L’ASSEMBLEA DI CONDOMINIO
L’ASSEMBLEA DI CONDOMINIO
Della democrazia rappresentativa non resta altro che una utopia che mestamente ed inesorabilmente ha imboccato il viale del tramonto.
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L’ASSEMBLEA DI CONDOMINIO Della democrazia rappresentativa non resta altro che una utopia che mestamente ed inesorabilmente ha imboccato il viale del tramonto. Vi avverto, prima che procediate nella lettura, che questo pezzo non lo scrivo su un noiosissimo problema di ordinamento immobiliare ma ne uso l’esempio per questioni di attualità concernenti il il concetto di democrazia rappresentativa. L’assemblea di condominio è un luogo dove nessuno vorrebbe mai andare, tranne quei pochi cui piace farlo, di solito quelli che per definizione che traggono piacere dal complicare ad altri cose che di solito il buon senso classifica come problemi facilmente risolvibili. Come nelle commissioni, a proposito viene da chiedersi che fine ha fatto quella reale dei saggi, così nell’assemblea condominiale di solito vige la legge secondo la quale il tempo che si dedica alla discussione di un argomento è inversamente proporzionale alla sua importanza, un postulato che sembra regolare anche la politica dei giorni nostri. Di tutte le leggi, una quantità enorme, il codice civile sembra ancora un buon esempio di regole del convivere anche se adottato con Regio Decreto nel lontano 1942, in piena guerra, da un sistema politico che di democratico aveva molto poco ma forse, tranne che su alcuni diritti fondamentali, legiferava con un certo buon senso. Tornando all’esempio dell’assemblea condominiale essa è un luogo dove si vota per millesimi di valore mentre in astratto nella democrazia parlamentare si vota, o si dovrebbe votare, in funzione del numero di suffragi ricevuti; potremmo paragonare i condomini ai partiti ognuno dei quali pesa, o dovrebbe pesare, in funzione del consenso che raccoglie e che dovrebbe costituire il suo patrimonio e ad ognuno dei quali dovrebbe essere permesso di partecipare all’assemblea parlamentare rigorosamente pro quota. I condomini, quelli veri, si dividono in due sostanziali categorie:
Il sistema sicuramente non è perfetto infatti mentre nel primo caso non esistono problemi per decidere essendo di fatto l’assemblea monocratica, nel secondo caso al contrario spesso ci si insabbia in futili discussioni, a volte in costose cause, e spesso il consenso matura per il voto del condomino marginale per voti ma essenziale per la decisione che viene spesso comprato con indebiti benefici o promesse, una metafora del passato, ma anche del presente, che ben si addice al nostro ordinamento politico. Esistono nel secondo caso quindi due aspetti che possono entrare in contrasto: quello del diritto alla rappresentanza e quello della efficacia delle decisioni da assumere, lo stesso problema politico che sembra alla base dell’infinito tormentone che da troppo tempo affligge i pendenti di noi poveri sudditi, e qui arriviamo al sodo: ma a noi, comuni mortali, interessa realmente questo tema o sono altri e più immediati quanto gravi i problemi che vorremmo vedere risolti? Personalmente considero il come si vota un falso problema infatti a fronte di sistemi elettorali diversi per i vari livelli istituzionali centrali, periferici e locali i risultati cambiano poco: ovunque inefficienza, privilegi, corruzione, e persino mutande sadomaso pagate dai contribuenti, a prescindere dal come si sia votato per eleggere questo particolare tipo di nostri rappresentanti ed ancor più particolare tipo di consumatore. Negli ultimi mesi ci hanno bombardato con la questione della rappresentanza, con o senza preferenza, e della governabilità, a mio avviso non c’è verso di eludere il problema le due cose sono antinomiche, l’una esclude infatti necessariamente l’altra, almeno in teoria e almeno nel nostro variegato e pittoresco universo politico. Sempre a mio avviso quando si viene meno al principio legato al diritto di voto connesso con quello alla rappresentanza i cardini della democrazia vacillano: comunque la si voglia rigirare quando si mettono soglie minime di rappresentanza, o peggio premi di maggioranza di qualsiasi entità si comprime comunque, il quanto è relativo, un diritto fondante qualsivoglia democrazia rappresentativa degna di tale nome. Immaginate se nel regolamento condominiale si introducesse una norma che escluda dalle decisioni, ma non dai pagamenti, coloro i quali avessero, che so, meno di 5 millesimi e contemporaneamente si desse un premio di maggioranza al condomino più ricco, magari con un minimo di 350 millesimi, fino ad assicurargli la maggioranza necessaria a decidere, ma non a pagare in proporzione; qualsiasi tribunale farebbe a pezzi una simile regolamentazione senza aspettare i tempi biblici delle alte corti! Sempre a proposito di condominio e politica lasciamo perdere il capitolo amministratore, il paragone non