L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLA CANNABIS

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA
DELLA CANNABIS

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLA CANNABIS

di Nat Russo

La capitale mondiale degli stoners (gli strafatti), Amsterdam, non è più sola: ora ci sono anche Denver e Montevideo. Presto l’acronimo M.A.D. sarà sulle labbra di molti.

Certo ci sono differenze (bazzecole legali, 40 gr, 28 gr, 7 gr, 5 gr, coffee shop, farmacie, cannabis club), ma la sostanza è che la marijuana legalmente libera sbarca in Colorado ed in Uruguay. 420 tours, la prima agenzia del turismo della cannabis esulta. Viva la Cannabis Cup. Il primo risultato? Il costo del gr. di sostanza ha quintuplicato il suo valore in sole 24 h. Alla faccia di chi sostiene che legalizzandola si combatte lo spropositato aumento di valore tra produttore e consumatore finale. In mezzo ci sta la grande criminalità organizzata.

A casa nostra, come stiamo? Male grazie.


La periodica relazione ministeriale sullo stato della galassia droga è come sempre il detonatore della eterna battaglia tra proibizionisti e antiproibizionisti. La liberalizzazione delle droghe e la depenalizzazione dei reati ad esse connessi, è, infatti, il cavallo di battaglia di una certa area politica. Innalzando il vessillo della prevenzione, questi esponenti se la pigliano con tutto e con tutti, ma in particolare con le leggi che portano i tossicodipendenti e gli spacciatori comunitari recidivi agli arresti domiciliari, quelli extracomunitari, in galera o all’espulsione. Ma questa è solo politica politicata della più bassa specie. Non merita troppa attenzione.

Di ben altro interesse sono, invece, alcuni dati che colpiscono, anche se non ci sorprendono:

·      negli ultimi 5 anni il consumo di cannabis è passato da 2 milioni a 3,8 milioni di persone che ne fanno uso abituale;

·      analogamente, quello della cocaina è passato da 350 mila a 700 mila unità;

·      il 29% della popolazione carceraria è collegata a reati relativi alla droga.

Ci si aspetterebbe un tono assai deciso sulle misure da prendere. Qual è invece la conclusione?

La logica è quella dei “liberi tutti e il problema non c’è più”. Tradotto: liberalizzazione, depenalizzazione, antiproibizionismo, prevenzione (solo a parole).

Dei dati forniti ci colpisce specialmente il primo, ed è quello che, nel seguito, analizzeremo più specificamente.


In particolare, ci preme mettere in relazione questi dati, con quelli del consumo precoce di tabacco, una operazione che ci si guarda sempre dal fare, perchè la lobby dei tabaccai è molto potente e il consumo è legale. Se, infatti, incrociamo questi dati del consumo di cannabis con quelli, che ci provengono dai SERT, relativi al fumo del tabacco, giungiamo a delle conclusioni illuminanti al proposito.

Si stima che, il 22% della popolazione italiana, sia fumatrice abituale di tabacco (più di 5 sigarette al giorno). Questo consumo si alza tra i giovani sotto i 40 anni, per giungere al 30% di essi.

Poiché viene stimata nel 60% la popolazione dei giovani fumatori di tabacco che hanno fumato, fumano o fumeranno cannabis, incrociando i dati giungiamo a stimare i consumatori abituali di cannabis nel 18% della popolazione giovanile. Questo dato è, quindi, perfettamente sovrapponibile alla stima di quasi 4 milioni di consumatori di cannabis. Un italiano su cinque con meno di 40 anni consuma cannabis. Il dato fa riflettere.

Quali previsioni fare e quali risposte dare?

Cominciamo ad uscire dal luogocomunismo del “tutti si fanno le canne”. Il dato di consumo di cannabis per quanto drammatico non è, per fortuna, a crescita illimitata. Nei prossimi anni, una volta saturato il bacino dei fumatori di tabacco, la sua espansione sarà definitivamente arrestata, attestandosi, presumibilmente, attorno ai 5 milioni di consumatori. Una cifra comunque enorme e non certo “accettabile”.

Come intervenire?


La depenalizzazione della detenzione e spaccio della cannabis è, per noi, la risposta sbagliata. Eliminare le conseguenze legali, non solo non risolve il problema del consumo, ma legittima, almeno psicologicamente, il suo utilizzo, fungendo da incoraggiamento al suo uso. Ci sembra piuttosto preferibile un lavoro deciso per prosciugare a monte il bacino dei potenziali consumatori, intervenendo sui fumatori precoci di tabacco. Se, infatti, l’azione di prevenzione fosse concentrata sui preadolescenti di 12-13 anni (che è l’età della prima sigaretta), si otterrebbe il risultato di contrarre sensibilmente il bacino dei potenziali futuri consumatori di cannabis.

