L’Italia riparte in monopattino

L’Italia riparte in monopattino
Quando nella politica l’intelligenza è latitante

L’Italia riparte in monopattino
Quando nella politica l’intelligenza è latitante

 L’intelligenza è una qualità delle persone tanto difficile da definire quanto facile da percepire. La sua valutazione risulta immediata per l’uomo della strada ma tortuosa e contraddittoria nelle mani degli scienziati, che hanno creato una specifica area disciplinare e una quantità di tecniche di misurazione con risultati sconfortanti. Basta dire che il  precipitato di tutti i loro sforzi è un indefinibile e misterioso fattore “g”, vanificato dalla sconsolata conclusione che l’intelligenza è ciò che misurano i test di intelligenza. Come dire un pugno mosche.

  

 

Fatto si è che intelligenza non ha a che fare con gli strumenti cognitivi  ma è apertura mentale, libertà interiore, flessibilità, pensiero divergente, vale a dire capace di tollerare le contraddizioni, di tener conto di variabili in contrasto fra di loro, di formulare ipotesi falsificabili; ciò che Piaget aveva creduto di riconoscere nella reversibilità. 

Chi difetta di questa qualità è il fanatico, l’uomo di fede, il partigiano, il tifoso, chi si lascia imprigionare all’interno di schemi precostituiti, chi non si azzarda a uscir fuori dall’ombrello delle proprie convinzioni, che poi proprie non sono, perché le convinzioni sono come tali alienanti.  Con uno così è inutile confrontarsi, ti costringe a scendere al suo livello e il confronto si trasforma inevitabilmente in scontro. E guai se quel fanatico, uomo di fede, ecc. ha un’idea, fosse pure una buona idea. La assolutizza, la generalizza, la decontestualizza e, se ha il potere di farlo, la impone trasformando un’opportunità in un disastro. 


È difficile che nelle idee non ci sia qualcosa di buono. Lo stesso comunismo, considerato a ragione la peggiore sciagura del ventesimo secolo, in astratto ha delle ottime frecce al suo arco ma ha il grosso inconveniente di essere un’utopia irrealizzabile. Sta il fatto  che idee ottime in sé possono tradursi in provvedimenti pessimi se non si è capaci di immaginare scenari futuri, se ci si affida a modelli di comodo, se si è incapaci di una visione di sistema o, più banalmente, di commisurare costi e benefici. 

Bene, senza girarsi troppo intorno, uno che si affeziona a un progetto ma non vede né può controllare le conseguenze della sua applicazione è il contrario di una persona intelligente, diciamo pure che è uno stupido e, se occupa una posizione di potere, uno stupido pericoloso.

Un caso di scuola è quello dell’ex ministro Toninelli, del quale ho sott’occhio un video che lo vede magnificare come una conquista decisiva, capace di cambiare le abitudini di vita degli italiani, di rendere il cielo delle nostre città più limpido e di  restituirci il silenzio perduto, il contributo previsto dal mirabolante DL “Rilancio Italia” per l’acquisto di quello skateboard modificato che ripropone in una versione elettrica, anzi elettronica, il monopattino della nostra infanzia.


Già ora c’è un problema con le biciclette. Torme di ragazzini con le scuole chiuse e la bella stagione hanno scoperto il gusto di pedalare in gruppo, hanno reso inutilizzabili le poche piste ciclabili funzionali e fanno a gara con gli scooter nel trasformare il traffico cittadino in una pericolosa gimkana. Immaginiamo gli skateboard che ti passano da destra e da sinistra, ti si parano davanti, se appena li sfiori con lo specchietto vanno giù come birilli, saltano sulle buche e le toppe delle nostre che non sono proprio strade svizzere rovinando gli uni addosso agli altri e sotto le ruote delle auto. Ma c’è il mito della trazione elettrica e con quello si azzerano tutte le obiezioni. Fra le quali resta fondamentale la precarietà dell’attrezzo, scioccamente equiparato ad una bicicletta. E già la bicicletta elettrica è un mezzo pericoloso, tollerabile solo a patto che ne circolino poche e lontano dalle strade principali. Pericoloso anche come attrezzo sportivo, figuriamoci con sopra la casalinga carica di sacchi della spesa. Il monopattino elettrico non è un mezzo di trasporto: è un giocattolo o un attrezzo sportivo sicuramente divertente e in rari casi utile ma un giocattolo, da usare con prudenza e nel contesto appropriato. Le parole dell’ex ministro sono agghiaccianti, lo sarebbero anche in bocca a uno spregiudicato venditore


Il pendolare in giacca e cravatta scende dal treno tenendo sottobraccio il monopattino piegato – leggerissimo, ci assicura il ministro-venditore – con la borsa d’ordinanza nella’altra mano. Scende da marciapiede, tira su il manubrio e oplà! Via verso l’ufficio. Niente mezzi sovraffollati, niente taxi, niente inquinamento. Capelli al vento e felice alla meta. 

