Note a margine degli Xenia: Xenia I, 5

Xenia I, 5

Non ho mai capito se io fossi
il tuo cane fedele e incimurrito
o tu lo fossi per me.
Per gli altri no, eri un insetto miope
smarrito nel blabla
dell’alta società. Erano ingenui
quei furbi e non sapevano
di essere loro il tuo zimbello:
allibile, dal tuo
radar di pipistrello.

 

Lei, così miope, riusciva ad essere gli occhi del poeta, così come esplicitamente dichiarato nell’altro blocco di Xenia, nella celeberrima “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale…”.
Egli tuttavia le stava accanto nella difficile emblematica congiuntura di salvaguardarla in quell’atto. Uno tra i tanti possibili da richiamare ma che evidentemente è stato preferito perché allegoria della difficile discesa in cui il tempo e i tanti inciampi della vita, nello scendere le scale evocano.

In questo soccorso mutuo, chi più aiuta e chi più è aiutato?
L’io lirico non lo sa; non è mai riuscito a capirlo. Ad ogni modo il cane “fedele e incimurrito” è una metafora a valenza reciproca, che bene mette in risalto come la malattia, o diciamo più genericamente le difficoltà dell’esistere, non determinino del tutto ma certo prosaicamente contribuiscano, a farci amare chi riesce a lenirle o a difendercene.
E dunque l’espressione ci offre in sequenza due aggettivi che oltre la “e” congiuntiva che li accosta, nascondono un concetto di causalità, cui Montale non si sottrae, per quanto esso comporti il rischio di abbassare il pathos sentimentale a strumentale: “fedele perché incimurrito” ( fedele perché sofferente ).
Quello che il poeta sa è che se anche si tratta di un amore che ha una evidente componente di bisogno ( di stabilità, di comprensione, di fedeltà ), ciò non lo retrocede a sentimento di seconda fascia.
D’altra parte poco o tanto l’amore, nelle sue declinazioni dalle più concrete alle più astratte, è bisogno; nel senso lato di non aver bisogno se non di una cosa: che l’altro, e proprio solo quell’altro, abbia bisogno di te, e proprio solo di te. Un voler avere, ma solo da colui o colei a cui vorresti dare.

Anche in questa presente lirica, come in Xenia I, 3, abbondano gli enjambement.
Uno in particolare da segnalare per la caratteristica  di assumere solo a metà la funzione di trattenere il concetto per poi rilasciarlo alla ripresa del verso successivo al modo di una molla pressata, nel senso che se si legge: “…eri un insetto miope / smarrito nel blabla” senza continuare accapo con “dell’alta società” l’idea che Montale vuole esprimere è comunque già presente, già resa; per quanto, certo, meno situata.
In altre parole, risulta abbastanza difficile dire in che percentuale si tratti di un enjambement. Ma  la metrica, si sa, lascia spazio anche a una certa discrezionalità.
Ciò che invece è incontestabile è il sesto senso della moglie: non ha occhi se non quelli esagerati di occhiali che non restituiscono quel che prometterebbero le loro dimensioni, ma ha una capacità di giudizio fulminante che le viene da dentro, forse in virtù di essersi tenuta sempre in disparte e di essere riuscita perciò a fiutare intorno e capitalizzare per farsene schermo, quanto gli altri, gli integrati, e anche a volte nel contempo ingrati ( “quei furbi”…), consumano e producono in modo irriflesso.

Fulvio Baldoino

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