L’intelligenza, chi l’ha vista?
Con la cultura, l’umanità “se la canta e se la suona da sé”. Guasta il mondo e poi si inventa toppe peggiori del buco fingendo di risanarlo:
alle case serve il cappotto termico.
Ai mezzi di trasporto niente carburante solo la batteria.
La cultura che gli addetti ai lavori spacciano come medicina è l’origine di tutte le malattie, perché sono le piante, gli animali e il pianeta ad assicurare vita all’umanità.
Dio ha creato il mondo, perché all’uomo servano i muscoli per lavorare non il cervello per pensare.
Dall’uomo di Neanderthal, a Socrate, padre della filosofia, sono passati 350.000 anni, ci confermano i “pensatori”.
Da Socrate a oggi 2400.
E da Galilei ad oggi solo 400.
Negli ultimi 4 secoli, filosofi e scienziati hanno fatto più danni dell’intera razza umana dall’uomo scimmia ad oggi.
Quella che consideriamo intelligenza, ce la siamo inventata noi umani negli ultimi tre millenni, prima per necessità e poi per lucro, visto che a quell’esca, noi poveri affamati di sapere finto abbocchiamo a miliardi.
Perché promette qualità della vita, ma nascondendo un piccolo neo: tutto ciò che per gli umani è utile, per il pianeta è un danno, una perdita, una catastrofe.
Ci aiuta a vivere meglio, ma al prezzo della devastazione ambientale che istiga la natura a rispondere da matrigna anziché da madre, a colpi di sconvolgimenti climatici assassini per l’uomo e per tutte le specie viventi.
Tendiamo a dimenticare che è l’uomo a dipendere dal pianeta Terra, non viceversa.
La natura ordina e l’uomo dovrebbe eseguire. E da responsabile esecutore non avrebbe bisogno di intelligenza per progettare grattacieli e Industrie avvelenatrici, ma di muscoli e ubbidienza per coltivare la terra.
Perché il creato ha i mezzi per indurci ad ubbidire oppure sloggiare, posto che dipendiamo dalla natura al 100%.
Agendo sui cinque elementi vitali sole, acqua, vento, fuoco e terra, la natura premia o punisce gli umani che presumono di poter dare ordini invece di prenderli ed eseguirli.
Piove e devi raccogliere acqua per affrontare i periodi di siccità se vuoi continuare a vivere.
Fa caldo e devi accettare il caldo non accendere il condizionatore.
Fa freddo e devi usare le coperte non la stufa.
Fa vento, non devi sbarrargli la strada costruendo muri e case per ripararti.
Devi curare il bosco perché il vento non lo spazzi via o lo incendi come un mazzo di fiammiferi.
E dove la natura te lo proibisce, non puoi costruire e non puoi piantare.
Se frana la montagna ti ordina di piantare alberi o di consolidarla con qualunque sistema naturale.
Ma tu ordini alla natura di non franare e te ne vai a passeggio o in villeggiatura per conservarti o migliorarti la “finta” qualità della vita.
Ma quando torni, al primo acquazzone ti spazza via la casa, si porta via l’automobile, ti devasta l’impresa e ti lascia in mutande, se proprio ha un attacco di generosità.
Allora la migliore intelligenza che può usare l’uomo è ubbidire alla natura, e soddisfare soltanto i bisogni primari, per garantire a tutti gli esseri viventi un minimo diritto alla vita. Perché se pensa che sia intelligente migliorarsi all’infinito la qualità della vita, ma in conflitto con l’ecosistema da cui dipendiamo tutti, dal batterio alla balena e passando per l’uomo, è un presuntuoso suicida, che con l’intelligenza non ha nessun rapporto di parentela.
I romani iniziavano sempre con la costruzione degli acquedotti perché senza acqua qualunque individuo muore in una settimana. Adesso si inizia costruendo grattacieli montando l’antenna e comprando il televisore ovviamente dopo lo smartphone.
È cambiata completamente l’idea di cosa sia o non sia intelligente dai cavernicoli agli umani sbandati da riportare in carreggiata con l’ultima genialata umana: l’intelligenza artificiale. L’AI.
Forse è il caso di ricordarci con che entusiasmo il grande Luigi Einaudi accettava le genialate dei pensatori e degli scienziati:
“Il mondo non è mosso dagli interessi ma dalle idee…… e non è piccola la probabilità che le idee generatrici di moto siano più facilmente quelle infantili e distruttive ma popolari che non quelle fornite di spirito di verità”.
Insomma, è fortunato chi ha capito quale cultura rende intelligente l’uomo!
Io, 83 primavere, non c’ho capito una mazza.
Franco Luceri da il rebus della cultura