L’elogio dell’immigrazione illegale e il processo a Salvini

Leggi di fantasia e sfida al senso comune per eliminare il corpo estraneo al sistema

Rimanere a bordo di una nave ancorata in porto con la garanzia di vitto, assistenza sanitaria, condizioni igieniche essenziali costituisce un rischio per l’ incolumità. A questa conclusione sono arrivati magistrati, uomini politici, editorialisti dei più prestigiosi quotidiani nazionali. Dei quali si può dire che o sono vittime di un virus che colpisce il sistema cognitivo o prendono allegramente in giro il popolo bue, che si presume intimorito dal loro ruolo e dal loro status.. E, nel secondo più verosimile caso, offendono il buonsenso giusto per difendere una linea politica favorevole ad una massiccia indiscriminata e incontrollata immigrazione di massa. Un prestigioso magistrato investito di speciali responsabilità di rappresentanza e tutela della sua categoria ha perentoriamente negato che impedire lo sbarco a dei clandestini non evita che venga consumato un reato ma, al contrario, è proprio quello un reato perché “viola una precisa legge penale” (sic).

Non sapevo che esistesse un diritto di sbarcare  illegalmente garantito da una legge penale.  Accordi internazionali hanno formalizzato  e reso universalmente cogenti consuetudini e norme nazionali che impongono il salvataggio in mare di un naufrago e disciplinano il soccorso a imbarcazioni in difficoltà ma non esiste una legge che impone l’approdo o lo sbarco nel Paese di gradimento del naufrago.

Il clandestino è tale perché entra nel territorio di uno Stato di nascosto, aggirandone le norme che ne regolano l’ingresso. L’ingresso in porto e lo sbarco sono consentiti dalle autorità portuali e dalle forze dell’ordine, – guardia di finanza, polizia e carabinieri -, che adempiono ad una funzione di filtro e di controllo. Lo stesso diritto d’asilo è individuale e concesso al termine di una verifica, non sulla base di una autodichiarazione; tantomeno si applica a gruppi, oltretutto eterogenei,  di individui. –

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Esilaranti gli argomenti  a cui ricorrono politici, opinionisti e magistrati telecomandati: erano 147 disperati, stravolti. stremati, hanno sofferto di mal di mare, qualcuno addirittura ha vomitato, come se non capitasse anche a chi va in crociera  o ai nuovi ricchi che si affrettano a farsi la barca e ne pagano tutti i disagi che comporta. Erano in mare da settimane, alla faccia dei marittimi che ci passano sei mesi, e bisognava farli sbarcare. E di nuovo si invocano leggi di fantasia, quando l’unica norma chiara, precisa, inequivocabile è quella che riconosce la nave come territorio dello Stato di cui batte la bandiera; e per l’appunto quella nave, la nave che aveva a bordo gli aspiranti clandestini,  era spagnola. Si sente addirittura dire che i respingimenti violano presunti trattati internazionali: trattati che evidentemente si materializzano con l’aria del Bel Paese perché poliziotti e doganieri francesi che pescano clandestini a Mentone e li rispediscono prontamente a Ventimiglia non ne hanno sentore, come non ne hanno sentore gli Spagnoli a Ceuta o gli Inglesi oltre Manica,  per non dire dei Polacchi che dovrebbero garantire chi scappa veramente dalla guerra e si guardano bene dal farlo. Pare anzi normale e legittimo prelevare giovani ucraini rifugiati in occidente e consegnarli agli scherani di Zelensky per essere mandati al macello.

Quello che non mi torna è che la tutela dei clandestini spinta fino alla palese violazione delle leggi di ogni rango, dalla Costituzione al diritto penale fino a quello della navigazione, sia un’iniziativa della magistratura, sia pure una magistratura politicizzata. I singoli magistrati sono povere anime che le congiunture politiche degli ultimi sessanta anni hanno portato a beneficiare di lauti stipendi – nulla peraltro in confronto alla nuova aristocrazia che ruota intorno alla politica – intimoriti dal clima nel quale si trovano ad operare e sottoposti alla pressione dei partiti, in particolare del Pd (ma la tentazione di destra o centrodestra di seguirne l’esempio è forte). Non è la magistratura che fa pressione sulla politica, è esattamente il contrario. E l’idea di far fuori Salvini è della politica, perché di Salvini si può dire tutto il male possibile per i rosari, le madonnine, le battute infelici, i tentativi maldestri di accattivarsi la simpatia della gente comune che contrastano con le sue frequentazioni ma non a caso fa paura alla sinistra e al sistema. In America probabilmente lo avrebbero fatto fuori fisicamente, da noi si cerca di farlo fuori politicamente e umanamente aizzandogli contro la giustizia e orchestrando campagne di stampa contro di lui.

E i protagonisti di questo attacco sono il Pd e i Cinquestelle riveduti e corretti dall’avvocato del popolo, con la complicità, s’intende, di quell’Alleanza Verdi e Sinistra che esprime icasticamente nelle figure dei suoi due leader il naufragio delle ideologie del ventesimo secolo.

Del Pd, e della sua gemmazione che ne copre il fianco sinistro, si sa che cosa aspettarci: sono i custodi del Pensiero Unico, il baluardo della cattiva politica, i migliori alleati della banda Meloni. Chi in questa circostanza mi dà la nausea sono Conte e quel che resta dell’intuizione di Grillo: invece di muoversi per dare un senso politico alle comuni posizioni con la Lega su temi cruciali come la guerra e l’invasione  continuano a vomitare invidia e rancore verso il vecchio alleato e si vendono per trenta denari a quelli che sulla carta dovrebbero essere i loro avversari.

Pierfranco Lisorini

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One thought on “L’elogio dell’immigrazione illegale e il processo a Salvini”

  1. Visto che sono immobilizzato fisicamente ed emotivamente da un’improvvisa forma di labirintite (o qualche suo derivato; saranno gli esami diagnostici, forse, a rivelarlo), voglio qui ringraziare il prof. Lisorini per aver esposto, con la consueta chiarezza e logica stringente, quello che anch’io penso dell’immigrazione selvaggia, nonché di Salvini e dell’accanimento giudiziario a cui i giudici ci hanno ormai abituati da anni contro chiunque osi fare una voce dissonante dal coro diretto dall’UE.
    Il grottesco è assistere oggi a nazioni come la Germania, l’Olanda et al. (la prima è tra quelle che fanno scorrazzare in mare ONG con la propria bandiera, per cui il “luogo di primo approdo” è appunto la Germania e lì dovrebbero portarli), che improvvisamente vogliono disfarsi del peso di tanti nullafacenti e potenzialmenti delinquenti, a cominciare dagli imboscati ucraini. In aperta contraddizione, però, pretendono che le loro ONG scelgano il luogo più “ospitale”: l’Italia. Pensiamo se, al posto della Meloni, governasse un Orbàn o un Fico! L’UE è retta da servi degli USA, tra i quali naturalmente l’Itlia.
    E così, non ci sono soldi per i servizi pubblici essenziali, ma si trovano per i clandestini e per inviare armi a un’Ucraina ormai alle corde sotto il fuoco russo, rischiando di entrare in guerra contro la Russia stessa. Follia pura.

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