Nuovi partiti

Nuovi partiti:
 Fli, Unione dei Centristi, Movimento a 5 Stelle, Sinistra e Libertà
LE DINAMICHE DEL SISTEMA?
BLOCCATE DALLA LEGGE ELETTORALE

Nuovi partiti: Fli, Unione dei Centristi, Movimento a 5 Stelle, Sinistra e Libertà
LE DINAMICHE DEL SISTEMA?
BLOCCATE DALLA LEGGE ELETTORALE
 

La settimana che sta terminando è stata contrassegnata dalla conclusione di una fase di quella che può ben essere definita una vera e propria “crisi di governo”: crisi che probabilmente svilupperà altri ulteriori passaggi.

Il voto di fiducia concesso dai due rami del Parlamento al governo in carica ha certificato, infatti, essenzialmente come il sistema politico italiano si trovi in una fase di complessivo riallineamento.

Nascono nuovi partiti, e proprio dal dibattito svoltosi alla Camera dei Deputati, pare ne siano sorti almeno due (attraverso il classico sistema di origine “parlamentare”, come al tempo del “partito dei notabili”, precedente almeno fino alla metà dell’800 all’avvento dei “partiti di massa”): il FLI e una sorta di Unione dei Centristi (per la destra, aggiungeremmo noi) che, in ispecie al Sud, sarà messo alla prova nel tentativo di drenare consensi al costituendo “terzo polo”.

Non si tratta, però, soltanto di questo: sull’altra sponda, quella dei partiti che nascono fuori dal Parlamento, sono altrettanto le nascite.

Movimento a 5 Stelle” dei “grillini” e Sinistra e Libertà, infatti, rappresentano altre due novità rispetto al panorama politico così come questo si configurava alle elezioni del 2008 (due anni fa: anni che nella politica italiana ormai si possono contare come secoli).

Si tratta di due soggetti che stanno assumendo la forma (più moderna, ma non certo più positiva, rispetto a quella assunta dai due soggetti sorti sul fronte opposto) del partito “personale-elettorale” prodotti dall’iniziativa di alcuni imprenditori politici: da una parte un uomo di spettacolo che usa tutte le armi del suo mestiere, oltre ad una imposizione di forte centralizzazione organizzativa (mascherata, ovviamente, dal presunto democraticismo dei raduni di massa); dall’altra, un gruppo, provvisto però di una leadership fortemente caratterizzata e riconosciuta, di ex-dirigenti di partito trovatisi, all’improvviso, sbalzati fuori dal Parlamento e costretti, anche per ragioni di finanziamento, a tentare di rientrare nel gioco senza badare granché a sottigliezze sul piano ideologico – programmatico, puntando sul “carisma personalistico” e su argomenti di richiamo essenzialmente mediatico.

Non è finita qui perché, oltre ai processi fisiologici di ricomposizione al centro, sono da segnalare ulteriori punti di spaccatura interna al PD, uno dei quali (quello rappresentato dal cosiddetto “Movimento Democratico”) può ben essere considerato l’incubatrice ( o l’anticamera) di una ulteriore frazionamento di soggettività, in questo caso “mista” tra il personalismo dell’ex-segretario del PD ed il “notabilato” degli ex-dirigenti del Partito Popolare, tutti molto forti sul piano dell’aggregazione del consenso per vie diverse (voto di scambio, in primis).

Nella sostanza, quindi, questo evidente processo di riallineamento sistemico dimostra l’assoluta non riducibilità del sistema politico italiano all’operazione di forzatura bipartitica che l’attuale legge elettorale porta con sé (andrebbe aperto qui il discorso del perché la legge elettorale in vigore perde di efficacia nel caso di “coalizioni larghe” e quindi di profilo bipolare e non bipartitico: basterà soltanto accennare, per ragioni di economia del discorso, che proprio questa legge richiede il massimo di capacità dei soggetti proponenti il voto ad aggregare i propri sostenitori sotto il profilo identitario. Le coalizioni, in questo senso lasciano troppi “buchi” e si rivelano perdenti. Stava tutta qui l’intuizione del “partito del predellino” che non ha funzionato proprio per i motivi che cercheremo di analizzare di seguito).

Il sistema politico italiano, infatti, dimostra di essere ancora composto in una forma “multipartitica” ( non siamo in grado di stabilire se questo multipartitismo sia ancora “polarizzato”, come nella felice formula usata,a suo tempo, dal professor Sartori) e questo dato rende l’insieme del sistema incompatibile con la legge elettorale in vigore che ne frena la dinamica spontanea, imponendone una surrettizia riduzione.

Questa è la ragione di fondo per la quale difficilmente si andrà alle elezioni a breve: il frazionamento partitico esistente rende, infatti, molto rischiosa l’avventura delle urne per entrambi i maggiori soggetti, PDL e PD, che potrebbero trovarsi di fronte ad impreviste deviazioni nel voto, in particolare se dovessero presentarsi nuove aggregazioni al centro e a sinistra.

In particolare la presenza di un eventuale “terzo polo” al centro potrebbe rappresentare il vero ago della bilancia (“in discesa”, ovviamente, togliendo voti da una parte e dall’altra) in particolare nella competizione per il Senato (che, ricordiamo, si sviluppa su base regionale); ma anche a sinistra (nel caso in cui SeL decidesse di entrare in coalizione con il PD si aprirebbero spazi inusitati nell’eventualità di una presentazione autonoma della FdS, ed alcuni sondaggi, per quel che valgono ovviamente, stanno già tenendo conto dell’eventualità, riequilibrando il dato tra i due soggetti).

L’eventualità di una presentazione “a sinistra” tra l’altro risulterebbe rafforzata dall’aggravarsi della crisi, dalla situazione sindacale (sarà interessante analizzare l’esito della manifestazione indetta dalla FIOM per il 16 Ottobre), dall’emergere di nuovi elementi di conflitto all’interno del centro-sinistra (ad esempio la scelta riguardante il ritorno del nucleare).

In conclusione si può ben affermare che esiste uno scontro oggettivo tra le esigenze che percorrono il centrodestra circa un rapido ricorso alle urne (si parla del Marzo 2011) e la prospettiva realistica di un esito elettorale assolutamente incerto (anche se alla Camera la situazione, dato il meccanismo di assegnazione del premio di maggioranza, appare molto più definita).

Tutti gli attori principali sono in “bilico” e l’imperante logica dell’ “autonomia del politico” (che pensiamo d aver espresso con chiarezza nel corso di questo intervento) renderà tutti molto più cauti rispetto alle reciproche dichiarazioni di sicurezza circa l’esito possibile del voto.

Torna così all’ordine del giorno, anche se molti lo negheranno, il tema della riforma della legge elettorale (i partiti faranno comunque fatica a liberarsi dell’attuale per via dell’esagerato potere di nomina che essa loro assegna): una riforma che appare necessaria se si esaminano le concrete dinamiche presenti nel sistema e l’esigenza di far corrispondere queste dinamiche ad un minimo di realistica rappresentatività politica.

Savona, 1 Ottobre 2010                                                           Franco Astengo

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