L’ignoranza genera mostri
La coscienza storica non è un privilegio degli storici o dei professori ma è, o meglio deve essere, patrimonio universale perché un popolo senza memoria è disorientato come un individuo affetto dalla sindrome di Korsakov.
E la storia dal canto suo poggia sulla cronaca, vale a dire sulla registrazione degli avvenimenti, ma non si identifica con la cronaca, che è per natura sua frammentaria e dispersiva. La cronaca deve evolvere in narrazione coerente e contestualizzata, che a sua volta necessita di una comprensione, di una lettura critica che le dà dignità di storia. Tre livelli che non sono scalini di marmo ma un processo dinamico reversibile che comporta il ritorno alla documentazione, l’aggiustamento del tracciato e, di conseguenza, una continua revisione critica. È il principio della ricerca, lo stesso in tutti i campi del sapere, che non conosce verità assolute ma è tendenza verso la Verità. Proprio questo dinamismo giustifica la disparità di opinioni che non si risolvono in rissa ma lasciano spazio al dialogo, al confronto civile, all’attenzione per l’opinione altrui. Tutto questo è mancato all’Italia uscita con le ossa rotte dalla seconda guerra mondiale, è mancato alla cultura italiana, alla scuola, è mancato alla politica. Una conversazione serena, sullo stile delle Noctes atticae su temi considerati “divisivi” come il Risorgimento, il fascismo, il comunismo è possibile solo in ambienti ristretti e rigorosamente privati; fuori di essi pregiudizi, rigidità, partigianeria e soprattutto tanta ignoranza. Non si sopporta il contraddittorio, la difesa delle proprie idee si trasforma in imposizione o, peggio, in tentativo di circonvenzione, come è il caso dei politici nei confronti del popolo, considerato un incapace.
Due anni fa Draghi per giustificare l’allineamento con la Nato sulla questione ucraina se ne uscì con una battuta esilarante: “È in gioco la nostra libertà e la nostra democrazia”. Nessuno ci stava minacciando, l’unica minaccia per il Paese erano – e sono tuttora – gli invasori travestiti da migranti e gli attacchi alla nostra fragile democrazia non vengono da fuori. Un’affermazione insensata, alla quale era ed è difficile ribattere proprio perché campata per aria, non suffragata da un minimo di fattualità. Eppure passato lo sconcerto iniziale è stata ripresa con tanta insistenza e con tanta, si fa per dire, autorevolezza, che ha finito per apparire non solo plausibile ma vera.
Dove mancano idee e conoscenza c’è posto per l’odio, gli insulti, l’arroganza. Non sarò certo io a difendere i musulmani e il velo imposto alle donne. Ma andiamoci piano col gridare alla tirannide, alla barbarie, alla sopraffazione. Voglio ricordare agli indignati in servizio permanente che nell’Italia del boom economico, nell’Italia della conquistata o riconquistata democrazia, nostrane “guardie morali” in divisa da poliziotti si aggiravano negli stabilimenti balneari per controllare l’altezza delle mutande dei ragazzini che dovevano coprire l’ombelico e i costumi da bagno delle ragazze, sanzionate se indossavano il due pezzi o lasciavano intravedere il seno. Erano gli anni in cui la nudità del David impediva il sonno a politici come il giovane Andreotti e agli alti prelati. E un paio di decenni dopo il clima non era tanto cambiato se Scalfaro, futuro capo dello Stato, si sentiva autorizzato ad alzarsi dal tavolo del ristorante dove stava cenando per andare a schiaffeggiare una signora con un décolleté troppo audace. E per carità di patria sorvolo sul delitto d’onore, sull’adulterio come reato e sulla quella schifezza che era la “sorpresa”, il poliziotto che irrompeva nella camera d’albergo per sorprendere in flagranza i malcapitati che consumavano il loro peccato. Quindi un po’ di cautela nel condannare i vicini e un po’ di coerenza. La shoah è stata utilizzata per decretare la damnatio memoriae di Hitler, per farlo passare per pazzo, paranoico, criminale quando una riflessione seria avrebbe dovuto spingere non solo i tedeschi ma i francesi i polacchi i cechi (per non dire gli ucraini) a fare atto di contrizione e a sobbarcarsi sulla coscienza il peso di secoli di intolleranza, marginalizzazione, violenze contro gli ebrei benedette dai cristiani di tutte le confessioni. Gli ebrei erano considerati un problema da quasi tutta l’Europa, un problema che gli spagnoli avevano risolto con Filippo II con un’espulsione di massa e per il quale Hitler aveva approntato la “soluzione finale”.
