Ottimismo

       Ottimismo!  
Ho avuto un’epifania

Ottimismo!  
Ho avuto un’epifania

No, non vuol dire che, in quanto Befana, faccio gli straordinari.
Significa che ho collegato idee e informazioni nella mente, organizzandole in modo un po’ diverso.
Quando continui a sbattere la testa contro i muri, e non puoi cambiare le cose, puoi provare a cambiare punto di vista.

L’idea me l’ha data Superman. E che c’entra Superman, e quando mai gli avrai parlato, direte voi, cominciando a comporre il numero per il pronto intervento dei signori in camice bianco.

 No, lasciatemi spiegare: riflettevo sul più famoso dei supereroi (ma il ragionamento vale per molti altri) : qual è l’aspetto assolutamente più incredibile relativo al personaggio?

Ma no, non i superpoteri, la supervista, il superudito, l’invulnerabilità, la forza mostruosa, quella bazzecola del saper volare…No, la cosa più difficile da digerire è che lui se ne possa stare lì, gironzolare di pattuglia, e risolvere catastrofi, salvare gente in pericolo a ogni piè sospinto.

Ma vi rendete conto, in ogni istante, nel mondo, quanti accidenti succedono, da chi cade dalle scale, viene minacciato da un rapinatore o da un maniaco,  litiga con il coniuge per una cena scotta, ai crolli, alle inondazioni, ai terremoti e sciagure varie?

Ora dico, un supereroe, sia pure a tempo pieno, senza ferie e riposi aggiuntivi e con orario continuato, sia pure in possesso di ipervelocità, non finirebbe rapidamente per impazzire e girare in tondo quando il suo superudito gli fa captare le innumerevoli grida d’aiuto in contemporanea dai quattro angoli del globo?

Mi ricorda quella storiella che girava in rete, di chi si era messo d’impegno a calcolare, con ipotesi di tipo scientifico, come facesse Babbo Natale a consegnare doni a tutti i bimbi, in una sola notte: anche recapitandone decine al secondo, l’impresa pareva disperata.

 Ma torniamo a noi. Dalla tv ai giornali fino, ancora peggio, alla rete, non è un po’ come se fossimo in possesso di superpoteri? Non è come se un chiacchiericcio di fondo ci mettesse a portata di vista e udito, in continuazione, informazioni, notizie, delitti, sciagure, problemi, disastri ambientali e quant’altro?

All’inizio  perlomeno dovevamo un pochino andarceli a cercare, cliccando su blog e siti di informazione.

Ora, prima tramite le reti di contatti, poi grazie ai social network, ci arrivano direttamente a domicilio. Di tutto di più, dalle nefandezze dei politici all’economia alla cronaca alle guerre alle sciagure mondiali. Per non buttar troppo la croce addosso a Internet, che già lo fanno tutti, diciamo che qui almeno si tratta di persone con idee a noi affini, che condividono per cercare di mobilitare le coscienze.

I media, invece, giocano a bella posta sugli aspetti più devastanti, soffiano sul fuoco dell’ansia ed enfatizzano, quasi da criminali a volte, solo per creare audience e far profitti.

Allora abbiamo la sensazione che il mondo vada male, come mai prima. Questo bombardamento mediatico in tempo reale, se appena appena abbiamo un animo empatico, ci procura angoscia, smarrimento, spesso un senso di impotenza. O ci arrendiamo e ci chiamiamo fuori, oppure davvero ci sentiamo minuscoli e ininfluenti.

In realtà, sì, forse in parte la velocità nelle comunicazioni e vari fattori legati al progresso hanno accelerato e aumentato molti fenomeni, tra cui quelli negativi; ma la gran parte del peggio è correlato con la natura umana, ce lo stiamo portando dietro, appiccicato, con la nostra storia. Il male recente è solo molto più visibile. Ma non necessariamente di più di altre epoche, o più profondo.

