Margonara

MARGONARA ULTIMO ATTO!!!
L’architetto, l’imprenditore, gli avvocati e la scuola

MARGONARA ULTIMO ATTO!!!
L’architetto, l’imprenditore, gli avvocati e la scuola
 

Se penso al rapporto tra città e architettura, penso alla democrazia. L’architettura non può essere indipendente dagli uomini, perché se immaginassimo una città senza gli uomini o il contrario, ci sarebbe qualcosa che non funziona, si vedrebbe un’assenza. Gli esseri umani sono obbligati a vivere con la loro architettura……..

Quando io progetto, la geografia per me è di fondamentale importanza perché di maggiore complessità in quanto va al di là dell’ analisi territoriale, topologica e topografica dei luoghi. Parlare di context penso sia, poi necessario, anzi quando c’è un’assenza di context, io non intervengo….”

 

   Massimiliano Fuksas

Da “Città architettura e società”-Biennale di Architettura-2006

E ancora:

Le città sono divenute identiche le une alle altre. Gli stessi edifici, le stesse torri, tutto sembra disegnato dallo stesso architetto”

    Massimiliano Fuksas

 

L’archistar. 

Fuksas pronunciava queste sagge riflessioni qualche anno prima di proporre la sua torre da 120 metri nel bel mezzo della piccola baia della Margonara a Savona, dove spiaggia, scogli affioranti e una colonia di madrepore costituivano proprio la geografia: il context incompatibile col suo progetto. 

 In un’intervista, più tarda, sosteneva di essere uno “ che non aveva niente a che fare con il cemento” e, per questo, di non aver mai accettato incarichi da Ligresti e da Caltagirone. (intervista sul Secolo XIX del 19/12/08), ma nel frattempo accanto alla Margonara e al suo porticciolo, che il cemento non si sarebbe fatta di certo mancare , comparivano nomi come Pierre Noiray, tristemente noto per implicazioni illegali col cemento, con false fatture e porticcioli e più tardi la società Omnia, di Gambardella e soci, che di tutto si può dire si sia interessata fuorché di democrazia del territorio e a Savona lo ha ampiamente dimostrato.

Passò qualche tempo e la “sperimentazione progettuale” di Fuksas sembrò non funzionare. Il progetto, già bocciato a San Pietroburgo per la Gazprom, fu oggetto di forti critiche dal territorio, di polemiche politiche e fu nuovamente bocciato, questa volta dai tecnici della Regione Liguria.

Le ire dell’architetto non tardarono arrivare e forse anche con ragione.


Massimiliano Fuksas

Era difficile digerire che, poco prima, un Sindaco e un Presidente dell’Autorità Portuale si recassero a Roma per chiedergli di progettare per Savona “qualcosa di ambizioso”, come 17.000 metri quadrati di edifici, 650 posti barca, un megaparcheggio e un edificio polifunzionale di altrettanta metratura, senza avere l’incondizionato appoggio dell’Amministrazione regionale e degli Uffici competenti.

Era difficile digerire che mentre lui, sempre pronto a discutere di grandi proposte urbanistiche, pensasse al suo tornado alto 125 metri sul mare, a edifici nuvola e a colline artificiali di cemento che cancellando la spiaggia e la scogliera avrebbero contenuto megaparcheggi e soprattutto a un megaporticciolo che cementando un ampio tratto di mare antistante il piccolo golfo avrebbe di fatto annullato lo scoglio della Madonnetta, l’amministrazione comunale non riuscisse a difenderlo.

 

Era sicuro il grande architetto ed era sicuro l’imprenditore privato che, una volta superati gli ostacoli della concessione del terreno demaniale e sponsorizzato dall’Autorità portuale, avrebbe avuto in pugno l’affare.

Se lo ricorderanno coloro che parteciparono al Consiglio Comunale del 2007, quando proprio Fuksas, in veste di professionista incaricato dai privati, con in tasca una parcella da un milione e mezzo di euro, si rivolse all’ uditorio savonese come fosse composto da provinciali e ignoranti abitanti di una “città nana”, chiamando “ecomostro” l’ospedale di Valloria, e disprezzando un territorio, quello prospiciente a Margonara, a cui solo il suo progetto poteva dare dignità, “conferendogli l’effetto Bilbao”. 

I politici. 

Gli amministratori lo ringraziarono, alcuni anche con estrema reverenza come il capogruppo Ds, Decia.