Agghiacciante, veramente. Non per l’obiezione che muove un accalorato Giordano: le priorità sono altre, sono soldi buttati, bisognava pensare di più alle persone in difficoltà e così via. Queste sono obiezioni stupide come stupido è il provvedimento. Obiezioni pronte all’uso, utili solo per bloccare qualunque iniziativa, si è fatto questo ma era meglio fare quell’altro, si è pensato a questi ma si sono trascurati quelli; quel provvedimento è stupido non perché indirizza risorse in una direzione piuttosto che in un’altra ma perché se applicato sul serio può provocare guasti irrimediabili e non serve minimamente a conseguire gli obiettivi per i quali è stato pensato: serve solo a chi quegli oggetti li produce e a chi li vende.


Non è la prima né sarà l’ultima intemerata di questa travagliata stagione. Non dimentichiamo la vicenda grottesca delle piste ciclabili nel centro di Milano. Una cosa che ha fatto ridere mezzo mondo. Non c’è invece nulla da ridere nella battaglia contro la plastica, purtroppo vinta da chi l’ha  voluta,  che poi sono quelli che con lo sguardo fisso a una nobile causa, spiagge sporche, mare inquinato, delfini soffocati potevano anche passar sopra i risvolti economici e sociali della perdita o del ridimensionamento di un’importante attività produttiva ma avrebbero dovuto sapere che l’alternativa alla plastica è la deforestazione. E che ne pensano ora del trionfo dell’usa e getta,delle pellicole, del confezionato, ora che ci si lagna perché medici e infermieri, ma non solo loro, non hanno a sufficienza presidi igienici come gli scafandri e gli schermi in plexiglas?

E quando si frigna perché mancano le mascherine, si è consapevoli che c’è un problema enorme per il loro smaltimento e che abusarne nuoce gravemente alla salute? Che non sono un rifiuto qualsiasi ma focolai e veicoli di infezioni anche senza l’intervento del corona virus? Ma gli italiani, si dice, stanno dando una grande prova di responsabilità assecondando pedissequamente le prescrizioni confuse, ambigue, contraddittorie che vengono dall’esecutivo. Vediamo così lo scooterista con mascherina, per difendersi da non si sa che cosa, l’automobilista solitario che si preoccupa di non infettare se stesso, il runner che corre bendato e si capisce che quando una democrazia viene manomessa ci potrà anche essere stato l’intervento di poteri occulti, ci saranno state manovre di palazzo e intrighi sovranazionali  ma di sicuro c’è un popolo fiacco che ne ha reso più facile la manomissione.  E su Conte, il cicisbeo che è la summa dei Bonafede, delle Azzolina, dell’ex Toninelli – e dei Gualtieri -, qualcuno dice: difficile far meglio, date le circostanze; mi sento di rispondere: impossibile fare peggio.

La realtà è complicata, troppo complicata per le anime belle e le menti semplici. Alle quali qualche volta va riconosciuta la buonafede – mi veniva da scrivere Bonafede – ma che il più delle volte tanto semplici non sono quando si tratta di badare al proprio tornaconto. Mi brucia ancora aver creduto che i grillini fossero animati da un sincero amore per l’ambiente, che fossero spinti dalla voglia di pulizia, che credessero in una democrazia incarnata dalla gente comune. In tanti siamo stati raggirati, ingannati, truffati ma mi consola la convinzione che nella vita, se si vuol darle un senso, meglio essere truffati che truffare. Certo, in tempi di minore stanchezza e acquiescenza si sarebbe vista tutta la truppa miracolata dall’incolpevole Rousseau scappare a gambe levate inseguita dai forconi dei loro elettori più che delusi inferociti.  Ma non ci è dato di scegliere i nostri genitori né l’epoca in cui venire al mondo.

  Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione    

 

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