Piccole e grandi illegalità “legalizzate” dal buonismo catto-comunista

E’ arrivato l’autunno e i lunghi week-end che trascorro nella vecchia casa, che da cinque generazioni appartiene alla mia famiglia, in un paesino dell’alto Monferrato, volgono al termine e, con il profumo del mosto delle cantine e del fumo dei camini,  mi godo gli ultimi giorni di pace e tranquillità fuori dal rumore di Savona, dove le sirene delle autoambulanze e il rumore assordante  dei motorini truccati e tollerati dalle autorità – per cui “legalizzati” – penetrano nei timpani e creano uno stress insopportabile, specialmente agli anziani.

Nel mio paesino invece, si sente a malapena il tocco felpato e piacevole delle campane della parrocchia. La pulizia e la bellezza delle vecchie case, abbellite  con vasi  di fiori ovunque, mi fanno tornare in mente  i giorni della mia infanzia, quando venivo in campagna dai nonni e trascorrevo le vacanze in un ambiente semplice ma sano, quando non esisteva la droga, non esisteva la delinquenza e gli unici problemi erano legati alle semplici furbizie, come aver tagliato un albero nel bosco sul confine della proprietà altrui, della qual cosa se ne parlava nel bar per giorni e giorni.

Il silenzio e la visione del verde della campagna che volge al giallo e dei filari della vigna, le cui foglie cominciano a cambiare di colore come un caleidoscopio naturale, mi inducono a rimestare nei miei pensieri alla ricerca di ricordi, ma mi pongono anche delle amare riflessioni.

In fondo la vita in questi Paesi di campagna non è cambiata di molto dal punto di vista dell’ambiente e della vivibilità, anzi direi che è migliorata. Infatti v’è da dire che mentre tutte le modernità che la tecnologia ha apportato alla società attuale in città hanno avuto come contropartita un peggioramento dell’ambiente, nei piccoli paesi di campagna con le comodità moderne e con la più agiata situazione economica degli abitanti lo standard di vita di chi vi abita è nettamente migliorato rispetto alla città, in considerazione anche del fatto che la mobilità da paese a città spesso è migliore di quella da periferia a centro città, per cui tutte le attività culturali e i servizi  della città possono essere facilmente fruiti anche di chi vive in paese.

I vantaggi appena elencati fanno sì che i nostri paesini attirino anche un’immigrazione sana e regolare dal Nord Europa, la quale vi trova un ambiente sociale sereno e un costo della vita molto più basso rispetto alle città svizzere o olandesi, per cui un bel numero di europei del Nord continuano a stabilirsi in questi luoghi, ristrutturandone le vecchie cascine e portando economia al territorio e presidio alle colline e, pur conservando la loro riservatezza, sono stati ben accolti e hanno saputo integrarsi a meraviglia nel tessuto sociale locale.

In questo brutto momento dovuto alla pandemia, osservando il comportamento degli abitanti del mio paesello immerso nel verde si rileva che il distanziamento sociale e l’uso delle mascherine funzionano perfettamente: è un dato di fatto che nei piccoli paesi quelle illegalità “legalizzate” delle città difficilmente esistono. Tanto per dire, in paese non vi sono mendicanti, non vi sono biciclette che viaggiano sui marciapiedi né vi sono rifiuti abbandonati sulla strada, non vi sono mai assembramenti e, guarda un po’, i casi di Covid-19 sono pari a zero. Qui la vita di sempre non è cambiata più di tanto rispetto al passato, rimanendo caratterizzata dall’attaccamento ai valori che danno senso alla propria esistenza, innanzitutto con il rispetto delle regole, a partire dalle più antiche fino a quelle dei giorni nostri, poiché per il momento qui la sana cultura contadina non è stata annacquata dai “forestieri”.

Se fino a qualche decina di anni fa la differenza fra paese e città non era molto significativa, oggi invece si evidenzia notevolmente per effetto di due fattori fondamentali, che poi sono causa ed effetto, e cioè il grande aumento della densità e della diversità demografica delle città e la conseguente escalation dell’illegalità, tollerata ormai da così tanto tempo da diventare di fatto “illegalità legalizzata”.

Nei piccoli paesi, dove non vi è stata immigrazione ma, al contrario, emigrazione verso le città, gli autoctoni  vivono le stesse abitudini nelle quali sono nati, con la loro cultura tradizionale  millenaria,  con il rispetto delle consuetudini e delle tradizioni, con l’attaccamento al territorio e con la responsabilità della sua conservazione; inoltre  una densità abitativa più bassa rispetto a quella di un tempo e uno spazio a disposizione per abitante maggiore, garantiscono una qualità di vita migliore alla popolazione locale rispetto a quella delle  vecchie generazioni. Ciò dimostra che la ricchezza dei comuni cittadini, ai giorni nostri, non deriva necessariamente da uno sviluppo economico che richiami mano d’opera come “esercito di riserva” (Marx) ma da un più intelligente sfruttamento delle risorse attraverso le tecnologie moderne.

