Per un’etica laica

PER UN’ETICA LAICA

PER UN’ETICA LAICA

Tra i contributi al dibattito sulla laicità costitutiva di uno Stato definito liberaldemocratico, e anche “di diritto” e sui suoi rapporti con  la Chiesa  cattolica e con  altre confessioni o altri credi religiosi, alle quali e  ai quali l’ordinamento giuridico e costituzionale vigente  è tenuto a garantire libertà di culto e di espressione, secondo il dettato dell’ Art. 3 della Costituzione italiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali…”, spicca per chiarezza il breve saggio di Gian Enrico Rusconi  Non abusare di  Dio,  il cui titolo richiama il secondo comandamento: non nominare  il nome di Dio invano.. Il libro, edito da Rizzoli nel 2007, reca come sottotitolo Per un’etica laica, dichiarando quindi fin dalla prima di copertina la sua tesi di fondo. Ma che cosa significa “etica laica”? Ci possono forse essere etiche non laiche? E, tra queste, può essercene una superiore a tutte le altre e, quindi, da preferire o, addirittura, da imporre “per legge” a tutte le altre? Possiamo scegliere tra le diverse etiche come scegliamo un prodotto, o un bene di consumo o una merce qualunque al supermercato? E che rapporto c’è tra un’etica (pubblica o privata) e gli ordinamenti giuridici vigenti in un determinato Paese? Che rapporto c’è tra l’etica e la democrazia? E tra l’etica e la religione? Come si vede sono domande che riguardano la nostra vita pubblica e privata, le ragioni stesse e le basi su cui si regge una società, un vivere o un convivere di soggetti singoli o collettivi diversi in uno stesso spazio geopolitico, in uno stesso Stato, e, ormai possiamo dire – per merito (o per colpa) della globalizzazione – in uno stesso mondo. Almeno sulla carta geografica.


Rusconi cerca di fare chiarezza tra tutti questi concetti: anzitutto va chiarito l’equivoco terminologico laico = non credente, infatti si può benissimo essere laici e credenti, tanto che, per indicare i laici non credenti si usa, da parte dei credenti non laici, il termine “laicisti”. Come se questo equivoco non bastasse, nel dibattito pubblico “viene spesso dissimulata come discorso ‘razionale’ o ‘naturale’, dunque laico, quella che in realtà è una dottrina religiosa, storicamente e culturalmente condizionata. In questo modo è messa in discussione la sostanza della democrazia laica, che tutti a parole dicono di difendere”. Tutti? Forse è meglio restringere il campo a chi dichiara a parole il proprio credo liberaldemocratico; e tuttavia non sempre quello che si dice corrisponde a quello che si fa: quando, per esempio, nel discorso pubblico sulle biotecnologie si accusa chi non condivide le argomentazioni  bioetiche della Chiesa (intesa non come “comunità di fede” ma come istituzione temporale con le sue logiche politico-economiche tutte terrene) di coltivare una “cultura della morte” in opposizione a un “primato della vita”, si sottintende che  la morale cattolica è superiore a quella laica, e che quindi anche il potere legislativo, che in teoria dovrebbe  essere  laico, debba  tenerne conto. Qui non è in discussione, si badi, il diritto-dovere dei cattolici di osservare i principi della morale cattolica o di seguire i precetti  e le indicazioni dottrinali del Magistero; le difficoltà sorgono quando per esempio “il riferimento a Dio creatore porta a postulare nella natura ‘strutture di razionalità’ incompatibili con l’approccio scientifico”.

 

Un caso emblematico è la controversia tra creazionisti ed evoluzionisti, che trova sempre nuove occasioni per riacutizzarsi; si pensi alla conferenza  tenuta nel  2009 da una delegazione di  creazionisti biblici addirittura nei locali del CNR, invitati dall’allora vicepresidente dell’ente statale Roberto De Mattei “ottenendo anche 9.840 euro + Iva come contributo alla pubblicazione degli  Atti, un libello imbarazzante intitolato Evoluzionismo: il tramonto di una ipotesi che almeno, magra consolazione, non ha in copertina il logo del CNR” (dalla rivista online Ulisse Scienze 7, giugno 2012, articolo “Nel frattempo, in Corea…” nel quale si riferisce che nella Corea del Sud un comitato di creazionisti, che agisce sulla falsariga dei movimenti statunitensi della cosiddetta ‘Bible belt’, ha presentato nella scorsa primavera una petizione presso il Ministero dell’Istruzione, della Scienza e della Tecnologia con l’obiettivo di “rivedere” o eliminare dai programmi scolastici alcune tavole illustrative del processo evolutivo). Secondo Rusconi, quindi, un’etica che si basa in definitiva sulla rivelazione divina non può definirsi laica, dal momento che “il criterio-base della laicità consiste nella autonoma determinazione da parte dell’individuo delle norme di comportamento morale e quindi della loro istituzionalizzazione, in vista della creazione di un ethos pubblico”. E siccome viviamo in una società multiculturale, multietnica e “aperta” (secondo la definizione di Karl Popper) questo ethos pubblico dovrebbe tener conto delle etiche private e, si diceva all’inizio, anche delle fedi diverse compresenti nella medesima polis. Come sia possibile poi evitare che le etiche private confliggano con l’etica pubblica è una questione che risale all’Antigone di Sofocle e che, al di fuori delle città ideali di Platone, di Thomas More, di Campanella, di Patrizi, di Bacone, di Saint-Simon, di Owen, di Fourier e di Proudhon, non ha ancora trovato una soluzione. Nel frattempo, però, i confini della polis sono divenuti sempre più incerti e indefiniti, come incerto e indefinito è divenuto lo stesso concetto di “natura umana”: da un punto di vista laico, la natura umana è laica, mentre da un punto di vista religioso la natura umana, in quanto creata da Dio, è religiosa.