regge perché nel secondo caso, almeno nei tempi più recenti, non abbiamo capito bene chi sia, o peggio chi siano, o peggio ancora l’abbiamo capito benissimo ma è argomento pericoloso da trattare con estrema prudenza con il dovuto e rispettoso silenzio. Molti sostengono che il modello del Sindaco sia il migliore se non per assicurare la rappresentanza, almeno per garantire la governabilità, cosa vera ma solo in parte infatti occorre ricordare che per ottenere questo risultato si sono compressi notevolmente i poteri dei consiglieri comunali quelli che un tempo erano un tramite diretto ed incisivo tra cittadini e potere locale e che oggi sono soltanto un corredo istituzionale quasi inutile cui è concesso solo di mugugnare e votare bilanci e piani regolatori, altrimenti tutti a casa, loro per primi. Si sarà capito come resti convinto che per una democrazia parlamentare degna di tale nome non possa esistere altro sistema al di fuori di una pura proporzionalità, tutti gli altri metodi sono a mio avviso compromessi più o meno validi tra la sovranità popolare che si manifesta nel suffragio universale e l’esigenza di una stabilità che però sottrae il governare dal dialogo con le ragioni di tutti privilegiando troppo spesso gli interessi di quei pochi che preferiscono avere un interlocutore certo, e magari un tantino malleabile, possibilmente euro entusiasta e, perché no, pure amante del sistema bancario e finanziario. Abbiamo visto in questi giorni l’edificante sfilata di lobbisti, boiardi, altri autorevolissimi intoccabili ed incriticabili, altri ancora inciuciatori di professione, insieme ad altre personalità di primo piano, dare esempi da non imitare; il problema non è nel metodo di come li eleggiamo infatti come abbiamo visto il risultato non cambia pur cambiando i sistemi elettivi. L’idea del giovane rampante di abolire il Senato mi piace sia perché di organi inutili come sono ridotti i nostri parlamenti ne basta e avanza uno, sia perché il tutti a casa riguarderebbe anche quelli vitalizi, uno in particolare, ma temo al riguardo che l’inghippo per salvare le loro legittime aspettative vita natural durante, non sono mica esodati che diamine, sicuramente sarà trovato. Ribadisco che le Camere così come sono ridotte sono organismi tanto costosi quanto sostanzialmente inutili nel momento in cui la parte predominante e sostanziale delle decisioni viene assunta da poteri lontani e sicuramente lontanissimi dal suffragio universale, oppure quando si abusa in modo abnorme della decretazione d’urgenza, ormai la regola come vedremo in conclusione, costringendo il parlamentare ad affrontare l’annoso dilemma: o voti a favore una cosa che magari ti fa schifo oppure a casa e addio privilegi e la prossima volta scordati una redditizia candidatura. Un tempo si diceva che il parlamentare non aveva vincolo di mandato, cioè era un uomo libero di pensare e, almeno in teoria, di comportarsi di conseguenza, oggi solo in pochissimi possono permetterselo: quelli ricchi soltanto di coscienza, di libero arbitrio. e di dignità, ne conoscete qualcuno? Mi sia permesso un suggerimento al giovane rampante: nel quadro di un potere che già si è consolidato sarebbe inutile, oltre che costoso, eleggere parlamentari incapaci di decidere alcunché da soli, trasformate allora il voto in deleghe da attribuire ai capipartito che voterebbero pro quota magari con PEC, sarebbe sicuramente una garanzia di governabilità oltre ad risparmio sia di denaro sia di figuracce, tra i pochi a dolersene vi sarebbero probabilmente gli sexy shop. Prima di chiudere un sospetto da buon dietrologo: ho ascoltato un giornalista sostenere che l’operazione Bankitalia ( a proposito che ne è, o sarà, delle riserve auree più o meno 100 miliardi?) sarebbe il più colossale regalo di ricchezza pubblica ai privati di sempre e nessuno ne parla, e nessuno ne sa nulla, infatti i furbacchioni l’hanno infilata nello stesso decreto IMU (sembra 7 miliardi di cui 5 in dare contro solo 2 in avere per coprire l’IMU, un buon affare!!) che elargirebbe briciole a molti e molto di più ai soliti pochi, e vi hanno chiesto, una e bina, la fiducia mentre nel frattempo fingono, secondo me, di disquisire dottamente sul falso problema della legge elettorale del quale frega molto poco ai più; i militari li chiamano falsi bersagli e i cacciatori specchietti per le allodole il più fesso tra i volatili del nostro patrimonio faunistico. Strano sul punto, almeno fino ad oggi, il silenzio del giovane rampante, mi sa tanto che anche in questa vicenda la famosa massima del Principe di Salina torni di attualità. Concludo con un mesto addio alla democrazia rappresentativa che abbiamo conosciuto e della quale ormai, riforma dopo riforma, e con il trasferimento del potere reale ad altri, e spesso occulti, organismi non elettivi non resta altro che una utopia che mestamente ed inesorabilmente ha imboccato il viale del tramonto. Alla prossima. Hiselo |