Nei piccoli paesi gli assembramenti di nulla facenti (la moderna massa di riserva di Marx) in attesa di “lavoro” e i gruppetti che ciondolano per le strade, non troverebbero possibilità di esistere per mancanza di humus di sopravvivenza: chi non trova lavoro sul posto per mantenersi e dare un contributo all’economia locale, in special modo nei periodi invernali, non avrebbe possibilità di mangiare.

Al contrario, nelle città le organizzazioni “umanitarie”, pagate sotto varie forme dal contribuente, con la motivazione della solidarietà, non solo mantengono se stesse, ma, in attesa di un “lavoro” che difficilmente arriverà, mantengono questi immigrati economici a fare nulla, incoraggiando così l’arrivo di nuovi emigranti economici ovvero clandestini, destinati ad essere anch’essi nulla facenti a carico del contribuente italiano,  come se le risorse economiche fossero infinite e il contribuente italiano non avesse già sufficienti concittadini a cui provvedere.

Da tempo ormai, una politica dell’immigrazione scellerata crea solo degrado e attira malaffare, quel tipo di malaffare che sta cambiando in peggio il volto reale e sociale delle città che diventano sempre più invivibili, spingendo sempre di più gli autoctoni a diventare prigionieri in casa propria.

Le piccole città come Savona, che se paragonate alle città più grandi al momento hanno meno problemi, stanno subendo l’attuazione del progetto che, per le sinistre è stato sempre il cavallo di battaglia e cioè “l’accoglienza diffusa”. Difatti , man mano che gli sbarchi aumentano, senza tanto clamore, zitti zitti, i Prefetti stanno distribuendo in ogni città i nuovi arrivati e la densità e l’eterogeneità demografica stanno lentamente ma inesorabilmente aumentando anche nelle medie città, per cui non passeranno molti anni che anche i nostri quartieri diventeranno ghetti invalicabili, come già avviene nelle città metropolitane di tutto il mondo,  dove la polizia non può entrare se non con l’autorizzazione del capo delle varie gang multi etniche o dell’Imam locale.

Con i continui sbarchi e con le frontiere dei Paesi confinanti sempre più sigillate è inevitabile che negli anni l’intero nostro Paese sarà  sommerso da una fiumana umana che si riverserà su tutto il territorio, inclusi quei piccoli paesi che al momento vivono ancora la loro vita felice ma che sono destinati a diventare sempre più simili alle periferie delle città metropolitane, dove le persone anziane non possono andare all’ospedale per paura di trovare al ritorno la loro casa occupata e non poterci più rientrare. Si può bene immaginare allora la fine che faranno tutte le seconde case, che spesso sono abitate dai proprietari solo temporaneamente in certi periodi durante l’anno.

A tal proposito in Francia certi Giudici cominciano a distinguere le occupazioni delle prime casa da quelle delle seconde case, di fatto legalizzando l’illegalità dell’occupazione delle seconde case da parte di chi non ne possiede  nessuna, in nome di una presunta umanità (solo perché siamo tutti esseri umani!), attentando  alla sacralità della proprietà privata, principio cardine su cui si fondano le democrazie e le economie occidentali e unico stimolo e condizione essenziale per lo sviluppo economico.

Man mano che il tempo passa e gli sbarchi aumentano, la densità demografica aumenterà e il tessuto sociale sarà sempre più eterogeneo e sempre meno coeso, facendo dilagare l’illegalità, che sarà sempre più tollerata e più difficile da contrastare per mancanza di mezzi idonei, il tutto  purtroppo con la complicità dell’apatia e del conformarsi, se non del sottomettersi, alle nuove situazioni da parte degli autoctoni, con la triste conseguenza di portare anche nelle odierne oasi ancora tranquille dei piccoli paesi, illegalità e disordine dopo secoli di vita semplice ma serena.

Purtroppo quando l’acqua entra in casa dalla cucina e man mano si propaga per le altre stanze, prima o poi arriva anche in salotto e se quelli che lo abitano pensano che l’acqua non li raggiungerà si sbagliano clamorosamente, in quanto sarà inevitabile che prima o poi il problema sommergerà anche loro. Per fortuna noi anziani di oggi non ci saremo più, ma purtroppo, al contrario dei nostri avi, avremo il rammarico di aver lasciato ai nostri nipoti un mondo decisamente peggiore di quello che abbiamo ereditato.

    SILVIO ROSSI  Consigliere Comunale  “SAVONA CAPOLUOGO”

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