Lettura di un’immagine: Atalanta e Ippomene

LETTURA DI UN’IMMAGINE 49
Atalanta e Ippomene
Olio su tela (1620-1625 circa) di Guido Reni

Museo Nazionale di Capodimonte – Napoli

LETTURA DI UN’ IMMAGINE 49
Atalanta e Ippomene
Olio su tela (1620-1625 circa) di Guido Reni

Museo Nazionale di Capodimonte – Napoli

Rappresenta il mito della ninfa Atalanta, figlia del re Iaso, che, per evitare nozze indesiderate, sfida i suoi pretendenti nella corsa e, una volta battuti, li uccide. In questo dipinto, Guido Reni (Bologna, 1575 – Bologna, 1642) mette in scena il momento in cui la ninfa si china a raccogliere la seconda mela d’oro lasciata cadere da Ippomene, stratagemma suggeritogli da Adrodite per farlo vincere nella corsa e convolare a nozze anziché al funerale dei perdenti. I due giovani sono nudi, coperti sì e no solo dai loro mantelli svolazzanti. Ippomene corre verso destra e si volta a guardare se Atalanta si ferma a raccogliere la seconda mela avendo già raccolto la prima che tiene nell’altra mano. Per quanto riguarda lo stile, sono rintracciabili i riferimenti al classicismo di Raffaello appresi all’Accademia bolognese degli Incamminati, l’alta scuola dei Carracci e al realismo caravaggesco. L’impronta classicheggiante è evidente nella rappresentazione dei corpi dei due giovani, quasi scolpiti dalla luce; soprattutto il corpo di Ippomene è un modello di virtuosismo anatomico e accademico. I due personaggi occupano quasi tutto lo spazio del dipinto, Guido Reni dispone le due figure lungo due linee diagonali che si intersecano, secondo uno schema classico. Il senso del movimento è impresso, più che dai due protagonisti in primo piano, dal volteggiare dei mantelli sopra e intorno ai corpi statuari e levigatissimi che si stagliano contro uno sfondo scuro come sculture di un altorilievo. La struttura geometrica e il classicismo di questa scena non impedisce per niente l’espressione dei sentimenti più intimi dei due personaggi emergenti come da un fondale dipinto che ne esalta la plasticità. La grandezza del pittore nel mettere in scena questa favola pagana consiste proprio nella fusione mirabilmente riuscita tra classicismo accademico e realismo caravaggesco che prelude all’estrema libertà espressiva e stilistica del barocco.

 FULVIO SGUERSO

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