Lega e/o Cinque stelle per restare in Italia e il Pd…

 

Lega e/o Cinque stelle per restare in Italia

e il Pd lo mandiamo in Europa

Lega e/o Cinque stelle per restare in Italia

e il Pd lo mandiamo in Europa

Ho letto con crescente fastidio l’intervista ad uno dei più accreditati maître à penser del nostro Paese, uno di quelli che non si agitano, che sono schierati ma non troppo, che non considerano l’avversario un nemico, ne comprendono le ragioni e magari, chissà, un domani potrebbero infilare il piede anche in un’altra scarpa. Ha un nome che incute rispetto, firma fissa del giornalone, ospite di tutti i salotti che contano e può guardare alle cose italiane con occhio distaccato perché in buona sostanza lui non è un provinciale, in altri tempi sarebbe stato cittadino onorario della ville lumière, ora, come i suoi pari, è di casa oltre Atlantico, nell’America buona, dove si continua a vivere come un incubo la presenza di Trump alla Casa Bianca.

Il maître à penser parte da queste ovvie considerazioni:

I compagni vogliono convincersi e convincerci che la partita si giocherà tutta all’interno della sinistra, vale a dire del Pd con tutte le sue metamorfosi. Loro da un lato, il vuoto dall’altro, il vuoto rappresentato dal populismo e, secondo un’espressione d’antan, dai rigurgiti della destra reazionaria e fascista.


La realtà è ben altra e lo sanno anche loro, i compagni, tant’è che non hanno tanto l’horror vacui del populismo quanto l’horror voti della democrazia. Dopo il balletto voto a aprile, anzi no, voto a giugno, meglio a ottobre, facciamo finire la legislatura, cercheranno di spostare le consultazioni alla prossima primavera sperando in cuor loro che qualche cataclisma le rimandi sine die. Ma se questo non accadrà e Mattarella non vorrà rischiare di essere ricordato come il becchino di ciò che resta della nostra democrazia si andrà finalmente a votare. E la partita, quella vera, si giocherà fra Lega e movimento Cinque stelle. Il Pci, Pds, Ds, Pd, che secondo Augusto Del Noce sarebbe diventato un partito radicale di massa dopo aver messo in soffitta Carlo Marx, e non saprei se fosse una profezia o un auspicio, non è diventato un partito radicale di massa quanto piuttosto un partito radicale di nicchia peggio dell’originale. Una nicchia dove sono annidati grands commis di regime, sedicenti intellettuali in lotta perenne col congiuntivo, ospiti fissi dei salotti che contano, parassiti di tutte le risme. È diventato il partito dei diritti, ma non quelli volgari al lavoro, ad uno stipendio decoroso, alla casa, alla salute, quella è demagogia, strumentalizzazione, populismo; sono ben altri i diritti per cui si batte il partito che un tempo si diceva dei lavoratori: sono i dritti pannelliani alla canna libera, ad avere figli senza l’incomodo, per molti disgustoso, di una commercio carnale con una persona dell’altro sesso, il diritto al suicidio assistito dalla sanità pubblica, il diritto a porre fine alle sofferenze, e ai costi, del malato terminale.


In questo partito radicale di nicchia rimane però inalterato lo stile dei vecchi compagni: burberi depositari della verità, intransigenti, assolutamente privi di senso del ridicolo, che del loro passato hanno perso la frequentazione delle sezioni, i rigeneranti bagni di folla, le standing ovation e non nascondono un certo disgusto per quella che l’innominato manzoniano chiamava canaglia. Odiano la gente comune e bollano chi ne cerca l’applauso e il consenso. Del resto una volta eletti chi li vede più? Sono diventati i valvassori e i valvassini dei nuovi signori, ai quali li lega un patto di fedeltà e mutuo soccorso.

Il nostro Pd, come tutta la sinistra europea, è succube e strumento della grande finanza internazionale, alfiere della globalizzazione, ansioso di vedere la fine delle frontiere nazionali, innamorato dell’inglese come lingua universale, entusiasta della tecnologia informatica, alla quale però vorrebbe imporre il controllo del grande fratello. Quindi Marx non solo è stato messo in soffitta ma viene scopertamente rinnegato? No davvero. Da vangelo dei proletari è diventato la bibbia della Silicon valley

Il pensiero di Marx si sviluppa come base scientifica di un progetto rivoluzionario ma rarefacendosi diventa una specie di sistema filosofico destinato ad essere piegato nelle più svariate direzioni. Nella sua ultima versione, implicita ma non per questo meno definita, è diventato il supporto dottrinario della omologazione. La società senza classi è diventata la società senza nome, senza genere, senza valori, senza passato, liberata dai padroni visibili e asservita a un potere invisibile che tutto controlla, a cominciare dal sistema finanziario. In quest’ottica la tessera numero uno del partito della classe operaia in tasca a De Benedetti non è più né un paradosso né una contraddizione, come non desta meraviglia il fatto che il vero organo del partito sia il giornale della ricca borghesia nostrana.

