Per i millesettecento anni del Concilio di Nicea

2025. Anno millesettecentesimo dalla data del primo concilio della comunità universale dei cristiani, ovvero il Concilio di Nicea, così chiamato perché si svolse a Nicea, in Anatolia ( nella odierna città turca di Iznik ) tra il 20 maggio e il 25 giugno del 325.
Siccome esso si può annoverare senz’altro tra i due o tre più importanti tra i 21 riconosciuti ufficialmente dalla chiesa cattolica, è opportuno dire qualcosa che possa dare l’idea del contesto in cui si è svolto, affinché per l’anniversario di quella data si possegga almeno qualche indicazione generale su di esso.

Sappiamo che fu convocato non dal papa, come trattandosi di un consesso religioso si sarebbe di primo acchito portati a credere, ma dall’imperatore Costantino il Grande, il quale anche lo presiedette.
Vi erano in ballo questioni troppo importanti per la vita dell’Impero per lasciare ad altri la gestione di quell’evento che condizionerà in profondo la storia successiva del mondo.

Siccome egli in quel momento risiedeva a Nicomedia, non è casuale che la sede di svolgimento del Concilio sia stata fissata a breve distanza dalla residenza di Costantino.
Ma non è probabilmente soltanto per una questione di mera comodità personale che il sito prescelto sia stato Nicea.
Egli sapeva bene infatti che con la scelta di Nicea, dei 1800 convocati, una gran parte di quelli
occidentali non avrebbero potuto presenziare.

La stragrande maggioranza dei partecipanti, come prevedibile, alla prova dei fatti risultò essere della zona che comprendeva il bacino orientale del Mediterraneo e il cosiddetto Medio Oriente. Probabilmente i suoi calcoli lo portarono a vedere in ciò un vantaggio per le finalità cui lui mirava.
Alla fine i partecipanti sembra fossero in un numero compreso tra 250 e 320, un valore che dunque è poco più di un sesto degli “aventi diritto”.
Quasi tutti gli altri 5/6 dovettero rinunciare, spesso per motivi molto pratici ( la distanza da percorrere di centinaia o migliaia di chilometri, il timore delle rapine lungo il tragitto, l’età avanzata, lo stato di salute, il sentore che la loro visione sarebbe stata sicuramente messa in minoranza etc.).

Questo è un fatto che può sollevare delle ombre sulla rappresentatività del Concilio medesimo.
Non sappiamo perciò se con una partecipazione più nutrita e con l’apporto di idee ed esigenze maturate in contesti diversi, sarebbe stato comunque prodotto in modo identico quell’importantissimo documento finale, diventato poi preghiera, che è il Credo.
In esso vengono definite e sancite la gran parte delle verità di fede più importanti che saranno alla base del cristianesimo da quel momento fino ai nostri giorni.

Forse fu più equa la decisione del successore di Costantino, ovvero Costanzo II, che quando ritenne necessario convocare un’altra assemblea, questa volta con sembianze più sinodali, la sdoppiò: a maggio del 359 a Rimini per l’Occidente, e a settembre del medesimo anno a Seleucia per l’Oriente.
Ma per tornare a Nicea, bisogna dire che la decisione di convocare e presiedere la prima assemblea generale dei vescovi dell’ecumene ( da lì, Concilio ecumenico ), fu presa da Costantino soprattutto, se non esclusivamente, per motivi politici: egli voleva eliminare le diverse interpretazioni del cristianesimo che all’epoca circolavano per l’impero, temendo che se all’interno di esso non si fosse raggiunta l’unità religiosa, si sarebbe prima o poi arrivati a uno scontro sociale pericoloso, potenzialmente in grado di provocare lo sfaldarsi dell’impero stesso.
D’altra parte che una tale decisione sia stata presa per motivi religiosi sentiti intimamente dall’imperatore, non viene neanche più proposto come ipotesi.
Costantino infatti non si fece battezzare se non ( ma non è affatto certo ) in punto di morte, nel 337, e  dal vescovo Eusebio, che per giunta era…ariano. Che cioè apparteneva alla grande compagine di coloro che a Nicea da Costantino erano stati prima osteggiati e poi sconfessati in nome della sua scelta di parteggiare per quelli che in seguito diventeranno i cristiano cattolici romani.

Costantino si era reso conto di come il presbitero alessandrino Ario avesse personalmente acquisito un largo seguito con la sua predicazione che asseriva come il Figlio avesse un livello di divinità inferiore al Padre e non gli fosse consustanziale, e come di conseguenza non si potesse dogmatizzare l’idea trinitaria.
Parallelamente egli aveva potuto constatare come la predicazione di Ario avesse in poco tempo ottenuto un numero di adesioni altissimo in quel primo scorcio del IV secolo.
Per quale ragione allora avrebbe dovuto sostenere le tesi dei cattolici piuttosto che quella degli ariani?

Una domanda che a causa delle tante questioni socio-politico-militari che all’epoca si accavallavano e a causa della inafferrabile personalità dell’imperatore stesso, ha impegnato a fondo gli storici del tardo-antico. E che ancora non ha avuto una definitiva, chiara risposta.

Fulvio Baldoino

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