Lettura di un’immagine: Doppio ritratto

LETTURA DI UN’IMMAGINE 77
 Doppio ritratto
Olio su tela (1502 circa) di Giorgione (attribuito)
Museo di Palazzo Venezia – Roma
LETTURA DI UN’IMMAGINE 77
Doppio ritratto
Olio su tela (1502 circa) di Giorgione (attribuito)
Museo di Palazzo Venezia – Roma

 L’attribuzione di questo dipinto a Giorgio di Castelfranco, detto Giorgione (Castelfranco Veneto, 1478 circa – Venezia, 17 settembre 1510) è a tutt’oggi incerta, data l’assenza di firma e di documenti che attestino con sicurezza l’identità dell’autore. Si è parlato anche di una possibile attribuzione a Sebastiano del Piombo e a Dosso Dossi, ma si tratta di controversie accademiche tendenzialmente senza fine. Vediamo in quest’opera che già risente della temperie manieristica due giovani personaggi  vestiti di scuro che non si guardano tra loro ma rivolgono i loro sguardi fuori dal quadro, nello spazio al di qua del parapetto che separa l’esterno dall’interno del dipinto, verso di noi . O meglio, uno, quello in primo piano con la testa pensosa appoggiata alla mano destra. ci guarda direttamente negli occhi, quasi volesse scrutare nei nostri più segreti pensieri; l’altro ci guarda anch’esso ma di sbieco, come per mantenere le distanze. Il giovane in primo piano con la testa reclinata sulla mano destra tiene nella mano sinistra poggiata sul parapetto un melangolo, una specie di arancia selvatica dal gusto amaro. I caratteri dei due giovani non potrebbero apparire più diversi: malinconico il primo, freddo e calcolatore il secondo. Il fascino di questo dipinto che promana anche dall’indeterminatezza del luogo in cui si trovano (dietro di loro scorgiamo un tratto di colonna cilindrica e nient’altro di preciso) consiste soprattutto nell’intensità dello sguardo dei due protagonisti, attraverso il quale comprendiamo il loro stato d’animo. Si ha infatti l’impressione che parlino con gli occhi. La luce proveniente dall’alto li illumina diversamente: il giovane pensieroso e infelice è più in ombra rispetto all’altro, disincantato, che invece è investito in pieno viso dalla fonte luminosa. I contrasti e i passaggi dolcemente sfumati tra luce e ombra risentono della tecnica leonardesca e avvolgono entrambi i personaggi in un’aura misteriosa e malinconica. Certo è impressionante lo sguardo con cui ci fissa il giovane malinconico in primo piano, tanto che dobbiamo, a un certo punto, distogliere il nostro per non sentirci troppo coinvolti. Se l’artista, chiunque fosse, voleva che non rimanessimo indifferenti davanti alla sua opera, ci è pienamente riuscito.

  FULVIO SGUERSO

 

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