Se ci fu un Paese che sia pure in modo troppo cauto si oppose alla follia antisemita fu l’Italia fascista e ne ho una testimonianza diretta nella mia famiglia. Ma è tornato comodo assimilare le leggi di tutela della razza, che in buona sostanza escludevano gli ebrei dall’esercito – con molte eccezioni – e dall’insegnamento nelle scuole statali riprendendo provvedimenti simili imposti dalla Chiesa e in vigore fino alla rottura con lo Stato seguita al venti settembre del 1870, sicuramente più morbidi rispetto a quelli adottati in Gran Bretagna contro i cattolici, alle deportazioni e ai campi di sterminio. Insomma: una follia la caccia all’ebreo di cui la Germania nazista porta la responsabilità, ma Hitler fu solo l’esecutore materiale di un delitto preparato da secoli e perpetrato non da un ristretto gruppo di criminali ma da una larga parte dell’opinione pubblica tedesca e dell’Europa orientale con la colpevole acquiescenza della Chiesa. Da questa vergogna gli italiani si sono macchiati meno degli altri popoli europei ma non sono stati del tutto indenni, sia per le elucubrazioni deliranti di qualche “intellettuale” – cfr. la rivista “La difesa della razza – sia per un atteggiamento di disprezzo verso gli ebrei diffuso specialmente fra i ceti più disagiati e ignoranti. Questa circostanza rende ancora più odiosa la caccia all’ebreo di cui è rimasto vittima lo stesso direttore di Repubblica, che non è circoscritta alla canaglia dei centri sociali e dei collettivi studenteschi ma rischia di contagiare una larga parte del mondo giovanile: segno tangibile del fallimento educativo della scuola e delle famiglie. Del resto quando si assiste alla mobilitazione degli anarchici per impedire il rimpatrio di un clandestino pluripregiudicato per rapina e stupro non ci si meraviglia più di nulla. Certo anche in chi come me è disgustato dal trattamento disumano riservato a Cospito rimane il rimpianto e lo sconcerto quando pensa agli anarchici di “Addio Lugano bella…”
Ma questa nuova anarchia con la bandiera della Palestina è tutto sommato cattivo folklore e nient’altro. Quello che sgomenta è la politica, la stampa, il mondo accademico impegnati allo spasimo per far passare per normale la possibilità di un conflitto nucleare. Un misto di ignoranza, di malafede, di partigianeria e soprattutto di stupidità da cui non si salva nessuno. E devo anche aggiungere che nella società italiana ci sono state fibrillazioni in questi ultimi decenni prima per Giuliani, poi per Cucchi, per Reggeni, addirittura per un dissidente egiziano adottato dall’ateneo bolognese ma ora non si muove foglia dinanzi alle farneticazioni belliciste dei vertici europei – non parlo di Macron che con la sua uscita solitaria si è coperto di ridicolo – con l’assenso del nostro improbabile governo; evidente quel che i sistemi totalitari spesso non riescono ad ottenere, l’ottundimento della pubblica opinione, è perfettamente riuscito alle nostre pseudo democrazie. Una prova in più che la costituzione è solo carta straccia e la democrazia è finita sulla Luna come il cervello di Orlando, in attesa di un Astolfo che la riporti fra noi. E anche questa è una cosa che affligge, che ci riporta a tempi in cui la grande massa della popolazione se ne stava nei campi e nessuno si sarebbe sognato di prenderne in considerazione gli umori o i sentimenti: il mondo che conta era altrove, fra le persone istruite, nelle borghesie cittadine, fra i benestanti e quel che restava della vecchia aristocrazia. Bene: oggi nell’hortus conclusus dei pensatori di professione non ci si solleva di un millimetro dal livello di una chiacchierata dal barbiere, tant’è che un signore che insegna in una università e sostiene delle tesi non dico condivisibili ma assolutamente ovvie sul passato e sul presente non è soltanto una rara avis ma è vilipeso, ridicolizzato, messo al bando come un eretico in piena Inquisizione.
