Meloni tra AfD e il caso Elmasry: la sindrome dell’accerchiamento

Mentre AfD la erge a modello, Meloni teme di esserne risucchiata. Intanto, il caso Elmasry mina il governo e Tajani prepara la fuga al centro. Le opposizioni affilano le armi, ma il vero pericolo potrebbe venire dall’interno.
Meloni tra AfD e il caso Elmasry: la sindrome dell’accerchiamento
Tra il grimaldello geopolitico della destra estrema europea e la crisi di credibilità interna, la premier si trova seduta su una bomba a orologeria

Meloni dal Corriere della sera

L’ultima settimana ha mostrato una Giorgia Meloni sempre più isolata, stretta tra una destra estrema che la considera un faro e una realtà interna che la vede in difficoltà. Il caso Elmasry ha messo a nudo le crepe di un esecutivo che fatica a gestire le emergenze senza impantanarsi in contraddizioni imbarazzanti. Nordio e Piantedosi hanno dovuto fronteggiare il fuoco incrociato delle opposizioni, tra accuse di scarsa trasparenza e il sospetto di un’operazione condotta con troppa superficialità. Ma, a pesare ancora di più, è stata l’assenza della premier: un’assenza che ha alimentato l’immagine di una leadership in fuga, incapace di difendere le proprie scelte.**

Parallelamente, dall’altra parte dell’Europa, Alternative für Deutschland (AfD) loda la sua linea sui migranti, trasformandola in un modello da seguire. Un sostegno ingombrante, che complica la trasferta tedesca della premier: presentarsi in Germania con il rischio di essere associata alla destra neoromantica di AfD potrebbe significare un danno d’immagine irreparabile. Il suo europeismo di facciata si scontra con le simpatie che raccoglie nei circoli nazionalisti, aumentando le pressioni sul suo governo già fragile.

In tutto questo, Tajani sta preparando la sua personale exit strategy. Il vicepremier non perde occasione per sottolineare il ruolo centrista di Forza Italia, con richiami continui all’eredità di Don Sturzo e della buona politica. La sua agenda lo porta da Berlino a Hammamet e poi a Caltagirone, costruendo una narrazione che può servire sia a smarcarsi da Meloni sia a presentarsi come alternativa responsabile in caso di implosione dell’esecutivo. Meloni teme più lui di Salvini: quest’ultimo, ormai ridotto a una comparsa nel governo, si è trasformato in un cavallo di Troia per il generale Vannacci, che lo sta lentamente logorando dall’interno.

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A sinistra, le opposizioni cercano di capitalizzare il momento. Fratoianni e Bonelli si rivolgono all’Europa per mettere sotto osservazione l’Italia, cercando di dipingere il governo come un’autoritaria minaccia per le libertà civili. Magi di +Europa spinge per un coordinamento permanente delle opposizioni, nella speranza di evitare frammentazioni che rendano impossibile una vera alternativa di governo. Ma anche Elly Schlein vive il suo momento di incertezza: più che attaccare a testa bassa, sembra voler negoziare, evitando di essere travolta da una polarizzazione che potrebbe non giovarle.

E poi c’è Giuseppe Conte. Il leader del M5S sembra sempre più incline a un’operazione Samsoniana: se il governo Meloni dovesse crollare, potrebbe voler portare con sé tutto l’impianto istituzionale, spingendo per una crisi totale che azzeri il quadro politico attuale. Uno scenario estremo, ma non impossibile in un’Italia che sta diventando sempre più instabile.

Meloni ha costruito il suo consenso su una narrazione di coerenza e forza. Ma ora si trova su un campo minato: deve destreggiarsi tra le sirene dell’estrema destra europea, le manovre interne al governo e le opposizioni pronte a colpire. Il vero interrogativo è: se il suo governo dovesse cadere, chi raccoglierà i cocci? La risposta potrebbe non essere italiana.

Antonio Rossello       CENTRO XXV APRILE

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