Pignocca e le ostriche

Quel sindaco che continua a pascersi …
LA DIGA DELLE OSTRICHE
Storia di una ‘soffolta’ in attesa di risultati

Quel sindaco che continua a pascersi …
LA DIGA DELLE OSTRICHE
Storia di una ‘soffolta’ in attesa di risultati
Alfredo Cottrau
Alfredo Cottrau  (leggasi: Cottrò-origine alsaziana) fu un ingegnere italiano (Napoli 26/12/1839- 1898) tra i maggiori quale progettista di strutture in ferro, nell’ambito delle costruzioni ferroviarie.
Tecnico di fama internazionale (progettò ponti e stazioni per le ferrovie russe tra Pietroburgo e Varsavia), famoso in Italia per le grandi opere come il ponte sul Po a Mezzanacorti: struttura lunga 824 metri, composta da  dieci campate su piloni eseguiti con tecnica alquanto innovativa.

Costruì ben “2400 ponti di tutte le dimensioni e dei più svariati tipi”, come annota egli stesso  nell’opuscolo “Può gettarsi un ponte sullo stretto di Messina ?”, edito a cura del Monitore delle strade ferrate- Torino 1883.

         Orbene, in detto opuscolo, intervenendo sulla discussione in atto  circa il progetto per il  passaggio dello stretto di Messina  a mezzo di un ponte metallico redatto dall’Ing. Giambastiani, col concorso degli ingegneri Biadego e Pennacchio, egli ricorda che, nella sua giovine età, nel 1866, richiesto dal senatore Jacini, allora Ministro dei lavori pubblici, di un progetto di ponte metallico sullo stretto di Messina, con luci di 600 a 800 metri,  dichiarò “di doversi ritenere pressoché impossibile l’esecuzione di  quel grandioso manufatto…unicamente perché nello stretto di Messina vi sono tali profondità di acqua e correnti così impetuose, da rendere quasi materialmente impossibile – a meno di spese colossali e favolose- la costruzione dei piloni o sostegni dell’impalcatura”.

         Però nella sua Memoria accennò a due idee “le quali, anche al giorno d’oggi, non trovo del tutto assurde. La prima consisteva nel far poggiare le pile metalliche su grossi galleggianti in lamiera d’acciaio, a forma di pesce piatto (come le tinche)…

La seconda idea poi (sembrerà uno scherzo) era quella d’impiantare nel Canale, e su vastissima scala, la coltivazione delle ostriche, e di attivarla in modo da ottenere, dopo 30, 50 ed anche più anni, una diga attraverso allo Stretto, dal Continente cioè alla Sicilia, mantenendola però abbastanza sommersa, da non impedire la navigazione in dati punti”.

         Orbene, a parte la curiosità storica e la constatazione che il Ponte sullo stretto di Messina costituisce una antica fissa dei nostri governanti e dei nostri tecnici più illustri, ci ha entusiasmato l’idea  della diga costituita dalla vasta coltivazione di ostriche che, nel giro di 30 anni, come minimo, potrebbe costituire un passaggio naturale dello Stretto, anche se il  nostro non approfondisce la natura e l’impatto delle opere connesse per l’effettuazione del passo con treni e carri.

Luigi Pignocca

Noi qui a Loano abbiamo una vecchia esperienza di “dighe”. A cominciare da quella antistante la stazione ferroviaria, al riparo della quale si è formato un laghetto di mare sempre calmo, meta costante della nostra prima infanzia, fino alla diga foranea del  porticciolo, per giungere alla diga soffolta che, ha avuto la funzione, alzandosi fino ad un metro al di sotto della superficie marina, di consentire un cospicuo ripascimento del nostro smunto arenile. Però ad una diga  di ostriche non ci abbiamo mai pensato .

