Lettura di un’immagine: San Sebastiano

LETTURA DI UN’IMMAGINE 46

San Sebastiano
Olio su tavola (1478 circa)  di Antonello da Messina
Gemaldegalerie  – Dresda

  LETTURA DI UN’IMMAGINE 46

 San Sebastiano
di Antonello da Messina  Gemaldegalerie – Dresda

 Questa tavola costituiva la parte centrale del Trittico di San Giuliano, ora smembrato, conservato nell’omonima chiesa veneziana. Antonello (Messina, 1430 – Messina, 1479)  dipinge il santo a figura intera, in piedi, vestito solo di uno stretto perizoma, legato al tronco di un albero al centro di una piazzetta sulla quale si affacciano edifici i cui comignoli dicono che ci troviamo a Venezia.

Questi edifici fanno da quinta e da sfondo al martirio del santo al centro della scena e ne mettono in risalto la figura eroica, tramite anche il punto prospettico ribassato che ci obbliga a guardare questa rappresentazione ideale del martirio di san Sebastiano (morto a Roma nel 304) dal basso verso l’alto. La figura monumentale del santo, ruotata leggermente verso destra, è l’asse intorno a cui è costruita lo scenario tipicamente quattrocentesco e rinascimentale di questa tavola (il dipinto fu poi riprodotto su tela). Quest’opera è considerata un vertice dell’arte di Antonello, in quanto vi si trovano, rielaborati e trascesi in una mirabile sintesi personale, i modelli stilistici di Piero della Francesca (in particolare la Flagellazione) di Andrea Mantegna (Trasporto del corpo di san Cristoforo da cui sembra tratto lo scorcio del soldato dormiente) e della luminosità colorata  tipica della pittura fiamminga. Il modello di Piero è presente nelle linee prospettiche del pavimento che convergono verso il fondo luminosissimo sotto un cielo sereno in basso ma cupo e temporalesco in alto, nella funzione prospettica dello scorcio di spezzone di colonna a terra, in primo piano a destra, magistralmente disegnato, nella  composizione e disposizione spaziale degli edifici  e dei personaggi intenti alle loro attività quotidiane come se nulla stesse accadendo sotto i loro occhi: donne affacciate alla balaustra su tappeti persiani, il soldato, probabilmente ubriaco fradicio, che dorme sul pavimento in un angolo della piazza, una madre con il fantolino in braccio, due mercanti che parlano tranquillamente dei loro affari, un rabbino e un vescovo che dialogano seminascosti dietro un pilastro dell’arco a destra e, lontano, sullo sfondo, quella che sembra essere una coppia di amanti allacciati uno all’altra. Il santo, in primissimo piano, domina la scena; ha cinque frecce conficcate in varie parti del corpo: una sopra il ginocchio destro, una nella coscia sinistra vicino all’inguine, una nel ventre, una nell’addome e una in pieno petto. Sul corpo del santo, da cui l’artista ha eliminato ogni spigolosità e che richiama la rotondità della colonna spezzata a terra, il gioco delle luci e delle ombre deriva dalla sua leggera torsione verso destra, di modo che la parte sinistra è in luce mentre la destra è in ombra. L’ espressione serafica del santo è quella di chi vive ormai in un’altra dimensione, in quella dove le frecce non possono più ferire né l’odio offendere e il dolore è un lontano ricordo.
  FULVIO SGUERSO  

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