No alla riforma, nel metodo e nel merito

 
Referendum, l’appello dei filosofi del diritto:
“No alla riforma, nel metodo e nel merito”

 Referendum, l’appello dei filosofi del diritto:
“No alla riforma, nel metodo e nel merito”

Ricevo, sottoscrivo e volentieri diffondo questo “Appello dal mondo della filosofia del diritto” per il No alla proposta di riforma costituzionale. Si tratta di un’analisi puntuale, seria e attenta di alcuni dei punti critici, a partire dal ruolo ‘costituente’ di un Parlamento che, pur indefettibile, avrebbe dovuto trarre le conseguenze politiche della sentenza 1/2014 Corte cost., invece di arrogarsi, con la spinta del governo e del Presidente della Repubblica, un ruolo così esorbitante con un intervento di così vaste proporzioni. L’Appello sottolinea poi l’influenza pervasiva dell’esecutivo, il mancato rafforzamento (anzi l’indebolimento) dei contrappesi costituzionali, la contraddittorietà e la scarsa qualità del testo costituzionale ‘riformato’.

 Appello dal mondo della filosofia del diritto – NO alla proposta di riforma costituzionale.


Siamo docenti, ricercatori e ricercatrici universitari di Filosofia del diritto, Sociologia del diritto e Informatica giuridica, che esprimono diverse impostazioni teoriche e differenti orientamenti politici. Ci accomuna una forte preoccupazione per la riforma costituzionale che il 4 dicembre sarà sottoposta a referendum, per i modi in cui è stata elaborata in Parlamento, per i contenuti che essa propone, nonché per gli scenari che si aprirebbero se fosse confermata dagli elettori.

L’attuale Parlamento è stato eletto in base a una legge largamente incostituzionale (sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale); ed è del tutto improprio che si sia attribuito addirittura un ruolo costituente, arrivando a modificare 47 articoli della Carta su 139. In un unico quesito, peraltro, confluiscono questioni, interrogativi e soluzioni fra loro molto diversi e non sempre di facile comprensione, da accettare o rifiutare in blocco perché in un unico quesito confluiscono problemi, interrogativi e soluzioni fra loro assai diversi e di difficile comprensione, da accettare o rifiutare in blocco; perché in un unico quesito confluiscono problemi, interrogativi e soluzioni fra loro assai diversi e di difficile comprensione, da accettare o rifiutare in blocco.


I contenuti della riforma sono preoccupanti. Contrariamente a quanto molti ritengono, nel sistema italiano il governo esercita già un’influenza pervasiva nel processo legislativo, utilizzando ampiamente gli strumenti della decretazione d’urgenza, delle leggi-delega, della questione di fiducia, tanto che più dei 4/5 delle leggi approvate sono di iniziativa governativa. Questi poteri non vengono in alcun modo limitati, e se ne aggiungono ulteriori, a cominciare dalla corsia preferenziale per le leggi che il governo indica come essenziali per  l’attuazione del suo programma (art. 72) e dalla possibilità di invocare l’“interesse nazionale” per le materie di competenza delle Regioni (art. 117). Ciò rischia di condurre a una forte riduzione delle autonomie territoriali, della partecipazione e del pluralismo sociale.

In questo contesto, altro dato a nostro avviso assai preoccupante, non vengono rafforzati i contrappesi costituzionali. Al contrario, la riduzione del Senato ad una rappresentanza non più eletta direttamente dai cittadini indebolirà il ruolo del Parlamento, con dirette ricadute sull’elezione del Presidente della Repubblica e dei membri della Corte Costituzionale. Inoltre, tutto ciò che la riforma prevede in termini di garanzie (statuto delle opposizioni, leggi di iniziativa popolare, referendum propositivi) è enunciato in modo vago e rimanda a leggi e regolamenti parlamentari successivi, legati alle contingenze politiche del momento.

Infine, la riforma è scritta in modo confuso, a tratti contraddittorio (art. 57), con una pletora di perifrasi e rimandi interni (art. 70) che, oltre a rendere difficile la comprensione del testo perfino a esperti giuristi, ingenererà conflitti di interpretazione. Temiamo che anche questo sia un sintomo della tendenza a considerare la Costituzione come una carta nel gioco della politica quotidiana, a ritenere che ogni governo sia legittimato a fare la “propria” riforma costituzionale. Se così fosse, sarebbe messo a repentaglio il patrimonio del costituzionalismo contemporaneo, nel quale le costituzioni sono sovraordinate alla legislazione ordinaria e pertanto costituiscono la garanzia dei principi fondamentali dell’ordinamento, dei diritti dei cittadini e delle cittadine.

Per queste ragioni, di metodo e di merito, voteremo No al referendum del 4 dicembre e invitiamo tutti i cittadini e le cittadine della Repubblica democratica a esprimersi in questo senso.

 Francescomaria Tedesco  Filosofo del diritto e della politica

Dal Fatto Quotidiano 

 

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