Erano giorni in cui i quotidiani locali facevano a gara per pubblicare dichiarazioni gratuite e spesso farneticanti di nomi noti, artisti e associazioni favorevoli che il Sindaco contattava perché avvallassero la sua scelta e giustificassero l’insistenza del Comune di Savona a proseguire, quando le voci contrarie, affiancate da Sottosegretari di Governo appositamente arrivati a Savona, si facevano sempre più numerose e pericolosamente determinate. Erano giorni in cui l’ Assessore Molteni sostenuto dall’allora superassessore regionale Ruggeri, tradendo un esacerbato nervosismo, si lanciava a invettive contro gli oppositori definendoli “minoranza di ricchi pantofolai che usano dire NO a tutto !!!” e deludendo il suo mandato alla cultura , definiva il Priamar, un “ecomostro del ‘500”.


Disegno di Serena Salino

Era il periodo in cui Canavese rigettava al mittente le accuse sulla mancata salvaguardia dell’ultimo tratto di costa libero dalla cementificazione , facendo l’elenco delle “brutture “ della Margonara: la discarica di lavatrici, la mancata manutenzione di Rio Termine e le baracche, facendo eco al progettista che dall’alto della sua coscienza di uomo di sinistra, stizzito dichiarava Uno può anche sognare di stare ai Caraibi, ma qui non sono i Caraibi!”

Difficile capire le due realtà savonesi: da una parte, la classe politica e dirigente che imponeva porticciolo e grattacielo, in primo piano l’assessore DiTullio che, dopo aver salutato con sollievo il tornado come simbolo di Savona al posto della obsoleta Torretta, il 30 settembre 2008, assicurava la conclusione dell’iter progettuale in un mese e mezzo e dall’altra la gran parte dei cittadini, con comitati, blog e associazioni culturali che lo osteggiavano come fosse il loro pezzo di Caraibi da difendere.

 Così proprio mentre per l’architetto, gli imprenditori, l’Autorità Portuale e molti politici (fortunatamente non tutti !!) tutto sembrava andare nella giusta direzione, il Comitato tecnico regionale, recependo le indicazioni del VIA nazionale, bocciava il progetto sulla compatibilità ambientale della scogliera, la protezione delle madrepore e soprattutto sullo studio del moto ondoso e il riempimento dei fondali, recependo di fatto le motivazione alla base dell’ opposizione di tutti i movimenti cittadini.

 

Tutti sembrarono stupiti, alcuni molto irritati come il presidente Canavese che parlò di responsabilità sul fallimento di un progetto da 100 milioni di euro, come se non fossero bastate le inutili cementificazioni del Piano Portuale diventate emblematiche, a partire dall’inabitata torre Bofill e dal mostro Crescent.

A Ruggeri, il vero fautore del progetto, costò il suo decadimento politico, quando il governatore Burlando aveva già designato il porticciolo di Savona, elemento sacrificabile.

 

Irritati anche gli amministratori del Comune di Albissola Marina che, da subito, avevano reclamato la loro bella fetta di cemento che, con gli oneri, avrebbe dato respiro ai bilanci drogati del Comune, e pur passando da un’amministrazione di centro destra a una di centro sinistra non mancavano di esternare le stesse motivazioni ufficiali e cioè “una grande occasione di sviluppo per Albissola, a costo zero”. Un territorio, quello di Albissola, dove il “miracolo degli indici” aveva già prodotto un Piano Regolatore “groviera” con il risultato di una cementificazione da far impallidire quella degli anni ’50 che l’attuale Giunta si era ben guardata da modificare.

L’imprenditore.                                   

Dopo anni di nuovi tentativi, nuovi progetti passati dalle mani di Fuksas a quelle della figlia dell’imprenditore stesso, Gambardella, nuovi incontri, ulteriori riunioni politico- amministrative, nuove minacce da parte degli interessati, venerdì 11marzo 2011 si è chiusa con esito negativo la Conferenza dei servizi sul porto della Margonara.

Giovanni Gambardella

Questo dovrebbe essere l’ultimo atto che conclude, una volta per tutte, la vicenda Margonara durata quattordici anni.

Quattordici anni d’incoerenze, di ripensamenti, di false certezze e incaute promesse, ma anche di presunzione , di arroganza, di sopraffazione … di mancata democrazia del territorio.