Mi riferisco ad Alessandro Orsini, sul quale mi sono preso la briga di documentarmi andando a vedere pubblicazioni, dichiarazioni e interventi in trasmissioni televisive (sulla Sette in particolare) negli ultimi due anni. Ha rischiato di essere crocifisso per aver ricordato che Hitler non aveva alcuna intenzione di scatenare una guerra mondiale (anche se, ovviamente, ne è responsabile): una banalità, alla quale io avrei aggiunto che l’uomo era tutt’altro che un pazzo e che a volere fortissimamente la guerra sono stati i vertici della finanza e dell’industria pesante angloamericane e che l’occidente libero ha giocato a testa e croce se fare la guerra alla Germania alleandosi con la Russia comunista o alla Russia comunista alleandosi con la Germania.
Altro che difesa del mondo libero; un gigantesco business dal quale gli Stati Uniti sono usciti come superpotenza mondiale! Lo stesso Orsini è stato fatto passare per un agente putiniano per aver sostenuto in anticipo quello che chi mantiene un minimo di raziocinio è ora costretto a riconoscere: gli americani hanno mandato gli ucraini al macello per saggiare e logorare la capacità bellica russa: per l’Ucraina la guerra era persa nel momento stesso in cui è iniziata e ogni giorno in più significa solo aumentare il conto dei morti.
E, si noti, Orsini non ha detto che l’operazione militare speciale è stata la risposta alle provocazioni della Nato che ha stretto la federazione russa in una morsa e ha incoraggiato Zelensky a intensificare la repressione nel Donbass russofono: al contrario si è accodato anche lui alla vulgata di un Putin imperialista ansioso di riprendersi i confini dell’Urss – dimenticando, anche lui, che lo stato ucraino è una creatura sovietica, alla quale nel 1954 Krusciov volle aggiungere il cadeau della Crimea. Per concludere: il povero Orsini si limita a dare voce all’evidenza dei fatti e lo fa in un modo estremamente cauto. Ma non basta all’editorialista e politologa Nathalie Socci, per la quale Orsini non ha titolo per parlare dell’Ucraina per il motivo semplice che non è mai stato in quel Paese né può vantare amici ucraini. E al professore che ha ribattuto che con questo argomento lei – come chiunque altro – non potrebbe parlare della seconda guerra mondiale o di qualunque altro evento del passato – perché non c’era, la signora ha ribattuto: “Infatti non ne parlo”. La signora da quasi venti anni si aggira fra le massime istituzioni italiane ed europee di politica internazionale ed ha attivamente collaborato col nostro ministero degli esteri. Parola non vi appulcro.
p.s.
A proposito del professor Orsini, al quale va tutta la mia simpatia per il solo fatto di essere bersaglio da dritta e da manca dei sudditi di Biden. Se però la nostra difesa dal terrorismo è affidata alle sue competenze, che ne fanno, a suo dire un esperto in materia e un consigliere di governi, c’è poco da stare allegri. Sull’orribile massacro di Mosca esclude aprioristicamente la mano ucraina perché se fosse dimostrato un coinvolgimento di Kiev l’Occidente gli si rivolterebbe conto. Difficile immaginare un argomento più esile di questo: fra il coinvolgimento e la prova del coinvolgimento c’è una bella distanza e, se ci fosse, gli americani sarebbero i primi a coprirlo. Al contrario la mano islamista è quasi certa, dice Orsini, anche come riflesso di ciò che accade a Gaza. Ora si dà il caso che in questo momento il radicalismo islamico è stretto intorno alla Palestina e sulle stragi di civili a Gaza proprio da Mosca sono venute le riserve politiche più serie (non le sparate ambigue dei Paesi occidentali). Non solo: il terrorista islamico è un uomo di fede ed è pronto al martirio, tant’è che spesso e volentieri si fa saltare in aria. I terroristi di Mosca una volta catturati tremavano come foglie e invece di rivolgersi ad Allah si sono giustificati dicendo di essere stati pagati. La rivendicazione dell’Isis per come è redatta suona falsa come una campana rotta e le modalità dell’attacco, nella loro fredda e disumana indifferenza, non hanno niente della passione e della rabbia islamica.
FRA SCEPSI E MATHESIS Il libro di Pierfranco Lisorini acquistalo su… AMAZON