Mirando al bersaglio sbagliato…

Mirando al bersaglio sbagliato
(il lavoro che non c’è e la “stangata” dei condomini)

Mirando al bersaglio sbagliato
(il lavoro che non c’è e la “stangata” dei condomini)

Se c’è una cosa che fa riguadagnare terreno ai veri poteri, quelli efficienti, ramificati e nascosti, sono i falsi bersagli.

Per tutti noi è meccanismo umano e normale prendersela con ciò che ci dà direttamente fastidio. Per esempio la  coda di auto, in cui ci troviamo incolonnati e frustrati, invece delle cause che l’hanno provocata.  Il fatto che giriamo come trottole a cercare parcheggio, invece del perché non bastano mai i parcheggi, e perché abbiamo troppe auto e le usiamo a sproposito.

 L’albero caduto sulla strada, invece dei motivi per cui la vegetazione soffre e le frane imperversano.

Invochiamo misure per frenare la disoccupazione, invece di chiederci perché, chi o che cosa l’abbia provocata, e come si potrebbe invertire la tendenza o cambiare decisamente rotta.

Anche chi ce li indica, questi veri motivi, è oggetto di irritazione. Il seccante dito che indica la Luna.

Al massimo gli diamo retta per cinque minuti, sull’onda emotiva. Poi basta.

Due giorni dopo l’alluvione siamo già lì a chiedere il permesso per un box o a invocare una nuova bretella stradale.

Curiamo le conseguenze, invece di agire sulle cause  a monte. Sfoghiamo la frustrazione sul medico che ci dice che siamo malati, invece di pensare a come guarire.

Insomma, l’importante è identificare bersagli, capri espiatori, responsabilità che paiono tangibili e immediate, anche se sono le più superficiali. E siamo a posto.

Così, ovviamente, si fa poca strada. Si creano polveroni, tanto cari ai quotidiani che difatti li alimentano, aizzando gli umori per vendere più copie.


 Ma polveroni che alla lunga non dispiacciono ai poteri di cui sopra, e ai politici che li cavalcano, sguazzandoci con consumata abilità, a volte prendendo partito, a volte fingendosi indignati di questo o di quell’altro,  a volte approfittandone per seppellire le proprie responsabilità e invocare una sorta di compromesso fra torti, il peggio che si possa immaginare e che non fa che perpetuare  e accentuare problemi e contrapposizioni.

Un’altra caratteristica di questo modo, molto umano ed emotivo di ragionare (amiamo le semplificazioni),  è di dividerci, altra cosa di cui i summenzionati poteri son contentissimi.

Ognuno si tiene strette le sue microragioni, si litiga e ci si frappone, fra individui, fra gruppi e categorie. Le ragioni profonde che potrebbero portare a un superamento delle divisioni, a qualcosa più di buon senso e a lungo termine per tutti, non sono alla nostra portata.

Facciamo un esempio. Di norma, a fronte di enormi, spaventose carenze ambientali, a un cinismo di chi specula per profitto o per tenere in piedi produzioni obsolete attraverso ricatti ad amministratori e pressioni ai lavoratori, sono sempre gli ambientalisti i colpevoli. Termine inteso spregiativamente, con cui si etichetta chiunque denunci, e per qualsiasi motivo, anche puramente economico e di buon senso e di programma  a lungo termine.


I lavoratori saranno portati ad attaccarli, a schierarsi dalla parte del datore di lavoro e magari anche contro le loro stesse famiglie. Senza capire che, se davvero la situazione è così drammatica ed esasperata, se davvero la produzione si sostiene solo attraverso concessioni e menzogne, tutto quel che ha in mente il datore di lavoro è sfruttamento fino all’osso, interesse finanziario e fuga col malloppo, senza pagarne le conseguenze, senza minimamente pensare a risarcimenti e bonifiche,  e quando ormai il tessuto produttivo e il bilanciamento economico del territorio sarà  irreversibilmente compromesso.

Un po’ di coraggio, oltre la salvaguardia di un particulare col fiato cortissimo, tenendosi un beneficio meschino e giornaliero per ritardare un inevitabile guaio futuro, aiuterebbe. Identificare i veri nemici, i veri bersagli, invece di schierarsi al loro fianco, pure.

Quando i nodi di una situazione difficile vengono al pettine, capire chi ha annodato, come, quando e perché, e magari chiedergliene conto, aiuterebbe non solo ad analizzare meglio, ma soprattutto a trovare come superare, alla lunga, il problema.


Evitare il doloretto oggi, cercando di non pensare al male che verrà domani, senza pensare che magari soffrire un pochino subito eviterebbe la sofferenza futura, sarà anche umano ma razionalmente è un disastro.

Solo superando questa istintiva “paura di soffrire”, di avere un danno immediato,  riusciremo a costruire o ricostruire un domani.

Non ci sono santi. La situazione è così compromessa, da tutti i punti di vista, che per un po’ di dolore dobbiamo passare.

Diffidate di chi vi promette futuro,  gioia e felicità e improbabili uscite dal tunnel. Vi sta illudendo. Sta contando balle.

