Lettera aperta

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Signor Presidente della Repubblica, Ella mi scuserà se mi permetto di indirizzarle questa lettera, una fra le tante che perverranno quotidianamente ai suoi uffici al Quirinale, e a cui Ella non può certo, nonché rispondere, forse neppure dare un’occhiata, data la loro quantità e, sovente – immagino – l’incongruenza o l’irricevibilità delle richieste avanzate da tanti semplici cittadini e cittadine di questo nostro (ancora) comune Paese.

Nondimeno, confidando nella sua indiscussa probità intellettuale e istituzionale, sento il bisogno, per non dire il dovere, di rivolgerle alcune rispettose, ponderate e, credo, legittime domande da parte di un cittadino che, a suo tempo, nel ruolo di insegnante elementare prima, e poi di docente nelle scuole superiori, ha giurato fedeltà alle Istituzioni repubblicane (era ancora in uso la cerimonia del giuramento davanti al Preside e al Segretario amministrativo dell’istituto).

Ma veniamo, come si dice, al fatto. Lo scorso marzo, dopo un non breve periodo di accese polemiche, Ella ha ritenuto, previo approfondito esame del testo, di promulgare la legge sul legittimo impedimento, legge che proteggerà il Presidente del Consiglio e i suoi ministri dai processi in corso (e da altri eventuali) per un anno e mezzo, in attesa che venga riformulato il nuovo Lodo Alfano, a tutela delle più alte cariche istituzionali, quindi anche della Presidenza della Repubblica. E qui le pongo la prima delle mie rispettose domande: perché Ella non chiede autorevolmente ai parlamentari avvocati del premier di non coinvolgere la figura del Presidente della Repubblica in questa operazione chiaramente strumentale e di dubbia costituzionalità, dichiarando di non aver bisogno di nessun riparo da nessun processo né in corso né eventuale? Nel promulgare la legge sul legittimo impedimento, Ella ha ritenuto di precisare i motivi che l’hanno indotta a firmare, così come aveva firmato l’anno passato il Lodo Alfano, poi giudicato incostituzionale dalla Consulta: “punto di riferimento del Presidente della Repubblica – si legge in una nota del Quirinale – è rimasto il riconoscimento dell’apprezzabile interesse di assicurare il sereno svolgimento di rilevanti funzioni istituzionali, interesse che può benissimo essere tutelato in armonia con i principi fondamentali del Diritto”. In parole semplici: non era proprio il caso di provocare altri “scossoni” o addirittura una crisi al buio per le tante pendenze giudiziarie a carico del premier. E questo, naturalmente, per il bene del Paese e il “sereno svolgimento dell’attività governativa” in un periodo di crisi economica, produttiva, occupazionale (e magari anche morale). Perfetto: come darle torto? Ella, tra l’altro ha il dovere di garantire l’equilibrio dei poteri, e di evitare, per quanto possibile, una fine anticipata della legislatura, oltre che l’esasperarsi del conflitto tra organismi dello Stato, ad esempio tra governo e magistratura. Ora, proprio alla luce di queste sue motivazioni, le pongo la seconda rispettosa domanda: lei ha accettato e firmato recentemente la nomina a ministro senza portafoglio “per l’attuazione del federalismo” (denominazione poi cambiata in “per il decentramento e la sussidiarietà” dopo le rimostranze del ministro per le riforme Bossi) l’onorevole Aldo Brancher, sotto processo per appropriazione indebita e ricettazione. In questo caso, quali ragioni politiche e istituzionali l’hanno indotta a firmare questa strana nomina a un dicastero fantasma in un governo che ne ha già uno per le regioni, uno per la semplificazione normativa, uno per l’attuazione del programma, e uno proprio per le riforme e, come se questo non bastasse, in vacanza del ben più importante dicastero per lo sviluppo economico, attualmente ancora tenuto come interim dal premier, che non pare irreprensibile dal momento che tra le sue competenze figurano anche le telecomunicazioni? Erano forse a rischio gli equilibri interni della maggioranza? Non sembrerebbe, se proprio quella nomina ha creato imbarazzi e più problemi allo stesso neoministro fantasma di quanti ne abbia risolti. Forse che non poteva non firmare? E perché mai? Dove sta scritto che il Presidente della Repubblica ha l’obbligo di sottoscrivere qualunque nomina gli venga proposta, non imposta, dal Presidente del Consiglio? Altrimenti, che senso avrebbe una firma obbligata? Tanto varrebbe che firmasse solo il premier! O nel frattempo è stato cambiato anche l’Art. 92 della Costituzione senza che nessuno se ne accorgesse? Ella, Signor Presidente della Repubblica, che cosa può (o non può) dirci in proposito? Inutile dire che rimango, come suol dirsi, in fiduciosa attesa di una sua autorevole risposta. Con il rispetto dovuto alla sua carica e alla sua persona, un ossequiente saluto dal sottoscritto. 

Fulvio Sguerso

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