantiere Solimano visto dall’alto L’equivoco di fondo lo si ha, per esempio, quando si inaugura in pompa magna piazza De Andrè. (Che già la scelta del nome è un insulto alla memoria… ma lasciamo stare). Una piazza che è solo una desolazione spelacchiata fra vuoti e freddi e inutili palazzi privati, speculazione privata, lucro privato, interessi privati. Cosa c’è da inaugurare? Non è un’opera pubblica tanto attesa, non è un miglioramento della città, anzi il contrario: un nuovo quartiere che scempia il precedente, per il quale saranno necessari servizi in più, dalla raccolta rifiuti alle fognature agli allacci. E chi li paga, questi servizi in più? Indovinate. E in cosa saranno rapidamente sperperati i tanto decantati ( e sempre riparametrati al ribasso in corso d’opera) oneri di urbanizzazione? Indovinate. Questo è un esempio, che vale per il passato, ma varrà anche per il futuro Crescent 2 che vorrebbero assurdamente propinarci, quando la crisi sempre meno giustifica queste operazioni. Cosa accade, con la crisi? Che si riflette un attimo, si cambia rotta, se ne approfitta per inventarsi e impostare un nuovo modello? Macché. Con la crisi, paradossalmente, i privati, essendo in possesso del bene (il terreno acquistato, i diritti a costruire riconosciuti o quasi), si permettono di essere riluttanti, attendisti. E di alzare il prezzo, addirittura. Lo scempio non è abbastanza redditizio, voglio il superscempio. E darti meno in cambio. Inaugurazione della piazza De Andrè L’equivoco di fondo, ancora, è stato perpetrato con gli incontri relativi al piano casa, di fronte a cittadini sgomenti e allibiti. In un completamente frainteso concetto di progettazione partecipata. La narrazione era: ci sono questi progetti, non possiamo farci niente, la legge glieli consente. Ma permettiamo ai cittadini di chiedere compensazioni, di dare suggerimenti. E cosa volete suggerire, compensare? I cittadini non vogliono che si devasti il loro ambiente, il loro quartiere, la loro borgata, la campagna o il lungomare con progetti atroci e discutibili permessi da una legge oscena. (I cui estensori a livello regionale oggi sarebbero coinvolti in questioni di fondi allegri, profumi e mutandine. Tanto per dire la serietà). Vorrebbero che li si difendesse con le unghie e con i denti. Che si difendesse la qualità della vita e quel che ancora si può evitare di rovinare del tutto. Non facciamoci ingannare neppure dall’altro alibi tanto strombazzato, altro equivoco di fondo quando si rinfaccia il consumo di territorio. Ma noi costruiamo sul costruito! A parte che c’è sempre da aggiungere un “tranne”. Tranne la Romana, tranne Riborgo, tranne Valloria bassa, tranne i box del Seminario, tranne Legino, dove si cancellano con equanimità magnifici orti, antiche creuze e preziose ville romane, tranne la palazzina Arte accanto a via Vittime di Brescia che si sta mangiando alcune splendide fasce (ma quella è edilizia popolare! E ristrutturare no?) eccetera. Via Vittime di Brescia – Cantiere per costruire case popolari Poi, comunque, costruire sul costruito non comprende un grattacielo sulla cuccia di un cane. Il territorio non si salva solo evitando di mangiarsi terreno vergine, che poi sarebbe il minimo, ma proprio il minimo minimo sindacale, di rispetto necessario. Il territorio si salvaguarda con attenzione agli equilibri idrogeologici, alla qualità urbanistica e architettonica, alla vivibilità e i servizi dei quartieri, ai diritti degli abitanti, al rapporto con strade, verde pubblico e spazi comuni fruibili. Il non consumo di territorio può implicare addirittura (e magari cambiassero un po’ le leggi), demolire per poi costruire meno. Si deve tornare a partire dal principio di pianificazione di permettere di costruire quel che serve e quando serve, siano box, residenziale o capannoni. Non costruire al massimo e poi vedere come va, a costo di devastare con scheletri di cemento. Come a Lavagnola di fronte all’ex centrale. Allora, premesso tutto