Politici e critiche: la nuova sindrome dell’allergia democratica
Politici e critiche: la nuova sindrome dell’allergia democratica
Dal “caso Bucci” ai querelanti seriali: quando la democrazia infastidisce e la satira fa paura
In Italia, culla della libertà d’espressione — a patto che nessuno si azzardi ad esprimere un’opinione — criticare un politico è diventato un atto di temerarietà. Non che si rischi l’esilio, per carità, ma una bella querela o un post indignato sono sempre dietro l’angolo.
Ultimo caso, in ordine di nervosismo, quello del presidente della regione Marco Bucci. Anziché replicare con argomenti a un articolo del Secolo XIX, ha scelto la via più populista: attaccare chi fa domande, insinuare, delegittimare. Una tecnica che conosciamo bene: scredita chi pone il problema, così nessuno si ricorda più quale fosse il problema.
Ma se i riflettori nazionali illuminano gli sgarbi provenienti dalla regione Liguria , nel sottobosco locale fiorisce una fauna variegata di politici permalosi. Lì, lontano dai talk show, si combatte la vera guerra contro la critica. Non con i contenuti, ma con i sotterfugi. C’è chi, punto nel vivo da un post ironico o da una battuta troppo brillante, non si abbassa a replicare: preferisce mandare un emissario. Non un portavoce, troppo professionale. Nemmeno un segretario, troppo impegnativo. No, arriva “l’amico fidato”, l’esperto in messaggi di terza mano, quello che parla “a nome di” ma senza assumersene la responsabilità. È il ghost writer della polemica, il paladino dell’ambiguità.

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E poi ci sono loro, i veri maratoneti del vittimismo istituzionale: i querelanti seriali. Critichi un piano urbanistico? Querele. Ti permetti di osservare che un assessore è più bravo a farsi selfie che a pulire le strade? Querele. Anche se si tratta di opinioni legittime, basate su fatti verificabili, la strategia è sempre la stessa: zittire con l’intimidazione. I tribunali, nel frattempo, diventano l’anticamera dell’ego politico.
Non manca, infine, la categoria più ipocrita: quella dei leoni da tastiera in incognito. Politici educatissimi in pubblico e velenosi in privato. Scrivono messaggi pieni di insulti nelle chat, poi, quando si rendono conto di aver superato il limite, cancellano tutto in un lampo. Salvo rifarlo il giorno dopo. Un gioco infantile che ormai è diventato sport: lo “sparo e scappo”.
Il vero nodo non è la libertà d’espressione. È la tolleranza al dissenso, che in molti amministratori è pari a quella di un mocassino al contatto con la pioggia. Ogni critica è vista come un attacco personale, ogni battuta come lesa maestà. L’autocritica? Una bestemmia. L’ironia? Un attentato.
Eppure, caro politico suscettibile, se non sopporti una satira, un commento, una domanda scomoda… forse è il mestiere che hai sbagliato. C’è sempre il mimo. Nessuno ti parla, nessuno ti contesta. E finalmente, almeno una volta, il silenzio sarà davvero d’oro.