Lettura di un’immagine: Apollo e Dafne

LETTURA DI UN’IMMAGINE 47

Apollo e Dafne (1622 – 1625)

Marmo  di Gian Lorenzo Bernini Galleria Borghese – Roma

LETTURA DI UN’ IMMAGINE 47

Apollo e Dafne (1622 – 1625)

Marmo  di Gian Lorenzo Bernini Galleria Borghese  – Roma

 Questo gruppo scultoreo rappresenta il momento esatto del mito, tratto dalle Metamorfosi ovidiane, in cui Apollo raggiunge la vergine ninfa fuggitiva che, per sottrarsi al suo abbraccio indesiderato, grazie all’invocato intervento del padre Peneo,  dio fluviale figlio di Oceano e Teti,  sta trasformandosi in una pianta d’ alloro. All’epoca in cui quest’opera gli fu commissionata dal cardinale Scipione Caffarelli Borghese, il giovane Bernini (Napoli, 1598 – Roma, 1680) era già un artista famoso e apprezzatissimo negli ambienti della curia romana, autore di capolavori come Anchise ed Enea, e ilRatto di Proserpina e intento a scolpire un David su ordine di un altro munifico cardinale di Santa Romana Chiesa, Alessandro Damasceno Peretti.

Per suggerire la corretta interpretazione dell’opera, venne posto un cartiglio alla sua  base con iscritto un distico in latino dettato dal cardinale Maffeo Barberini, che diverrà papa con il nome di Urbano VIII nel 1623: “Quisquis amans sequitur fugitivae gaudia formae / fronde manus implet baccas seu carpit amaras” (Chi amando insegue le gioie della bellezza fugace / riempie la mano di fronde e coglie bacche amare). Sarà. Di certo questa scultura è di per sé una rappresentazione virtuosistica di due corpi in movimento e un inno alla bellezza e all’armonia sul modello dell’arte classica esemplificata nell’ Apollo del Belvedere. Da qualunque lato lo si guardi questo gruppo marmoreo dà una sensazione di leggerezza e di equilibrio che stempera la tensione di quei corpi accarezzati dalla luce e il dramma  di Dafne che si vede, sia pure per la sua implorazione al padre, trasformare in pianta. Il peso del corpo adolescenziale di Apollo poggia tutto sul piede destro, mentre la gamba sinistra è sollevata da terra e il dio non cade grazie al bilanciamento delle braccia, con una delle quali trattiene, per un attimo, la ninfa che sta trasformandosi in pianta di alloro. Tutto il gruppo scultoreo  è una sfida alla forza di gravità: i due corpi si librano nello spazio ma riescono a non perdere l’equilibrio grazie al gioco delle spinte e controspinte dei loro movimenti. Le due figure sorgono da un unico blocco informe e si espandono nello spazio con i loro corpi morbidamente modellati fin nelle folte capigliature ancora mosse dall’impeto della corsa. Da notare anche il forte contrasto  tra l’espressione dei due volti: quello di Apollo è l’immagine della delusione e dello stupore, quello di Dafne esprime emozioni più complesse: il terrore per il tentato abbraccio del dio e, insieme, per la trasformazione in atto del suo bel corpo in pianta; nello stesso tempo un senso di sollievo per lo scampato pericolo. Certo è che Gian Lorenzo Bernini riesce a trasformare il marmo da materia inerte e pesante in  materia leggera e palpitante.

  FULVIO SGUERSO  

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