Le Commissioni, quelle belle…

Molte parole, poche conclusioni, veloci sparizioni

Vorrei spendere qualche frase sull’ultima Commissione seconda, andata “in onda” martedì scorso in Comune. Si parlava del recupero del S. Giacomo, in un prosieguo di precedente riunione tenuta a febbraio, e, dopo molti e faticosi tentativi di inserire l’argomento all’odg, con tanto di richiesta presentata dal consigliere di maggioranza Venturelli e firme bipartisan necessarie, della chiesetta di N.S. degli Angeli, o meglio di come migliorarne la strada d’accesso e istituire una efficace sorveglianza antincendio, con fondi regionali e con un progetto gratuitamente fornito da professionisti in appoggio al gruppo GPN2010 che promuove il recupero del piccolo edificio e della collina.  

Come premessa, visto che siamo in tema di urbanistica, una considerazione generale, relativa alla speculazione edilizia. Non insinuo, non cito casi specifici né accuso alcuno, vorrei solo descrivere il “mood” che pervade in genere le amministrazioni locali di ogni colore, e che periodicamente si ripete.

Non insinuo e non accuso, ripeto, ma ritengo anche che, visto come è conciata la nostra regione, valga in assoluto e contrariamente a ogni diritto giuridico la “presunzione di colpevolezza” a prescindere. 

Ossia tutti colpevoli a meno di evidenza e prova contraria. Le attendo con ansia e sarei la prima felicissima di essermi sbagliata e disposta a farne ammenda e a collaborare entusiasta e volonterosa con qualsiasi progetto positivo e senza secondi fini. 

Quali sono dunque, le linee di principio della speculazione e delle generose concessioni delle amministrazioni?

1)  Terreni o aree edificabili. Nessun problema: si costruisce il più possibile, sfruttando in altezza e larghezza tutto quanto è concesso ed effettuando pure sopraelevazioni a ziggurath. Di solito o in stile “servono autobotti di vetril”, ossia vetro e acciaio, oppure in squisito e massiccio tardosovietico. Con box interrati ed erbetta gialla e arbustini stentati al posto del verde.

2)  Aree agricole o industriali dismesse o “fatte” dismettere. Nessun problema: nelle seconde ci sta bene tanto bel residenziale di lusso, nelle prime, dopo aver tagliato eventuali fastidiosi olivi, quei simpatici capannoni artigianali spesso lasciati allo stato di scheletro o oggetto di trasferimento di imprese già esistenti, quindi a guadagno zero per l’economia e l’occupazione.

3)  Edifici di pregio o con valore storico. Qui c’è qualche problema in più. In passato ci fu chi pensò allegramente che bastasse aspettare il crollo, ora il tutto, stante una maggiore sensibilità e focus dell’opinione pubblica, è più difficile. Sono però un grattacapo perché poco appetibili per i soliti speculatori: molti vincoli, poco guadagno. Occorre renderli interessanti in qualche modo, o proponendo restauri pubblici e vantaggi privati, o, il solito hotel o residenza turistico alberghiera che diventerà residenziale in un secondo tempo, aree artigianali che diventeranno supermercati, o, dove ci sono gli spazi, concedendo generose edificazioni adiacenti ex novo, a soffocarne la vista. Il pubblico al massimo ottiene il contentino di qualche spazietto. Ma risicato, eh…

4)  Edifici non di pregio ma ampi e costosi da demolire. Qui, se non si ottengono subito le doverose contropartite, si lascia fare al famoso degrado, attendendo tempi migliori. Saranno i cittadini stessi a invocare disperati il nuovo cemento, e tanti bei volumi in più.

5)  Terreni di pregio in collina con destinazione conservativa. Nessun problema: una variante si ottiene sempre, proponendo villette di lusso come baluardo di sorveglianza e pulizia dei terreni. Nel frattempo cementificati, e va be’. Sottigliezze. Il cemento brucia peggio dei pericolosi alberi, del resto.  

Qui mi fermo, esempi e casistiche ce ne sarebbero molti altri, per tacer della delirante fame di edificazione sul bagnasciuga, oltre ogni pudore. 

Ora torno alla Commissione, che si occupava di tutt’altro, anzi, solo i peggiori e prevenuti maligni potrebbero vederci qualche collegamento con quanto esposto sopra. 

Sul San Giacomo da anni si muovono cittadini, comitati, persone interessate. È un complesso con enorme valore storico che sta cadendo a pezzi, e su cui si gioca spesso a promesse in campagna elettorale, ma sembra non si riescano a focalizzare le energie per favorirne il recupero e la promozione. 

Il fatto che faccia parte di quel patrimonio artistico, culturale, paesaggistico la cui valorizzazione si ripagherebbe in breve tempo, di per sé, con i riscontri turistici ed economici, non sembra bastare. 

Di per sé. Ecco un concetto che nessuna amministrazione pubblica, ad alcun livello, nel nostro Paese, sembra capace di esprimere e comprendere. Ci vorrebbero scelte lungimiranti e coraggiose delle istituzioni, iniziativa di tipo imprenditoriale pubblico, con creatività e impegno, sfruttando ogni possibile sinergia, dall’alto verso il basso, e se necessario anche a livello europeo. 

