Lettura di un’immagine: Giuditta e Olofene
LETTURA DI UN’IMMAGINE 32
Giuditta e Oloferne
Olio su tela – 1599 circa di Michelangelo Merisi da Caravaggio Gallerie nazionali d’arte antica.Palazzo Barberini – Roma
|
LETTURA DI UN’IMMAGINE 32
Giuditta e Oloferne
Olio su tela – 1599 circa di Michelangelo Merisi da Caravaggio
Gallerie nazionali d’arte antica.Palazzo Barberini – Roma
|
Il dipinto rappresenta la decapitazione del condottiero assiro (in realtà babilonese) Oloferne da parte della bella e giovane vedova ebrea Giuditta, una delle leggendarie “madri della patria” d’Israele, le cui gesta sono narrate nell’omonimo libro dell’Antico Testamento. Per la figura di Giuditta il pittore prese come modella una sua amica, la cortigiana diciassettenne Fillide Melandroni. La decapitazione di Oloferne avviene nella sua tenda da campo, la scenografia è concepita in modo da dare il massimo risalto all’azione cruenta di Giuditta e al corpo tra la vita e la morte di Oloferne ubriaco sul suo letto dopo il fatale banchetto. Sulla scena è presente di profilo una vecchia serva che tiene tra le mani un drappo in cui è nascosto il cesto pronto per raccogliere la testa del condottiero nemico. I tre personaggi si stagliano contro uno sfondo scuro in cui compare un ampio panneggio rosso il alto a sinistra per chi guarda. La luce che illumina la scena proviene da una fonte posta a sinistra, fuori dal quadro, e rivela le diverse fisionomie relative ai diversi caratteri e ai diversi stati d’animo alla maniera leonardesca adottata e divulgata dal lombardo Giovan Paolo Lomazzo. Il personaggio su cui il pittore fa convergere lo sguardo dello spettatore è il moribondo Oloferne: a giudicare dagli occhi, anzi, si direbbe già morto, ma le mani, le braccia, il torso e la bocca del condottiero stanno ancora spasmodicamente lottando contro la morte. Giuditta, vestita secondo la foggia del tempo dell’artista lombardo, impadronitasi della spada ricurva che pendeva dal letto di Oloferne, adempie al suo compito con precisione ma anche con il maggior distacco possibile, è in piena luce e girata di tre quarti verso di noi che assistiamo, come la vecchia domestica, all’esecuzione del condottiero nemico; l’espressione del suo volto è insieme triste e disgustata, ma anche consapevole della sua missione salvatrice. Contrasta con la bellezza e il coraggio della giovane vedova, la vecchia domestica grinzosa e inespressiva se non proprio indifferente. Come sempre in Caravaggio le figure non rappresentano solo se stesse ma simboleggiano valori e disvalori senza tempo, come la purezza evocata dal candore della camicia, del petto e del volto di Giuditta, la grettezza della serva indifferente che non va oltre la sua mansione immediata, l’orrore e il dolore per la morte violenta nella figura straziata di Oloferne nella cui testa così impietosamente esposta agli sguardi curiosi del pubblico potrebbe celarsi, secondo alcuni, il volto stesso del grande pittore maledetto. |