Perché la cultura comunista ha ucciso il comunismo e salvato il capitalismo?

Il mondo della cultura ha sempre indotto l’Umanità a fidarsi della funzione benefica della politica, se indirizzata guidata e corretta filosoficamente.

Platone diceva: “per il bene degli Stati sarebbe necessario che i filosofi fossero re o che i re fossero filosofi.

Solo Karl Marx e Friederich Engels, dopo 22 secoli di inutili aspettative, incominciarono a sospettare che forse il bene era meglio farlo “sorgere” dal basso, dal lavoro dei proletari ignoranti; posto che la pioggia di “bene” dall’alto del sapere umano, non ha mai fermato il diluvio di “male” che si abbatte regolarmente sull’umanità a colpi di sfruttamento, schiavizzazione, povertà, malattia, guerra, stupidità, pazzia, e ora, per buona misura abbiamo anche abbondanza di sconvolgimenti climatici assassini.
Ma il mezzo mondo che sposò la filosofia marxista del bene proletario “sorgivo”, abolendo la proprietà privata scoraggiò a tal punto la produttività, che insieme al “bene” piovoso di Platone aborti  pure il “bene” sorgivo di Marx.
Però l’occidente capitalista non rimase a guardare, ridusse lo sfruttamento del proletariato e incentivò l’istruzione; così i meno sfruttati e i più capaci, a colpi di lauree e master incominciarono a sottrarsi alla dittatura della povertà, e ora sono tanto numerosi, preparati e determinati da condizionare o insidiare persino il potere dei politici e quello dei padroni..

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Il capitalismo economico, da unico sfruttatore dell’umanità, rischia di finire sfruttato dai nuovi “capitalisti del sapere”: intellettuali e scienziati; che considerano “proprietà personale”, il sapere che hanno nel cervello, invece di considerarlo con religioso rispetto “PATRIMONIO DELL’UMANITÀ. 

Perché è la selezione plurimillenaria del miglior pensiero e della migliore azione umana di miliardi di pensatori da quando l’uomo aveva la coda: e in quanto patrimonio di tutti andrebbe usato per il “bene” di tutti, non per lo sfruttamento di tutti e l’arriccimento di pochi. O peggio per tenere in guerra il mondo comunista col mondo capitalista.
Marx vide primo e vide giusto, individuando la proprietà come tumore di tutte le disuguaglianze, peccato che non fece in tempo a vedere la barbarie  del capitalismo intellettuale in competizione, complicità o correità col già famelico capitalismo economico.
I veri intellettuali, a cominciare da Socrate, hanno sempre saputo di essere “UMILI CUSTODI TEMPORANEI DEL SAPERE, PATRIMONIO DELL’UMANITÀ“, a cui ciascuno aggiunge il granello insignificante, anzi risibile, della propria presunta verità.
Nella guerra del libero mercato, chi si sente insindacabile proprietario di ciò che sa, è indotto (e a volte anche costretto) a competere, a difendere con le unghie e con i denti il proprio “capitale” e a farlo fruttare, per non tornare nella povertà e nello sfruttamento da cui fugge.
Abolire la proprietà delle cose come voleva Karl Marx, si è rivelata una scelta teoricamente oculata, ma tardiva, parziale e perciò perdente.
Ora a farla da padrone è il dilagante capitalismo intellettuale planetario con le sue armi micidiali: il sapere umanistico e scientifico elefantiaco e inarrestabile, che opera su due fronti: istruzione e informazione.
Oggi chi potrebbe fermare l’intelligenza artificiale se risultasse più dannosa dell’intelligenza naturale che già tende di suo al crimine o all’autolesionismo?
Da un secolo, sul tavolo verde dell’istruzione, la politica mondiale scommette pure le mutande, con la certezza che armati di sapere, noi umani ignoranti cì saremmo convertiti quasi per forza d’inerzia, in uomini onesti, saggi, produttivi, cooperativi, solidali, contributivi e soprattutto capaci di autogovernarci.

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Ma da questa mutazione culturale indotta quasi “a mano armata”, salvo pregevoli eccezioni, l’umanità ne è uscita come peggio non si può.
Dopo aver moltiplicato e reso sempre più povera, muta e impotente la classe sociale dei poveri, deboli, malati, indifesi e ignoranti; per accumulare profitti o conservare potere, le due razze di “capitalisti” predatori si stanno sbranando persino tra consanguinei, (vedi Ucraina e Palestina) e si lasciano dietro una scia di vittime innocenti, di catastrofi ambientali e di politici impotenti, condannati a fingere di perseguire la pace minacciando persino la guerra atomica.

Ahinoi, la “siccità di bene” persiste; il diritto alla dignità e alla vita per i poveri del mondo non sorge dagli ignoranti e non piove dai “sapienti”.
La competizione o la complicità tra potenti rapaci o disonesti, disarma gli onesti di tutte le razze: lavoratori, piccoli imprenditori, intellettuali, professionisti e politici liberi, che non si rassegnano a rinunciare alla propria umanità e intelligenza, vivendo di abusi e sopraffazioni.
Rassegniamoci. La chiave per capire qualcosa ce l’ha fornita solo Immanuel Kant con queste inequivocabili parole:
non c’è virtù così grande che possa essere al sicuro dalla tentazione”.
 
Salviamo pure qualche eccezione; ma in linea di massima noi “ONESTI” siamo tali perché ancora nessuno ci ha indotti a scivolare o a cadere in “tentazione”, come la buonanima di nostra madre fregata dal serpente e sfrattata dal Padreterno.

Franco Luceri da il rebus della cultura

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