Liberi e servi

Da buon pessimista preferisco essere smentito piuttosto che ricevere conferme. È il caso di Fratelli d’Italia, sui quali nutro da sempre una pessima opinione, in parte per esperienza personale – necessariamente parziale e non generalizzabile – in parte per la caratura dei suoi esponenti – ma negli altri partiti c’è poco di meglio – e molto per la ragione sociale di quel partito, che ha cambiato nome, come ha fatto più volte il Pci, ma rimane il vecchio Msi impiantato su una presunta, millantata e improbabile continuità col fascismo. Fascismo che non ha lasciato eredi e la cui vicenda appartiene alla nostra storia comune, qualunque sia il giudizio che ciascuno è libero di formarsi sulla figura del Duce, sul Ventennio o i seicento giorni della Rsi.

Ma ora, con la posizione ottusamente acritica sulla questione ucraina e col fiume di melma che esce sui social dai simpatizzanti e dai militanti contro i “sovietici” (lo stesso direttore del Giornale si riferisce alla Russia come Urss), contro lo zar Putin (si decidano: è la Santa Russia di Pietro il Grande baluardo della fede cristiana o l’Urss del Piccolo Padre che ha inverato il materialismo marxista?), di volta in volta demente, malato, assassino, i Fd’I  tradiscono non solo la loro ignoranza e l’inattendibilità del loro anticomunismo ma l’inconfessabile simpatia per il nazismo del quale gli ucraini non si sono mai liberati. Sono arrivati al punto, insieme ai loro compari berlusconiani, di far passare Letta per un moderato che pesa le parole. E mentre Salvini e Conte cincischiano e con il loro cincischiare perdono l’occasione per un recupero in extremis di credibilità, il fratello d’Italia Urso trasforma il Copasir da organo di controllo a strumento di intimidazione e dà veste istituzionale alla russofobia e alla caccia alle streghe. Dai banchi dell’opposizione ci si sarebbe aspettata una levata di scudi contro gli sproloqui del Colle e di palazzo Chigi (il premier imposto dichiarò testualmente che si arma l’Ucraina perché sono in gioco la nostra democrazia e la nostra libertà!), ci si sarebbe aspettato una lotta senza quartiere per restituire al parlamento la sua centralità, ci si sarebbe aspettata la sacrosanta difesa degli interessi nazionali che è alla base del patto sociale. È stato fatto esattamente il contrario. La Meloni e la sua armata brancaleone sono diventati i più convinti sostenitori di Draghi e di Mattarella, e fosse dipeso da loro dopo aver dichiarato formalmente guerra alla Russia non ci si doveva limitare a mandare armi per sostenere i camerati, i patrioti, i fucilatori e torturatori di prigionieri ma avremmo spedito al macello i nostri soldati. E di fronte a chi gli fa notare che, questioni di principio e costituzione a parte, tirando troppo la corda si rischia una guerra planetaria e che ci piovano sul capo missili con testata nucleare, la risposta è un’alzata di spalle: se guerra dev’essere, sia. I forzisti, Tajani in testa, non sono dammeno, fatta salva una maggiore attenzione per il proprio portafoglio.  Questa sarebbe la Destra, a riprova della assoluta inconsistenza del termine e della dicotomia destra-sinistra.

Mai come oggi  è apparso tanto evidente che l’unica vera autentica contrapposizione è quella fra uomini liberi e i servi nell’animo, fra le persone oneste disinteressate e senza pregiudizi e quelli che devono sempre qualcosa a qualcuno, che sono accecati dall’odio, hanno un bisogno compulsivo di un Nemico da eliminare, criminalizzare, imbavagliare. Calenda come Brunetta, la Gelmini come Romano, La Russa che dopo la separazione si ritrova con Gasparri mentre su tutti “com’aquila vola” Di Maio, esempio di come fossero fuori strada Freud quando attribuiva a tutti la bacchetta interiore del super Io o Kant, che affidava alla legge morale la guida del comportamento umano: tutti preoccupati del loro tornaconto personale o di bottega, tutti coerenti con i loro rigidi schemi mentali.  E ora basta, non si tirino più in ballo valori, ideologie, i massimi sistemi. Se il Pd già Pci ha tradito i lavoratori, ha cancellato la classe operaia, è diventato ostentatamente un partito antinazionale e una propaggine dell’euroburocrazia, un partito di massa lontano dalle masse tutto risolto nelle grandi questioni dell’identità di genere e dell’eutanasia e deciso a rimediare al calo demografico con nuovi italiani dalla pelle scura, i Fd’I già Msi si sono rivelati i peggiori nemici della Patria in nome della patria altrui, hanno dimenticato l’Istria (italianissima) per l’ucrainizzazione del Donbass russofono (e non dimentichiamo che la giustificazione storica e culturale dell’esistenza dell’Ucraina come Stato è tutta ed esclusivamente nella lingua), si sono rivelati di un oltranzismo atlantico disgustoso, facendo ancora una volta un favore ai compagni, che quanto meno sostituiscono l’Italia con l’Europa.

Marco Rizzo

In questo buio pesto della ragione e del buon senso rincuorano le parole di Rizzo. Quel Rizzo  a capo di un partito che si dichiara comunista e che io, anticomunista da quando, bimbetto, sentivo parlare dei partigiani titini che dopo Trieste e Gorizia puntavano su Udine con la complicità dei rinnegati col fazzoletto rosso al collo che facevano fuori i partigiani “bianchi”, non ho alcuna difficoltà a riconoscere come uno dei pochi interpreti coerenti dei bisogni e dei valori autentici della nostra Patria. Ed è veramente un peccato che Rizzo si accontenti di tenersi stretto il testimone di quel che di buono  e di concretamente realizzabile c’era nel movimento operaio, nei partiti d’ispirazione marxista, nel vecchio Pci, quel buono e realizzabile che dirigenti borghesi o imborghesiti hanno puntualmente tradito e accantonato e che ora non può essere riproposto all’interno di una gabbia ideologica.

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C’è un elettorato trasversale al quale non importa nulla delle etichette e che ha imparato a diffidare delle posizioni settoriali  che sono specchietti per le allodole (come la sicurezza, l’invasione, il  salario minimo, la riduzione della pressione fiscale)  ma vorrebbe una visione d’insieme, che non è una dottrina, un’ideologia o una weltanschauung ma apertura mentale, raziocinio, buona fede.  A quell’elettorato dovrebbe rivolgersi Rizzo, promuovendo una rivoluzione copernicana che rimetta al centro la società e la nazione, abbatta gli steccati, elimini pregiudizi e pseudoconcetti e rinnovi linguaggio  e categorie della dialettica politica e di riflesso i suoi  metodi e i suoi obbiettivi. Un linguaggio pacato, articolato, aderente ai fatti, usato per capire e non per coprire, ripulito da slogan e frasi fatte.

In  periferia spesso rimbalza e imputridisce quel che di marcio viene dal centro: voglio concludere con un caso da manuale di ottusità, ignoranza e bestiale malvagità fornito nel Consiglio Comunale labronico dall’esponente di un partitino satellite del Pd, certa Trotta; la cito testualmente. Intervenuta contro la proposta di intitolare una strada a Oriana Fallaci ha detto: “Avevamo già toccato il fondo con una targa in ricordo dei martiri delle foibe”. Nessuno l’ha cacciata a calci dall’aula. La politica è anche questo, quando la ragione è schiacciata dalla partigianeria (e dalla stupidità).

Pierfranco Lisorini

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