Ma che politica, ma che cultura

Satira sulle vicende Boccia, Sangiuliano, Giuli e Spano

Ecco l’Italia, la patria di Dante, Michelangelo, Fellini… e ora di Boccia, Sangiuliano, Giuli e Spano. Tutti nomi che, a sentirli così, sembrano più personaggi di una commedia dell’arte piuttosto che protagonisti di un’opera di governo. Eppure, mentre ci si immagina una cultura fatta di alti ideali, arte e filosofia, il Ministero della Cultura sembra essere diventato il palcoscenico di una tragicommedia degna dei peggiori teatri di provincia.

Come cantava Edoardo Bennato: “Ma che politica, ma che cultura!” e noi ci aggiungiamo: “Ma che intrighi! Ma che colpi di scena!”

Cominciamo con *Gennaro Sangiuliano*, il protagonista caduto. Ex direttore del Tg2 e ministro dimissionario, travolto non da un’ondata di critiche sulla gestione della cultura, ma da quelle assai più piccanti che riguardano Boccia, imprenditrice di Pompei, accusata di minacciare addirittura un corpo politico dello Stato. E non si pensi che si tratti di minacce culturali – come scioperi di poeti o sit-in di filosofi – no, qui la cultura si fa pesante, da far venire il mal di testa. Chissà cosa diceva Sangiuliano mentre cercava di giustificare la nomina mancata della Boccia a consigliera per i Grandi Eventi, probabilmente un’arte che nessun teatro può mettere in scena senza ridere.

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Ma ecco che sul palco arriva *Alessandro Giuli*, fresco di nomina e già convocato dai pm. “È venuto a mancare il rapporto fiduciario” con Francesco Gilioli, il capo di gabinetto. Una frase così diplomatica che persino Machiavelli si sentirebbe intimidito. L’“evento traumatico” che ha fatto precipitare la situazione sembra più un episodio di soap opera che di vita politica, con chat segrete, documenti misteriosi e complotti da romanzo di Dan Brown. E tutto questo accade nel Ministero della Cultura, dove si dovrebbe parlare di Michelangelo, e non di “incongruenze nei curriculum” e “propalazioni di notizie coperte da segreto amministrativo”. Roba che neanche nei peggiori bar della politica.

Ma non è finita qui, perché arriva il colpo di scena: *Francesco Spano*, nominato capo di gabinetto, decide di abbandonare la scena dopo appena qualche giorno. Le anticipazioni di Report, le indiscrezioni e le insinuazioni che ruotano intorno al suo compagno assunto al Maxxi hanno creato un clima “barbarico” – parola sua. Un uomo che parla di “serenità di pensiero” mentre il castello di carte della politica crolla attorno a lui. E nel frattempo Giuli cerca disperatamente di trattenere un po’ di credibilità, dichiarando solidarietà al dimissionario, che probabilmente avrebbe preferito stare lontano anni luce da quel nido di vespe.

Tra chat compromettenti, favori personali, dimissioni e accuse di favoritismi, viene da chiedersi: ma la cultura? Ma l’Italia? È un Paese dove la cultura viene rappresentata da teatrini di questo tipo? Una tragicommedia che Edoardo Bennato, probabilmente, aveva già previsto quando cantava che di politica e cultura, in questo Paese, si parla tanto ma si fa molto meno.

E mentre la giunta del Senato si prepara a decidere sulla richiesta di acquisizione delle chat di Sangiuliano, il pubblico attende il prossimo atto di questa commedia. Forse il finale non è ancora scritto, ma una cosa è certa: in Italia, la politica e la cultura sono state sostituite dal gossip e dal dramma, e il sipario sembra lontano dall’abbassarsi.

Che politica, che cultura… o forse, che farsa!

Antonio Rossello       CENTRO XXV APRILE

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