Lou Ottens: l’uomo che mise la musica in tasca: E nei nostri ricordi

Lou Ottens: l’uomo che mise la musica in tasca: E nei nostri ricordi

Sapete chi è lui ?
E’ Lou Ottens, ovvero colui che non ha solo inventato un oggetto che ancora oggi ha grandi estimatori e viene usato ancora da molte persone, nonostante sia passato il tempo, le mode e non venga più prodotto in serie come fino a poche decine di anni fa, come non vengano più prodotti nemmeno i lettori di ogni dimensione di queste magiche musicassette o audiocassette che dir si voglia.
È colui che ha inventato la possibilità di metterci in tasca tantissime emozioni in formato “musica” , tutti noi – chi più, chi meno – gli dobbiamo qualcosa.
Un ricordo, una canzone, una dichiarazione registrata goffamente, una compilation di canzoni per la nostra amica o fidanzata, un DJ set di una serata mitica in discoteca, una prova da portare in tribunale, o una registrazione di una conferenza o un intervista per uno scoop giornalistico.
Gli dobbiamo le nostre prime playlist fatte a mano con l’orgoglio di un produttore musicale e l’ansia che il lato A finisse prima del ritornello,
Era olandese, lavorava per la Philips da anni, e un giorno del 1963 disse:
“Sono stanco dei nastri a bobina, sono grandi, scomodi, complicati.
Voglio qualcosa di pratico, piccolo come una scatola di sigarette.”
E così nacque la Compact Cassette.
Una piccola rivoluzione rettangolare, con due rocchetti, un nastro magnetico marroncino e un guscio di plastica.
Sembrava nulla, ma da lì a poco, sarebbe diventata la colonna sonora di milioni di vite.
La musica, fino ad allora, era qualcosa che ascoltavi dove ti dicevano gli altri, loro:
la radio, il jukebox, il mangiadischi o il giradischi di famiglia, il mobiletto musicale, e qualcuno tra i più benestanti lo aveva anche in auto.
Ma non era per tutti, come gli Ampex ingombranti e simili ai proiettori cinematografici.
La cassetta fu la prima a dire:
“Adesso decidi tu.”
Cosa ascolti, quando, come, dove e con chi.


Un’autoradio col mangianastri e una cassetta dentro?
Era già una fuga, una promessa, una dichiarazione d’indipendenza.
Gli stereo portatili a doppia cassa, e a doppia piastra, dove poter riuscire anche a duplicare le stesse musicassette da dare agli amici.
I ragazzi si registravano le canzoni dalla radio, i DJ parlavano sopra, ma chi se ne fregava, si tagliava con la pausa e si riprendeva, e quando il nastro si strappava bastava un piccolo pezzo di nastro adesivo trasparente per aggiustare tutto.


Quella voce sopra il ritornello diventava parte della canzone, un’imperfezione che oggi nessun algoritmo è in grado, per adesso di replicare.
E poi c’erano i mixtape.

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Cosa vuoi dire a una persona se non riesci a farlo con le parole?
Una cassetta.
Un lato A con brani d’amore.
Un lato B con quei pezzi che ti fanno pensare a lei.
Oppure qualcosa per ballare….

Chi non ha mai regalato una cassetta personalizzata e non ha mai davvero rischiato il tonfo cuore.
Le cassette diventavano messaggi, lettere d’amore, dichiarazioni non dette.
E poi i viaggi in macchina con il sole addosso, pianti trattenuti dietro gli occhiali da sole.
Inverni lunghi riempiti di musica calda, attraverso il Walkman e le morbide cuffie, che ti portavi ovunque, sulla bici, sulle piste da sci, a piedi e sul bus…
E quella dannata abitudine di riavvolgere le cassette con la matita, per non sprecare batterie.
Quello era amore, era attenzione, era cura, era vivere la musica come un pezzo di te.
Negli anni ’80 le case erano piene di musicassette impilate.
Comprare una musicassetta di un artista o un gruppo musicale per un certo periodo ha addirittura superato la vendita degli LP e dei 45 giri.
Negli anni ’90 i portachiavi delle cassette vuote facevano “figo”…
E oggi, 40 anni dopo, molti “Boomer” come me, riempiono le bacheche di nostalgia, cercando una TDK SA90 o una Maxell XLII come fossero reliquie sacre.
Poi la Sony inventò anche le microcassette, usate dalle spie e da cui molti registravano senza farsi vedere anche molti concerti, che tramutarono in LP bootleg.
Lou Ottens non cercava la gloria, quando fu intervistato, anni dopo, disse:
“Non mi piace chi si aggrappa alla nostalgia, le cose devono evolversi.”
E aveva ragione.

Perché dopo la cassetta arrivò anche il CD ed anche quello portava la sua firma.
Ma Lou, in fondo, sapeva bene che quella piccola scatola di plastica aveva segnato un’epoca.
Oggi tutto è streaming, tutto è tecnologico ed un giorno le IA sostituiranno tutto, anche il piacere di scegliere.
Oggi ascolti mille canzoni, ma ne ricordi poche.
Una volta ascoltavi 20 canzoni, e ognuna era un viaggio ed era “tua”.
Ogni volta che premi “play” su Spotify, o su Alexa sleppur non lo so noti, c’è un pezzettino di Lou Ottens anche lì.
Ma tutto ciò, non sarà mai come quando sentivi il nastro frusciare e sapevi che tra pochi istanti quella voce, quella chitarra, quella melodia ti avrebbe spezzato il cuore o fatto volare via.

Ecco perché Lou Ottens non ha solo inventato un oggetto, ma ha inventato un modo di ascoltare il mondo.
Oggi lo ricordiamo così:
Non con una statua.
Non con una targa.
Ma con un suono.
Quel piccolo clic… che diceva:
“Pronto. Sto per farti sentire qualcosa che non dimenticherai più.”
Grazie Lou.
Per ogni ricordo inciso.
Per ogni emozione arrotolata.
Per ogni parte di noi che vive ancora dentro una cassetta impolverata. A proposito noi le musicassette o audiocassette, come i Vinili storici, le vendiamo sul nostro banchetto in giro, veniteci a trovare…

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Paolo Bongiovanni
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