Provate a immaginarvi una ipotetica rete, un’ipotetica televisione che al tempo dei romani vi catapultasse sulle battaglie, sulle devastazioni e i saccheggi,  sulle esecuzioni capitali, con  tanto di particolari più cruenti…

 
Jacopo Fo

Che vi trasmettesse in diretta l’eruzione di Pompei, e magari, che so, un disastro che accadeva in contemporanea in India. Qualche bel sacrificio di massa delle civiltà precolombiane e qualche scannamento in Cina. Le foreste distrutte e gli animali deportati in massa per i giochi del circo. Una riunione del Senato con Cesare che faceva il furbo e Cicerone che gigioneggiava. Un servizio per screditare Catilina. Un altro per incensare Marco Antonio. Un reportage esclusivo sulle ruberie e i soprusi dei governatori delle province…
Non oso pensare cosa avrebbero trasmesso all’epoca dell’ipotetico impatto della cometa e della fine dei dinosauri. Quale disastro epocale peggiore di questo?

Mi fermo qua. Nessuno minimizza o banalizza, non intendo dire che non sia grave veder morire gli orsi bianchi o che non sia giusto temere il nucleare, che l’inquinamento non sia irreversibile, che sia impossibile lottare contro la corruzione perché “tanto è sempre successo”, che chi non ha diritti civili, peggio per lui,  che si debba abbandonare il mondo e la politica e l’ambiente, la lotta per l’uguaglianza e la dignità umana a ogni latitudine.

Anzi, intendo dire tutto il contrario: superato quel senso di smarrimento, di impotenza, di ansia, di cupo fatalismo, ci sentiremo subito meglio e saremo più pronti a darci da fare, consci che anche il comportamento del singolo conta.

C’è chi, come Jacopo Fo ad esempio, cerca di dare belle notizie, per mostrare che dopotutto esistono anche quelle. C’è chi, fra gli scienziati, cerca di convincerci che, se anche non viviamo nel migliore dei mondi possibili, comunque neanche nel peggiore, o perlomeno nel migliore esistito finora.

In fondo, nel coltivare l’assenza di speranza negli individui, c’è una strategia: niente meglio della sensazione che tutto sia inutile, l’idea di sconfitta a priori instillata nelle menti, per tenere buone le persone, impedire che si organizzino e si contino, spingerle alla disinformazione, al qualunquismo e al disinteresse per il mondo esterno, evitare fastidi al potere qualunque esso sia. Oppure, per concentrare la loro frustrazione su opportuni bersagli e utili capri espiatori.

Sapete, a proposito di media… per anni ho cliccato sul sito di Repubblica molte volte al giorno, e ogni volta vi era evidenziata come prima notizia, in tempo reale, l’ultima dichiarazione, l’ultima uscita, l’ultima esalazione del più amato dagli italiani, presentata con clamore come notizia epocale.

Ogni volta ho sofferto come una bestia. Inutilmente. Per anni. E come me credo molti altri. 

Fino ad accorgermi che, se cliccavo su quel sito un po’ meno, se andavo anche altrove a cercare riscontri, o mi disinteressavo del tutto della faccenda per qualche ora, il più delle volte la sparata si affievoliva da sola. Al massimo c’era davvero da preoccuparsi, diciamo, una volta su dieci. Le altre nove era tutto nervoso gratis. Fino ad accorgermi che dietro quel clamore c’era una precisa strategia del giornale, che giocava senza pietà con i nostri sentimenti negativi per suscitare sdegno utile ai suoi scopi e alle sue campagne. E per distogliere da altri bersagli.

Non caschiamoci, dunque. Pensiamo con ottimismo: mai come in quest’epoca travagliata stanno crescendo fermenti nuovi, ci sono consapevolezze  e una rete di persone di buona volontà, e la possibilità di comunicare velocemente.

Superiamo il catastrofismo e andiamo avanti. 

Cambiamo punto di vista, stacchiamoci da questa bolgia ogni tanto. Ampliamo la prospettiva, rimbocchiamoci le maniche e persino il più pericoloso degli ometti si presenterà per quello che è: un granello di polvere che la storia ben presto spazzerà via.

 Milena Debenedetti   
 
Il mio ultimo romanzo  I Maghi degli Elementi

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