Credergli, così come aver creduto per vent’anni a un imbonitore pro domo sua e a quegli altri personaggi ammirevoli che fingevano di fargli opposizione, vi porterà, e difatti ci ha portato, col sederino per terra. Perseverare sarebbe diabolico.

Allora, o accettiamo di dover per forza passare sotto le forche caudine del disagio,  o ci rassegniamo a subire un pochino, ma per costruire e uscirne davvero, e tutti insieme, cercando gli obiettivi comuni, oppure  subiremo ben più gravi sofferenze, privazioni e arretramenti. Comunque. E senza via d’uscita. La decrescita infelice.

Faccio un ultimo esempio, di questi giorni e a mio parere significativo.


 Si sta parlando di un nuovo regolamento edilizio. Il Comune di Savona, per non perdere i preziosi fondi che vengono assegnati a chi aderisce al patto dei Sindaci, si sta muovendo per attuare le politiche necessarie al risparmio energetico, anche in campo abitativo.

Su cosa ci sarà di positivo  e cosa di eventuali interessi economici annessi, ci sarà tempo per parlare e per vigilare.

Nel frattempo, le cose buone son cose buone, e come tali vanno seguite e indirizzate. Il risparmio energetico lo è.  Improcrastinabile, è la parola giusta. E siamo già in ritardo.

Ma che accade? Appena si parla di misure sugli edifici, di stop al gasolio per riscaldamento e di cappotti termici, titoloni: “stangata” sui condomini.

Associazioni che si allarmano. In questo momento storico, di difficoltà enorme per le famiglie, con un patrimonio immobiliare in parte degradato,  con le tasse che ci schiacciano, ci volete imporre nuove spese?

Giusto, sacrosanto. Ciò non toglie che la necessità di ridurre l’inquinamento, risparmiare energia e riqualificare il patrimonio esistente sia imprescindibile, e alla lunga porti a: vantaggi economici e sociali a lungo termine, miglioramento della città e della qualità della vita,  e nuove qualificate preziose opportunità lavorative per le imprese.

Difficile ragionare con i nostri portafogli semivuoti.  Eppure si deve farlo. Oppure, ci avviteremo in una spirale verso il peggio: niente miglioramenti, niente fondi europei, niente vantaggi, impoverimento generale, arretramento e decadenza.

Nel mirino, manco a dirlo, gli “ambientalisti”. Questa gente piena di pretese assurde e irrealizzabili.


 Il vicesindaco Di Tullio, in tutto questo, allarga le braccia, sospira di comprensione per le difficoltà economiche (perché si sa quanto la sinistra sia vicina a chi soffre) e  auspica compromessi.

E cioè? Spero non procrastinare o adottare soluzioni pasticciate. Spero piuttosto compensazioni, sgravi  fiscali, incentivi anche a lungo termine. Di questo possiamo e dobbiamo parlare. Magari anche di dove prendere i soldi. Che so. Evitando giusto qualche spesuccia a bilancio, data per scontata.

Nel frattempo, sarebbe auspicabile che coloro che giustamente si stracciano le vesti cominciassero a rendersi conto che la crisi in cui ci troviamo non è una calamità naturale voluta dal destino.

Cominciassero a farsi alcune semplici domande: perché una crisi economica così profonda? Chi o che cosa l’ha provocata e perché non è stato capace di intervenire in modo efficace, anzi, continua a proteggere gli stessi interessi?


Ma ancora, e più specificamente: perché si è lasciato affogare nel degrado il patrimonio immobiliare, svalutato, distrutto dal confronto con tutte quelle nuove inutili case di superlusso spuntate come funghi? Perché non c’è stata (e non si notano inversioni di tendenza, vedi Solimano Riborgo Crescent 2) attenzione ai bisogni abitativi, al tessuto urbano, alla vivibilità dei quartieri,  al decoro, a una programmazione che guardasse innanzitutto agli assetti futuri della città, che privilegiasse la microimprenditoria edile locale, che incoraggiasse imprese qualificate? Perché si è obbedito in tutto e per tutto, acriticamente, ai diktat dei costruttori, e ancora (vedi sopra) lo si continua a fare, nonostante lo spaventoso livello di invenduto e sfitto?

Sul quale ora, a quanto sembra, si è incaricato IPS di indagare. Per trovare le risposte già intuitivamente note, o anche le giustificazioni alle medesime?

Diciamolo chiaro. Lasciamo perdere le “pretese” degli ambientalisti e vediamo di chi sono le colpe, se la situazione è a questi punti, se il ritardo appare drammatico e mette in difficoltà i cittadini.

Nessuno, pur con le migliori intenzioni del mondo, che appartenga o abbia appartenuto a queste amministrazioni, come anche chi dirige IPS, può pensare di chiamarsene fuori e ricostruirsi un’immagine, senza una decisa autocritica e un cambio di rotta totale che, per il momento, non si vede ancora.

Milena Debenedetti  consigliera Movimento 5 stelle

 

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