Tale azione è possibile e può risultare efficace nel medio termine (ricordiamo che la legge sulla proibizione di fumo nei locali pubblici chiusi ha ridotto di almeno un 30% i fumatori). Si tratta di mettere in atto una serie di misure persuasive e restrittive:

.      una seria campagna sui media basata, anche, sulla severa proibizione che compaiano, in spot pubblicitari o programmi televisivi, fumatori o siano previste azioni che inducano al fumo anche indirettamente;

.      la riduzione, programmata negli anni, del numero delle tabaccherie e dei locali commerciali in cui è consentita la vendita di prodotti per fumatori;

.      il divieto graduale di vendere sigarette attraverso macchinette distributrici automatiche;

.     l’innalzamento del divieto di vendita ai minori di 18 anni e un più severo controllo che esso venga rispettato;

.      una sistematica azione formativa nelle scuole medie inferiori.

Naturalmente, va, parallelamente, intrapresa un’azione diretta verso chi già fuma cannabis o si trova nelle condizioni di rischio di poter cominciare a fumarla. Essa si deve basare su alcune azioni chiare:

.      una campagna pubblica costante, netta e precisa, volta a sfatare alcuni luoghi comuni gravemente svianti sulla presunta non pericolosità delle cosiddette droghe leggere per chi ne fa uso;

.      una puntuale contestazione di reato, fatta da una authority garante, a chi diffonde, con qualsiasi tipo di mezzo, notizie false e tendenziose atte a permettere, giustificare o favorire l’uso della droga;

.      una dissuasione dal consumo della cannabis attraverso mezzi mirati alla rieducazione, alla responsabilizzazione sociale quali, ad esempio, un impegno sistematico nei lavori socialmente utili con rinforzi di sostegno psicosociale;

.      un piano di rientro programmatico, negli anni, della dosi massime detenibili consentite per uso personale, fino al loro tendenziale azzeramento.

E’ chiaro che un tale piano si basa su di un presupposto condiviso: drogarsi e permettere ad altri di farlo non rientra nei termini della libertà personale, ma è un reato contro la persona che deve essere perseguito, poiché mina la saluta personale e l’equilibrio psichico dell’individuo, che devono intendersi come beni sociali di cui non può disporre a suo piacimento il singolo.


Ma questo, ahi noi, non succede. Drogarsi è visto come un diritto, impedirlo come un attentato alla libertà individuale. Allora assistiamo a presunte campagne di prevenzione in cui non si dice che non ci si deve drogare, ma si accetta il dato che, comunque, i giovani facciano e faranno sempre uso di droga. La filosofia passa dal messaggio diretto a quello indiretto, ed è quella della riduzione del danno. Come dire: drogatevi pure, poiché non potete più farne a meno, e siccome è certo che non è possibile farlo in modo sicuro, fatelo almeno, in un modo meno pericoloso. E’ così che passano messaggi discutibili nella loro superficialità, quale quello di raccomandare di far guidare l’auto a quello della compagnia meno inebetito dalle droghe.

Per quanto dovremo ancora sentire presunti esperti sostenere tesi di palese falsità? Quante volte ci è capitato di assistere a dibattiti televisivi o a leggere articoli in cui si sosteneva che “le canne ormai se le fanno tutti i ragazzi e quindi non è un fatto per cui i genitori si devono preoccupare più di tanto” oppure che “le canne non fanno niente e certo fanno meno male di tante cose permesse quali l’alcool ed il tabacco” o ancora che “le droghe servono a socializzare”?

Dove potremo sentire dire che ciò non è assolutamente vero? Le canne se le fa “solo” il 20% dei ragazzi, non tutti. Perchè non portare l’altro 80% a dirlo chiaramente, a tirarsene fuori e a contribuire, con questo atteggiamento responsabile, ad isolare chi lo fa e a togliergli un salvagente omertoso di complicità?

Le canne fanno molto male, ben più di una dannosissima sigaretta; il solo danno polmonare è stimato in 20 volte tanto, per non parlare della dipendenza psicofisica e del potenziale viatico ad altre tipologie di comportamenti trasgressivi, non ultimo il consumo di altre tipologie di droghe.

Le canne non servono a fare amicizia o a stare meglio insieme. L’ “amico” che, oggi, ti offre col sorriso accattivante sulle labbra il tuo primo spinello, sarà domani il tuo peggior nemico. E’ uno spacciatore camuffato, che cerca di ricavare da te un utile futuro e che ti lascerà con i tuoi problemi ancora più aggravati quando non gli servirai più.

Ma cosa sentiamo, invece? Che avanza la proposta governativa di alzare a 60 spinelli la dose consentita, per liberare le galere dai piccoli spacciatori. Certo la galera non è una bella scuola di vita e di redenzione, ma con questa mossa a quale grama sorte futura li consegneremo?

Ecco la prospettiva. Gli istituti di pena italiani sono circa 200 e dispongono di 47 mila posti. Ospitano però 66 mila detenuti. Di questi 25 mila sono in attesa di giudizio. I condannati veri e propri, con una pena passata in giudicato, sono 40 mila. Gli stranieri: sono 23 mila. Il grosso dei detenuti è collegato alla tossicodipendenza, un detenuto su tre è entrato in cella per detenzione di droga.

NAT RUSSO

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.