Tutto ciò comporta un inconveniente: nonostante il sindacato, i centri sociali, l’organizzazione capillare dei circoli ricreativi, il controllo esercitato sui concorsi nel pubblico impiego, nelle banche, nelle università, nelle Asl, nonostante le cooperative, le case popolari, nonostante il loro gigantesco voto di scambio, oscenamente scoperto nelle roccaforti rosse, il Pd non gode più di alcun consenso popolare. Qualche sera fa un onorevole compagno, imbeccato dall’eco delle dotte disquisizioni nei salotti bene, è arrivato a dire che gli operai non esistono più, scambiando il proprio desiderio per la realtà. Ma gli operai esistono e sono tanti e sono arrabbiati perché il loro posto di lavoro è a rischio, perché il loro stipendio non consente di arrivare alla fine del mese, perché non ne possono più di assistere allo spettacolo dell’invasione organizzata dagli amici del Pd; sono arrabbiati come gli impiegati, gli insegnanti, che stanno subendo il disastro provocato dalla “buona scuola” renziana, come i commercianti, i professionisti, come tutti quelli che si arrabattano per impedire che il nostro Paese cali a picco


Il maître à penser queste cose le sa e lo dice candidamente: Il Pd lo voteranno i pensionati – e su questo, nonostante la terza età comporti qualche inconveniente per la salute mentale, io sono convinto che si illude –, le professoresse della Cgil, e anche su questo avrei qualche riserva perché errare humanum, perseverare diabolicum, ma in buona sostanza ne riconosce la fine imminente, ma lo fa col cupo pessimismo di chi assiste al crepuscolo che anticipa una notte definitiva: muore il Pd, muore la sinistra, quindi è la fine, muore l’Italia. Buona la premessa, sbagliata la conclusione: se muore il Pd l’Italia si può rialzare e quello che per lui sono i barbari alle porte, il populismo di Lega e Cinque stelle, sono la speranza, il nostro possibile futuro.

Il movimento Cinque stelle è solo risentimento, la destra, o centro-destra, secondo l’autorevole editorialista, non avrebbe un programma: i suoi unici argomenti sono le tasse e “l’idiosincrasia nei confronti degli immigrati”. Quest’ultima affermazione è la prova lampante della distanza siderale del mondo radical chic dalla realtà: comunque la si voglia vedere la presenza sul nostro territorio di una massa umana di centinaia di migliaia di persone senza lavoro, senza radici, senza identità, una massa umana destinata a crescere fino a raggiungere entro qualche mese le dimensioni di una città come Torino, rappresenta una minaccia e un peso che nessun Paese sarebbe in grado di sopportare. Nonostante il polverone e le menzogne è del tutto evidente che tutta l’Europa si rifiuta di accogliere e mantenere profughi o richiedenti asilo. Noi, con oltre due milioni di musulmani residenti nel nostro Paese, condividiamo col resto dell’Europa il pericolo potenziale che l’Islam rappresenta, un pericolo che l’integrazione non attenua affatto e che un eventuale processo di laicizzazione, di cui per altro ancora non c’è traccia, renderebbe anche più grave. Ma questa è una minaccia, una spada sospesa sull’Europa di cui il terrorismo periodicamente provvede a ricordarci la presenza, una minaccia grave quanto si vuole ma quanto meno comune, dilazionata e con tutto l’occidente compatto nel fronteggiarla. Quella massa umana inerte di africani che quotidianamente viene incrementata è invece una realtà attuale, una zavorra destinata a distruggere la nostra economia, il nostro tessuto sociale, il nostro stile di vita, come dichiarò compiaciuta la presidente della Camera. Non solo: se la minaccia islamica accomuna l’Europa, l’invasione è un’occasione preziosa per i nostri concorrenti, Francia e Germania in testa, per eliminare finalmente quella realtà politica, l’Italia, che è sempre stata considerata un ostacolo per il duopolio franco-tedesco. Se i francesi fanno acquisti in Italia privandola dei marchi più prestigiosi, hanno azzoppato l’Eni e ci hanno privato della sponda africana distruggendo la Libia, i tedeschi gongolano per il ridimensionamento di Finmeccanica, tutti insieme hanno fatto del nostro Paese la pattumiera dell’Europa con la colpevole complicità della sinistra italiana. Del resto tutti nel Pd si dichiarano europei, sognano un’Europa politica che nessuno vuole e, questo bisogna riconoscerglielo, non fanno niente per nasconderlo: per loro l’Italia è solo un’espressione geografica. Il problema è che il nazionalismo o il sovranismo che non piacciono ai compagni, e fanno inorridire i maître à penser che pensano anche al posto loro, sono ben radicati non solo in Ungheria o in Polonia ma in tutta, senza eccezioni, l’Europa, che, quella sì, è per gli europei un’espressione geografica. In queste condizioni per noi, se non ci sbarazziamo, della sinistra, non c’è futuro; e col nuovo corso degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, con l’affermazione della destra nazionale in Francia, che è già un fatto, indipendentemente dal ruolo della Le Pen, e le smanie egemoniche della Germania, il baratro per l’Italia è ormai dietro l’angolo. Ma tutto questo per il grave pensoso e barbuto editorialista è “idiosincrasia verso gli immigrati”.


L’altro argomento di una destra senza argomenti, la pressione fiscale, è anche quello fuffa, demagogia, pretesto per riempire il vuoto di idee e di programmi. Per il nostro editorialista che l’operaio – ma anche lui ha dichiarato che “non esistono più operai” e allora diciamo genericamente il lavoratore – con uno stipendio lordo di duemila euro al mese, che non bastano per arrivare alla fine del mese, ne debba versare 400 al fisco è normale, tanto povero era e povero rimane. Lui probabilmente segue l’esempio del non rimpianto signor Fiat, che al fisco italiano non ha mai versato una lira.

L’editorialista del giornalone è convinto che se la sinistra sta male altrove si sta anche peggio: non ci sono né idee né programmi né capacità di reggere il timone del Paese (che, dico io, peggio di Renzi lo potrebbe reggere solo uno dei suoi compari). Argomenti e programmi ce ne sono eccome, e basterebbero lo stop all’invasione e la revisione dell’Irpef, altro che antisinistra e niente più. Ed è all’interno di questi argomenti e di questi programmi, nei quali riconosco la Lega e il partito fondato da Grillo, che si giocherà la partita. E che vinca il migliore.

Pier Franco Lisorini è un docente di filosofia in pensione

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