Per queste incoerenze della politica, questi tentativi di ignorare le istanze di tutela ambientale che parlano di qualità della vita lontana da un’ingiustificata aggressione del cemento, c’è chi, oggi, pretende di annunciare “ricorsi al Tar e al tribunale civile per far valere i propri diritti derivanti da quella concessione ottenuta anni fa.”

 Per questo c’è chi rimarca, indignato, che la decisione di non fare più il porto “sia stata presa a livello politico”, come se la gestione del territorio non sia, di fatto, una scelta politica , mentre le argomentazioni tecniche e amministrative debbano essere giustificazioni di legalità e costituzionalità delle decisioni prese.

La mistificazione di quelli che sono, di fatto, i ruoli dei politici che dovrebbero amministrare il territorio difendendolo e tutelandolo come patrimonio di tutti i cittadini, dei privati imprenditori che chiedono di costruire e fare profitto per le proprie aziende, sta tutta nelle dichiarazioni rilasciate in una’intervista da Gambardella stesso, che sostiene” In separata sede tutti mi dicono che ho ragione e l’atmosfera che ho visto al termine della Conferenza dei servizi non mi pareva quella di persone che esultano per la bocciatura di un progetto che non condividono».

 

L’incongruenza dei nostri politici che si rendono ancora una volta sottomessi a chi sfrutta il territorio e lo depreda, si trasforma così in mancata dignità, davanti a un dato inopinabile: le motivazioni che stanno alla base della tutela ambientale, hanno salvato dall’inutile e deleteria cementificazione un pezzo di paesaggio cui tutti abbiamo diritto.

Non è poco tutto ciò, comunque sia accaduto, ora è così.

L’ultimo pezzo di costa savonese è salvo.

 

La scuola.

 

“ La vicenda del porto della Margonara è emblematica di un modo di amministrare che non può più essere accettato. Parlerò di questo e di altro ai ragazzi dello Scientifico Grassi che sono stati così gentili da invitarmi il prossimo 29 marzo». Questo dice Gambardella, riscoprendo nella scuola un interlocutore funzionale ai suoi mancati diritti di privato imprenditore, voglio sperare lontano dalla scuola che “inculca” del Presidente del Consiglio.

 Sono certa che i ragazzi dello Scientifico Grassi, così gentili da invitare il signor Gambardella, sapranno certamente che il consumo di suolo è, in Liguria e in provincia di Savona, una situazione grave e complessa. Le rimanenti aree urbane ancora libere o rese libere da edifici postindustriali vengono edificate senza un progetto metropolitano e ambientale, di trasporto pubblico e di servizi e quelle di maggior pregio, come proprio la costa, è bersaglio , da anni, di una edificazione dissennata spesso di seconde case che ha cementificato gli ultimi lembi ancora liberi di territorio e spesso a rischio idrogeologico, talvolta abusivamente, spesso col benestare di piani regolatori.

 Il limite di non ritorno, superato il quale l’ecosistema non sarà più in grado di autoriprodursi è sempre più vicino e nessuno sembra curarsene. Le nostre coste marine, ma anche le nostre colline sono, da troppo tempo, sottoposte a una minaccia costante: quella del cemento.

Non vi è angolo del nostro territorio in cui non vi sia un progetto per insediamenti residenziali, commerciali e logistici; piattaforme o porticcioli.
Non si può andare avanti così!

La natura, la terra, l’acqua non sono risorse infinite, quasi sempre per sprechi, scarsa occupazione e scarsa qualità della vita dei cittadini. Il nostro territorio è al dissesto idrogeologico, il patrimonio paesaggistico e artistico rischia di essere irreversibilmente compromesso verso un impoverimento senza ritorno, le identità culturali e le peculiarità del territorio sembrano destinate a confluire in un unico, uniforme e grigio contenitore indistinto.

Dobbiamo essere noi cittadini, scuola compresa, proprio come abbiamo fatto per Margonara, a batterci e chiedere che la salvaguardia del territorio non sia subordinato a interessi finanziarie speculativi di pochi, un meccanismo deleterio che permette solo la svendita di un patrimonio collettivo ed esauribile come il suolo.

Quello che tentiamo di consegnare alle prossime generazioni non è molto, ma, oggi più che mai, dobbiamo essere convinti che sia importante salvarlo!!!

                                                         ANTONIA BRIUGLIA

Disegno di Serena Salino

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