Eppure, se invece dei  pessimi materiali che continuano a lasciare varchi e infestano di pietrame dalla dubbia origine lo spazio tra la sede della diga soffolta e la battigia, rendendo tutto il braccio di mare dinanzi al centro storico pressoché inagibile ai nuotatori( vedasi Bellamigo “L’Insaputa” 12/2/2012), avessimo, in parallelo alla costa, una compatta  barriera di ostriche,  le azioni turistiche della nostra città salirebbero alle stelle.

         Ma, diranno i miei quattro lettori, e i tempi?  E’ vero il grande Cottrau valutava un minimo di trenta anni perché si formasse la diga sulla base della coltivazione delle ostriche, e però: a) le dimensioni e la lunghezza a noi occorrenti sono molto inferiori a quelle dello stretto di Messina; b) gli attuali mezzi di coltivazione sono molto progrediti.

         In base a tali elementi, abbiamo calcolato scientificamente che, iniziando subito, potremmo già avere raggiunto le dimensioni volute per la realizzazione della  diga soffolta di ostriche in cinque anni.  Cosa volete che siano cinque anni  rispetto ai tempi consueti per le grandi opere  delle nostre amministrazioni? nulla.

         Il progetto esecutivo, al quale potremmo, se gentilmente richiesti, collaborare gratuitamente (!!), deve prevedere la posa di una prima couche  subito a valle dell’attuale sinistrata diga, in modo da colmare gli anfratti ed avere, nel contempo, il residuato della vecchia jetée come difesa.

 (Scusate il francese, ma occorre abituarci perché i grandi coltivatori e consumatori di ostriche sono, appunto, i francesi, ed avremo  bisogno di loro per raggiungere le bout.)

Tra la prima couche e la battigia è necessario draguer le fond  per la ripulitura da tutta la saleté accumulata in questi anni di decostruzione della diga soffolta da parte del flusso marino.

Attecchita che ben sia la prima couche,  alla stessa ne saranno sovrapposte altre fino a raggiungere l’altezza di un metro dalla superficie costante del mare, in modo da realizzare una vera e non mobile compattezza della diga.

Ma, diranno i nostri lettori buongustai (lo sono tutti, per vero) le ostriche sono un piatto formidabile della cucina transalpina e anche noi ne siamo ghiotti; non avverrà che la diga sia continuamente depredata della sua consistenza?

Credevate che non ci avessimo pensato?

Prima di tutto si provvederà alla specializzazione di alcuni guardiacosta che  avranno il compito di una sorveglianza spietata . E però, non volendo deprivare che se lo merita del gustoso mollusco, les huītres diverranno a Loano un piatto caratteristico, gli stessi francesi verranno qui per degustarle. Si farà così: brevi tratti della nuova diga saranno rinfoltiti da alcune couches  supplementari , coltivate proprio per il consumo e che potranno essere gestite da pescatori debitamente autorizzati dal Comune i quali preleveranno quantità ridotte e le porranno in commercio, a prezzo concordato con l’Assessorato al Turismo.

         Ma non solo, due o tre siti della diga saranno particolarmente curati da specialisti che introdurranno in un certo numero di ostriche dei piccolissimi residui di materiale organico. Le ostriche così trattate produrranno una perla speciale, dall’aspetto asimmetrico,  molto richiesta dalle migliori bigiotterie, la cosiddetta Scaramazza, che sarebbe come dire “impazzita”.

Nel giro di pochi anni dunque potremo conseguire i seguenti risultati:

una diga soffolta stabile ;

uno spazio tra la diga e la battigia completamente libero da detriti e idoneo all’utilizzo natatorio;

un prodotto tipico per la degustazione che renderà famosissimi i nostri ristoranti anche in sede internazionale;

un mercato di alta bigiotteria del tutto originale, con vasta rinomanza turistica.

            Dicono che il nostro Sindaco Luigi Pignocca, a tali proposte, abbia scosso la testa desolato, mentre continuava a pascersi di ostriche sulla  Costa Azzurra.

 

                                                                           BELLAMIGO

18 marzo 2012

 

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