 

“Quello di ‘natura umana’, infatti, è un concetto che esprime vissuti e valori non facilmente oggettivabili. ‘Natura umana’ è un concetto valoriale, culturale, storico, sociale. Per molti versi comprende in sé lo stesso approccio scientifico che intende studiare oggettivamente il costrutto ‘natura’ “. Inoltre, come sanno i filosofi e gli scienziati (ma anche i teologi), la scienza stessa è in continua evoluzione e, se molte certezze di ieri sono rimesse in discussione dalle ricerche di oggi, è ragionevole prevedere che molte certezze di oggi saranno ridiscusse domani. “A questo punto – e qui il discorso di Rusconi si complica –  ci scontriamo con un paradosso: con lo sviluppo  scientifico, dal campo biologico a quello neurologico, sappiamo sempre meno ‘che cosa è l’uomo’, se pretendiamo di fissarlo in termini di essenza o di leggi naturali; in  compenso però sappiamo chi è il cittadino attraverso cui quell’uomo storicamente si esprime, perché il cittadino si definisce dalle regole che liberamente si dà”; mentre il suddito è tenuto a obbedire alle leggi promulgate dal Sovrano. Tutto questo in teoria e sulla carta, vediamo infatti quanto la presunta autonomia dei cittadini sia condizionata e manipolabile dal potere persuasivo dei media e dai “poteri forti” economico-finanziari (e, ove non bastasse la forza della ragione, si potrà sempre ricorrere alla ragione della forza), e gli stessi Diritti universali dell’uomo (e della donna) rimangono lettera morta in troppe parti del mondo. “Intanto su questo sfondo – osserva ancora Rusconi – si registra nella cultura cattolica un sensibile mutamento dell’idea teologica di natura, di cui gli uomini di Chiesa non sembrano del tutto consapevoli. E’ stato tacitamente abbandonato il dogma antico della natura lapsa, della natura decaduta per colpa del peccato originale e domina invece incontrastata la visione tutta positiva della natura come creazione. Al posto della natura corrotta dal peccato originale compare la natura violata dall’ingegneria genetica. La denuncia metafisico-religiosa della corruttibilità della natura si secolarizza nel lamento sulla natura manipolata dalla scienza e dalle biotecnologie. Da qui gli scivolamenti della dottrina cattolica verso paradossali forme di naturalismo, di bio-teologismo che non da ultimo fanno della difesa incondizionata dell’embrione e della famiglia presuntivamente ‘naturale’ uno dei motivi dominanti del magistero della Chiesa”. 

 
Gian Enrico Rusconi 

Su questo terreno, nondimeno, come ammette lo stesso Rusconi, sarebbe vano chiedere alla scienza la verità ultima e assoluta. Neanche in campo bioetico, dunque, il laico ha certezze “non negoziabili”. Rusconi conclude il suo discorso introduttivo a una possibile etica laica “affermando ancora una volta che i principi costitutivi della laicità sono l’autonomia di giudizio e la libertà di coscienza individuale di uomini e donne che si considerano maggiorenni nelle grandi questioni etiche del nostro tempo. Intendo ‘maggiorenne’ nel senso di Kant e di Bonhoeffer. Il primo lo associa all’Illuminismo: ‘Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. L’Illuminsmo è l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità da imputare solo a lui stesso’. Bonhoeffer invece si muove in un’ottica tutta interna alla fede: ‘La conquista della maggiore età ci porta al vero riconoscimento della nostra situazione. Dio ci fa sapere che dobbiamo vivere come uomini che se la cavano anche senza di Lui”. D’altronde che cosa ha detto Gesù al paralitico di Cafarnao? “Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina!”. Come dire che, senza l’intervento salvifico di Dio, la maggiore età dell’uomo è destinata a rimanere una chimera.

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