Lettura di un’immagine. Venere e Marte

LETTURA DI UN’IMMAGINE 112
Venere e Marte
Tecnica mista su tavola. (Tempera a uovo e colori a olio) (1482-1483 circa) di Sandro Botticelli
National Gallery – Londra

LETTURA DI UN’IMMAGINE 112
Venere e Marte
Tecnica mista su tavola. (Tempera a uovo e colori a olio)
(1482-1483 circa) di Sandro Botticelli
National Gallery – Londra 

 La datazione precisa di questa tavola orizzontale di Sandro Botticelli (Firenze, 1445 – Firenze, 1510) non l’abbiamo, tuttavia possiamo datarla a dopo il suo ritorno a Firenze nel 1482 dopo il soggiorno a Roma, dove poté studiare i sarcofaghi antichi e i molti esempi della statuaria classica ancora presenti nell’allora capitale dello Stato pontificio. Alcune vespe che compaiono nell’angolo in alto a destra di chi guarda sembrano alludere alla famiglia fiorentina dei Vespucci, probabile committente dell’opera il cui formato orizzontale fa pensare che fosse destinata alla decorazione di una cassapanca o di una testiera di letto matrimoniale. Nella scena che si apre al nostro sguardo vediamo Venere semisdraiata su una specie di coperta o tappeto steso sull’erba di un giardino, vestita del suo peplo  che guarda placidamente Marte dormiente nudo ma con le pudenda coperte da un lenzuolo,  di fronte a lei sullo stesso tappeto di tessuto prezioso con la schiena appoggiata alla corazza mentre intorno a loro impazzano quattro fauni o satiretti bambini che cercano invano di risvegliare il dio guerriero sprofondato nel sonno  in cui è caduto dopo l’amplesso con Venere. I satiretti con i loro giochi sono intenti a disturbare il sonno profondo di Marte e lasciano in pace la dea dell’amore, che guarda con un certo qual distacco l’amante che dorme esausto. Notevoli le figure dei piccoli fauni, ognuno caratterizzato da un diverso atteggiamento: uno si è impadronito dell’elmo che gli nasconde completamente la testa mentre aiuta un altro a sottrarre la lancia al dio addormentato, un altro suona con le guance gonfie un corno di conchiglia direttamente nell’orecchio destro del povero Marte indifeso, un quarto fuoriesce ridendo da sotto la corazza sulla quale il dio della guerra è adagiato. Non è difficile scorgere il significato allegorico che si nasconde dietro questa scena mitologica, tenendo conto degli argomenti filosofici che si discutevano nell’Accademia platonica fiorentina, tra i quali l’armonia dei contrari, in questo caso rappresentata dall’amplesso tra la dea dell’amore e della concordia e il dio della guerra e della discordia. Anche in questa tavola sono evidenti i tratti stilistici tipici del Botticelli: il linearismo accentuato, la plasticità dei corpi e dei volti, i colori tersi e luminosi mai debordanti rispetto al disegno, lo sfondo paesaggistico aperto e la fuga prospettica verso l’infinito.

 

   FULVIO SGUERSO  

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