NUOVE REGOLE FINANZIARIE DEL G20…
NUOVE REGOLE FINANZIARIE DEL G20:
BAIL-IN STILE CIPRO PER CONFISCARE
DEPOSITI BANCARI E FONDI PENSIONE
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NUOVE REGOLE FINANZIARIE DEL G20:
BAIL-IN STILE CIPRO PER CONFISCARE DEPOSITI BANCARI E FONDI PENSIONE
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Nel weekend del 16 novembre scorso i leader del G20 fecero una fugace puntata a Brisbane, Australia, posarono per la consueta foto di gruppo, approvarono alcune proposte, inscenarono un boicottaggio corale del presidente russo Vladimir Putin, e tornarono a casa in tutta fretta. Fu tutto molto rapido e probabilmente neppure si resero conto di cosa stavano avallando quando firmarono a occhi chiusi il documento proposto dal FSB, Financial Stability Board “Adeguamento della capacità di assorbire le perdite delle banche sistemicamente importanti a livello globale”: una risoluzione che cambia drasticamente le regole bancarie.
Russell Napier, su Zero Hedge, l’ha definito “il giorno della morte del denaro”. In altri termini, lo si può chiamare il giorno in cui i depositi hanno cessato di essere soldi nostri. A differenza delle monete e delle banconote, che non possono essere “cancellate” o ridotte di dimensioni, i depositi diventano d’ora in poi parte del capitale delle banche commerciali. Ciò significa che essi possono essere bailed in, ossia confiscati, per salvare le megabanche da scommesse perse sui derivati. Anziché mettere un freno al casinò degli abnormi volumi dei rischiosi derivati, le nuove regole danno la priorità al pagamento delle obbligazioni reciproche sui derivati tra banche rispetto a chiunque altro, e cioè non solo i depositi privati e pubblici, ma anche i fondi pensione, che sono l’ultimo bersaglio dei mercati nel loro gioco al bail-in, attraverso i bond “bail-inable” (obbligazioni confiscabili). Il bail-in è stato spacciato come l’arma più efficace per evitare futuri bail-out (salvataggi bancari delle banche “sistemiche”, megabanche, cosiddette TBTF, troppo grandi per fallire) da parte dei governi. Ma in tal modo si sono di fatto istituzionalizzate le TBTF, dal momento che le megabanche sono così mantenute sul mercato espropriando i fondi dei loro creditori [noi cittadini!]. È una bella soluzione per banchieri e politici, che si esentano così dal dover affrontare un’altra selvaggia crisi bancaria e si rallegrano di vedere questa disposizione imposta per statuto. Ma un bail-in potrebbe avere conseguenze per il pubblico ben peggiori di un bail-out. Se le tasse aumentano, puoi magari farcela a pagarle. Ma se il tuo conto in banca o la tua pensione vengono spazzati via, puoi ritrovarti sul lastrico o costretto a condividere il cibo per cani e gatti. In teoria, negli USA i depositi sono protetti fino a $ 250.000 dal FDIC, [nell’UE fino ad € 100.000], ma i fondi per questa copertura assicurativa sono deplorevolmente insufficienti, specialmente nel caso di coperture per derivati. Si veda questo grafico, ancora da Zero Hedge, del marzo 2013: … [si noti che BN sta per MILIARDI, e che la virgola nelle cifre sta per il nostro punto] […] Dopo la crisi del 2008, le direttive del FSB hanno assunto valore di legge, come sancito dal G20, riunito a tale scopo. Questo rituale si ripete da allora ogni anno, con i leader del G20 che firmano ad occhi chiusi qualsiasi regola atta a mantenere la stabilità del sistema bancario privato, normalmente a carico del pubblico.
• Il termine “bancarotta” è oggi sostituito da “procedura di risoluzione”. L’insolvenza della banca viene “risolta” col trucchetto di trasformare le sue perdite in capitale. Le megabanche devono essere “prontamente ricapitalizzate” tramite il loro debito non assicurato, permettendo così loro di continuare il loro business come nulla fosse accaduto; • il “debito non assicurato” include i depositi, ossia la frazione più ingente del debito di qualsiasi banca. Quindi la banca insolvente deve tornare solvente trasformando i nostri soldi in suo patrimonio: un titolo della banca cui il mercato non attribuirebbe alcun valore o che resterebbe vincolato per anni nelle procedure di risoluzione; • questo potere di confisca in stile Cipro assume valore di legge; • piuttosto che vendere il patrimonio della banca insolvente e farle chiudere bottega, come avverrebbe con qualunque altra attività insolvente in un’economia capitalista, le banche “zombie” devono essere tenute in vita e in affari a tutti i costi, naturalmente sulle nostre spalle. […]L’ultima versione dello schema di bail-in varato dal FSB, alle megabanche viene richiesto di mettere a riserva una quota del 16-20% dei loro asset più a rischio nella forma di capitale o bond convertibili in capitale della banca (chiamati bail-in bond) in caso di sua insolvenza. Questi bond sono tali non in forma coatta ma per espressa pattuizione tra banca e cliente. Tuttavia, anche anella misura del 20% degli asset a rischio, tali bond sono del tutto insufficienti a salvare la banca; e in tal caso il bersaglio saremmo noi cittadini, stavolta attraverso i fondi pensione. Qualcuno, in tono semi-serio ha detto che “i contribuenti potrebbero salvarsi solo spintonando i pensionati sotto un treno!”. […] Tutte queste disposizioni del FSB tendono solo a prevenire una corsa agli sportelli delle megabanche, per permettere loro di continuare il loro gioco al casinò dei derivati con i nostri soldi. Warren Buffet definiva i derivati “armi di distruzione finanziaria di massa” e molti commentatori li definiscono come una bomba a orologeria in attesa di esplodere. Quando ciò accadrà, i nostri depositi, le nostre pensioni, i nostri fondi di investimenti pubblici saranno tutti confiscati in un bail-in mastodontico. Forse sarebbe ora di togliere a Wall Street i nostri soldi e fondare le nostre banche, che servano la gente perché di proprietà della gente. Da: Global research
2 dicembre 2014 Ellen Brown, fondatrice del Public Banking Institute e autrice di 12 libri, di cui i più pertinenti con questo tema sono Web of Debt e l’ultimo The Public Bank Solution. |