L’unico riciclo che non ci piace

L’unico riciclo
che non ci piace

 

L’unico riciclo che non ci piace

 E’ quello dei politici e delle poltrone. A giudicare dagli articoli post elettorali che compaiono su siti e giornali, il mercanteggiare fra persone e partiti per i posti e i ruoli a disposizione, la quadratura per non far rimanere fuori nessuno, le alchimie, i bisticci e le bizze degli esclusi, i colloqui riservati, le prove di forza dei segretari, la ricerca di nomine accessorie, gli spostamenti…

  Tutto questo viene registrato come cronaca, dato come normale e scontato, anche se in sottofondo pare di ascoltare il mugugnare del cittadino scontento dell’andazzo ma rassegnato e affatto sorpreso.

Cittadini ormai abituati, perché, prima di tutto pensano non serva a niente reclamare, si fa così dappertutto, a quanto pare, è normale prassi. Poi, perché alla minima protesta, tac, scatta l’accusa: la solita antipolitica, non si può generalizzare, è qualunquismo, è populismo sterile…

Be’, noi la pensiamo diversamente. Non abbiamo paura di essere tacciati come sopra, tanto ce lo dicono in ogni caso, ce lo affibbiano come etichetta precostituita, quelli dell’antipolitica, solo protesta, eccetera eccetera. A dispetto di ogni prova contraria.

Noi crediamo si tratti solo di buon senso, concretezza, e perché no, di un ritorno a un livello più alto di etica politica. Crediamo che sia il minimo da pretendere, dai propri rappresentanti.

Quando noi parliamo di ridurci i compensi, di non accettare finanziamenti e rimborsi pubblici per la campagna elettorale, di svolgere attività politica solo per un tempo limitato della vita, qualcuno pensa siano solo parole, slogan retorici o magari stravaganze che poi passano, col tempo, quando ci si normalizza e si entra nel gioco.

Non è così, la nostra ferma intenzione è continuare su questa strada, quella che porta alla democrazia diretta, la più alta e nuova forma di democrazia, dove le decisioni sono condivise dalla comunità dei cittadini e alla fine non c’è neppure più bisogno dei partiti mediatori, accentratori di risorse e potere. Dove si sottraggono soldi alla politica, attirando quindi ad occuparsene non chi vuole farne una lucrosa professione, chi ha interessi personali specifici da proteggere o far crescere, ma solo chi davvero pensa di volersi spendere per la comunità.

Le utopie cominciano coi piccoli passi.

Non ci piace che si pensi di distribuire gli assessorati col metro della logica e della spartizione partitica, senza badare più di tanto a specifiche esperienze e competenze, ma facendo valere solo strategie, scambi e percentuali. E lo stesso nella distribuzione di posti di vertice in società dove occorrerebbero soprattutto grandi doti gestionali e specifiche risorse.

 Non ci piace, in questo gioco della sedia dove, quando si interrompe la musica, le poltrone mancanti e le persone in piedi sono sempre di più, che agli esclusi, a tutti gli esclusi, vada trovata “per forza” una compensazione all’interno del sistema. Qualunque essa sia, purché adeguatamente remunerata e/o di prestigio. Infatti nella trattativa si scambia con disinvoltura un posto con un altro completamente diverso. Come figurine per completare l’album.

Non ci piace che, se proprio lo spazio per le figurine non si trova, se ne creino e inventino di nuove, più o meno fantasiosamente, alla bisogna. Non ci piace che tutto questo, lo ricordiamo, sia pagato con soldi pubblici, cioè dei cittadini.

 Non ci piace che il gioco includa un equilibrio delicato per tutta la comunità, non solo l’amministrazione ma anche il settore delle partecipate.

Non ci piace che il fenomeno dei doppi e tripli incarichi sia ormai piaga dilagante, non sufficientemente impedita da leggi e regolamenti, con tanto di cumulo di compensi, quando già è difficile svolgerne bene uno, di incarico. 

Non ci piace essere scambiati per marziani che parlano una lingua sconosciuta, se diciamo che chi è bocciato dagli elettori potrebbe semplicemente fare un passo indietro.

Che in caso di bocciature particolarmente “sonore” oppure ripetute, personali o del proprio partito, non ci sarebbe nulla di disonorevole a lasciare la politica, per sempre o per una pausa, far posto ad altri e tornare al proprio qualsivoglia lavoro fuori da ogni incarico pubblico.

Anche, e a maggior ragione, se si è stati assessori comunali o regionali.

In molti paesi questa è la normalità, la routine, parte del gioco, solo da noi sembra un’eresia.

Almeno il “gran capo” ha la giustificazione dei guai giudiziari per il suo accanimento a tener salda la poltrona, ma dietro di lui, da Roma  e in un dilagare per tutto il Paese, c’è una schiera di gran sconfitti e gran trombati di ogni colore e di età vetusta che non mollano la presa, il conquibus, le cariche e controcariche. E pretendono pure di far lezioni e morale agli altri, non si sa in virtù di che.

Be’, tutto quanto sopra e molto altro, della politica attuale, non ci piace, come non piace a tanti cittadini, e non solo, come si diceva, in cerca di un più alto livello etico, ma anche per motivi pratici, di ridurre il fiume di denaro pubblico devoluto a tutto questo, in tempi di gran debito nazionale, gran debito comunale, patti di stabilità e crisi dilagante. Sono più che mai necessari  sobrietà e sacrificio.

Dunque, abbiamo già cominciato a introdurre la nostra piccola nota nella melodia, richiamando al rispetto di una sacrosanta norma di legge recente che vieta, appunto, certe nomine e certi passaggi…leggi dal SECOLOXIX

Continueremo a esprimerci su questi temi, dando voce ai cittadini, a vigilare sul rispetto di leggi vigenti, e, se necessario, ad attirare l’attenzione sia sulle discrepanze con la legge, sia sulle lacune e carenze che andrebbero colmate con nuove leggi o regolamenti specifici, come, appunto, il divieto di cumulo di cariche quando non previsto.

Non per astio, non per antipolitica, non per fare polveroni, ma solo e semplicemente e tranquillamente come parte fondamentale del nostro mandato.

 Milena Debenedetti

 

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