questo, parliamo, in chiusura, del progetto Solimano. Qua non ci siamo proprio, e i cittadini stanno per essere presi per il naso un’altra volta. I nostri amministratori, forse rivelando intelligenza maggiore rispetto al passato, forse perché i tempi sono cambiati, c’è risveglio e non tutto passa liscio liscio, strombazzano incontri pubblici sulle idee dei cittadini sbandierando la passeggiata a mare. Ex Centrale dell’Enel a Lavagnola Il costruttore, magnanimamente (e per me, anche qui, sarebbe il minimo minimo) paga una sorta di sondaggio fra cittadini e associazioni per avere idee. Sempre con estrema magnanimità (e siamo sempre dalle parti dei minimi), finanzierà gli incontri pubblici. Quale lo scopo di tutto questo? Mangiarsi poco alla volta le resistenze, ammorbidire gli ostili e i potenziali bastoni fra le ruote, a quello che si intuisce come il padre e la madre di tutti gli scempi sul lungomare. Prima ci si è provato con la storia delle diminuzioni di volume compensative, in altri luoghi dove nessuno per il momento si sogna di costruire. Ma non è andata. Ora ci si riprova con gli incontri. Allora, cosa direi io? Caro costruttore, tu hai avuto la grazia divina di poter disporre di preziosissimo terreno edificato ed edificabile a filo di battigia. Una rarità, un bene inestimabile, specie di questi tempi che ce n’è sempre meno. Ben 3500 metri cubi di volume che un PUC fin troppo largheggiante già ti concede. Hai avuto anche un altro regalo per invogliarti: l’ Autorità Portuale, a spese pubbliche, ha realizzato quel che, pur di beneficio per la cittadinanza, nessuno si era mai sognato di fare quando erano semplici cittadini a chiederlo: la demolizione del bunker e il ripristino della spiaggia. Un regalino da 350000 euro che ti spiana la strada. In un Paese civile, ora sarebbe più che doveroso far partire COMUNQUE incontri di progettazione partecipata, e SENZA chiedere compensi e aumenti di volume, addirittura il DOPPIO, scendendo dal TRIPLO. Altrimenti, almeno il mio parere personale di singola cittadina è: lasciamo stare. Non condivido il concetto della nostra Giunta, per esempio riguardo ai fondi POR, che si ottengono e poi non si sa mai come spendere, perché i progetti raffazzonati falliscono: spendiamoli comunque, è un peccato perderli. Come le piste ciclabili nel nulla, come la passeggiata aerea sul Priamar, o la discutibile passeggiata Fornaci con la passerella aerea e il legno fradicio e il metallo corroso e gli scoglietti (e qui chiamo in causa, per par condicio, il sindaco Gervasio). Passeggiata delle Fornaci Possiamo scomodare architetti, misteriosi concorsi di idee di ferragosto, avveniristiche elaborazioni, ma la realtà poi sarà quel che è e che è sempre stata: particolari minimi, posticci e pasticciati e postumi a fronte di un danno macroscopico e irreversibile. No, grazie. Il solito verde striminzito, i soliti progetti un po’ faraonici e un po’ contorti, una passeggiata e una pista ciclabile che ricorrano a soluzioni grottesche, addirittura l’offesa clamorosa ai fornacini, mangiarsi, in nome di questa opera discutibile e dei probabili lucrosi fondi da abbinare, baracche e giardino storico della S.M.S. Serenella, la risposta non può che essere: ma anche no. Piuttosto lasciamo stare. La passeggiata, se per ora non ci sta, non la facciamo. Il privato, se non è contento, non costruisca. Ma mantenga in sicurezza i beni che possiede come la legge vorrebbe e come non si realizza nella prassi, giusto per evitare quell’altro storico alibi, quello del degrado che precede le riqualificazioni. E prendiamoci un po’ di pausa finché qualcosa o qualcuno, uno spirito infuso, una illuminazione divina, o semplicemente tempi migliori, suggeriranno qualcosa di meglio e più di buon senso. Soprattutto, basta essere accattoni dei nostri stessi diritti. Cominciamo a essere consapevoli e a rivendicarli con più forza. Milena Debenedetti consigliera Movimento 5 stelle
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