E non è detto che sia facile, certo. Il fatto grave è che venga ritenuto implicitamente impossibile, sempre, da scettici uffici e amministrazioni, e quando va bene si tenti di appiccicare iniziative posticce per rendere forzatamente appetibile ciò che dovrebbe esserlo per il suo intrinseco valore.

Come se si dovesse mettere un distributore di bibite vicino alla Gioconda per spingere la gente a soffermarsi.

In definitiva, riassunto della riunione sul S. Giacomo: nella precedente si era parlato di opere minime, ma proprio minime, di messa in sicurezza di ciò che è pericolante, e di relativi costi di progettazione. 

Il consigliere Dell’Amico si era stupito di questi costi, proponendosi di fare una ricerca per suo conto, con l’approvazione di assessore e Commissione. 

Ora i risultati: 20000 euro, un costo ritenuto contenuto. Del solo progetto, si badi bene.

Ringraziamenti dell’assessore Arecco, che afferma come sia importante che dei professionisti si attivino per la città.

Certo lo è. Non discuto impegno e costi. Ci mancherebbe. Resta il fatto che mi pare difficile già reperire questi fondi, figurarsi quelli necessari per le opere in concreto. 

Alle domande e proposte dei consiglieri gli uffici, rappresentati dall’ing. Delfino, si mostrano scettici.

Si termina senza aver fatto molti passi avanti. 

Il secondo argomento, il rifacimento e messa in sicurezza della strada di monte Ornato che porta alla chiesetta di N.S. degli Angeli e al forte, con tanto di telecamere e collegamento con termocamera per segnalazione precoce di incendi, da installarsi su edificio pubblico, prevedeva l’esposizione del progetto da parte dei professionisti che l’hanno redatto. Non mi soffermo per mancanza di spazio e competenze, ma tanti e importanti e davvero notevoli erano i dettagli e le caratteristiche.

L’assessore Arecco si volatilizza. L’ing. Delfino esce, ritorna per qualche istante, se ne va di nuovo. 

In definitiva si discute fra commissari, interessati e volonterosi ma con poca voce in capitolo, proponenti e progettisti, in assenza di qualsiasi soggetto decisionale e attuatore. 

Una perdita di tempo se non un vero sgarbo istituzionale, e tale lo segnaliamo noi e i proponenti stessi. 

Differenze dall’argomento precedente? Qui il progetto sarebbe fornito a titolo completamente gratuito, (ancor più da ringraziare i professionisti!) e i fondi per realizzarlo reperibili al 100% tramite bando regionale per la salvaguardia di zone protette e contro incendi e dissesto. 

Tra le altre cose il vice sindaco Arecco, oltre a dire di non essere l’assessore competente in merito (anche se ha sempre risposto lui in passato a mozioni e interpellanze), sui giornali afferma che la questione è complessa.

Lo sarà pure, complessa, ma è anche vero che questo progetto è in ballo dal 2016, presentato un po’ a tutti gli assessori e alla Sindaco, e a quest’ora le eventuali questioni si sarebbero potute sciogliere e i passi interni necessari, attuare. 

Inoltre se esistono ostacoli insormontabili o di difficile soluzione, o se semplicemente l’amministrazione non è favorevole a portare avanti il progetto e farlo suo, basterebbe chiaramente dirlo e spiegarne per esteso i motivi. 

Tra l’altro un altro tecnico intervenuto, il dr. Minuto del CERsaa, ci informa che a causa di conformazione dei terreni e regimazione errata delle acque, la collina sta lentamente scivolando a valle… e già ora ci sono spesso allagamenti nelle costruzioni dei quartieri sottostanti. 

Insomma, due ore a discutere, decisioni zero.

Ogni riferimento al fatto che il San Giacomo è parte di un progetto speculativo che accomuna altri edifici intorno, come la ex caserma Carmana …VEDI le aree adiacenti all’Aurelia bis in via Turati, le ex funivie, giù fino a Margonara con nuovi e ferali masterplan incombenti,  …VEDIe che quindi non pare esserci molto interesse a trovare soluzioni autonome e pubbliche, è certo puramente casuale e non ha a che fare con le reali difficoltà di reperire fondi.

Come il fatto che il monte Ornato abbia parecchie aree già in possesso di costruttori, altre di Opere Sociali, abbia subito incendi boschivi a ripetizione e vandalismi alla chiesetta, riscontri una inerzia totale a fronte di qualsiasi impegno e offerta di volontari e comitati, anche da parte delle stesse autorità ecclesiastiche…VEDI…e…VEDIe in generale, da parte dei preposti, poco interesse a operazioni conservative che non siano propedeutiche a future “valorizzazioni”, è malignità priva di fondamento. 

Basta, veramente basta complottismi. Non se ne può più.

 Milena Debenedetti  Consigliera del Movimento 5 stelle

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