Poco calcio [Il Flessibile]

Sono andato, per la prima volta in questo millennio, allo stadio.
Per assistere ad una partita di serie A.
Il calcio di serie A: lo ricordavo diverso, trame offensive e difensive, momenti di attesa e improvvise accelerazioni, talvolta lampi di genio e gesti di tecnica individuale sopraffina, poche simulazioni e voglia di resistere al contatto con l’avversario.
Ecco, così lo ricordavo e oggi così non è più.
Andiamo per ordine.

Domenica 1° settembre 2024
Allianz Stadium di Torino
Juventus – Roma
Il primo impatto è suggestivo.
Mio papà, con me in questa avventura, resta esterrefatto, lui che di calcio ne ha masticato tanto da ragazzo e da tifoso.
Mancano due ore all’inizio del match ma il tempo passa velocemente; un turbinìo di luci colorate e musica a palla accompagnano i soliti cori (quelli sono rimasti tali e quali) delle curve contrapposte.
Gli spazi dello stadio sono ampi e accoglienti, ci rechiamo in uno dei bar interni e sgranocchiamo un hamburger gustoso e giusto a smorzare i morsi della fame per i novanta minuti di buon calcio.

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Niente da fare, vana illusione quella di assistere ad uno spettacolo sportivo.
Lo spettacolo c’è ma si ferma alle luci colorate, alla musica a palla delle due dj Polly e Pamy, ai cori dei tifosi, alla presentazione coreografica degli undici eroi bianconeri, al fischio d’inizio.
Dopodiché, poco calcio.
Non è il risultato a reti bianche.
Nella storia ricordo degli zero a zero emozionanti e ricchi di azioni sottoporta.
Dal vivo ho visto Michel Platini al limite dell’area avversaria dribblare due difensori e sparare a rete.
Ho visto Zbigniew Boniek scorrazzare instancabile sulla fascia e saltare gli avversari.
Ho visto Claudio Gentile bloccare, con durezza ma pulito, la punta di turno.
Ho visto Gaetano Scirea prendere la palla, alzare lo sguardo e lanciare lungo.
Ho visto Antonio Cabrini guadagnare la linea di fondo e crossare per la testa di Roberto Bettega.
Ho visto Dino Zoff volare con le braccia aperte e le mani grandi.
Ho visto Paolo Rossi girarsi rapido e calciare a rete.
Ho visto addirittura Pierino Prati fare le ultime reti in carriera allo stadio Bacigalupo di Savona, rialzandosi senza mugugnare al contrasto rude col terzino.
Ho visto questo calcio vero e molto altro.

In auto, durante il viaggio di ritorno mio padre non nasconde la sua delusione.
Commentiamo la partita e cerchiamo di trovare i lati positivi di questo calcio.
Senza trovarli.
“Magari – dico io – dobbiamo venire un’altra volta per capire meglio…”
Lui nicchia.
Lo capisco, è come andare ad un concerto pagando un biglietto e ascoltare poca musica. Quanti lo rifarebbero?
Lasciamo aperto uno spiraglio: è possibile che non abbiamo capito la musica e dunque occorra riprovare.

Dario B. Caruso da Corriere AL

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