L’ANIMA NERA DELLA DESTRA ITALIANA

Non era necessario, a mio avviso, infiltrare un giornalista di Fanpage  negli ambienti dell’estrema destra milanese sotto le mentite spoglie di un fantomatico imprenditore simpatizzante per il partito di Giorgia Meloni per far emergere il sottobosco (eufemismo) che cova sotto la cenere di partiti populisti e antiglobalisti (cioè nazionalisti) come la Lega – non più per Salvini premier – e Fratelli d’Italia, oggi sulla cresta dell’onda e che mira apertamente al governo del Paese. A quanto risulterebbe anche da una semplice indagine nel milieu politico, economico e culturale così nei salotti buoni dell’alta borghesia come nei centri sociali  della periferia, a Milano tutti erano al corrente dell’esistenza in città di nuclei neofascisti e neonazisti fin dai tempi di “Cuore nero”, un centro sociale di estrema destra chiuso dalla Questura nel 2010.

I personaggi inneggianti al Duce e a Hitler che compaiono nell’ inchiesta videoregistrata di Fanpage e che ora i giornali di destra  dipingono come un innocuo gruppo di camerati un po’ folcloristici e un po’ ingenui che si raccoglievano intorno a Roberto Jonghi Lavarini, il cosiddetto “Barone nero”, con un piede nella galassia nera identitaria e l’altro dentro la destra istituzionale della Lega e di Fratelli d’Italia con l’ambizione di fungere da collante fra quella turbolenta  galassia e i partiti della destra sovranista, e intorno all’eurodeputato di Fratelli d’Italia, molto vicino alla Meloni, Carlo Fidanza. Per la suddetta stampa non era che un’allegra “Brigata nera” i membri della quale  si salutano tra loro romanamente  scherzando sull’Olocausto e suggerendo il modo di sfoltire la popolazione troppo numerosa affondando i barconi carichi di migranti,  tra una sghignazzata e l’altra, una bevuta e l’altra. Ora questi allegri camerati  sono  sotto un’inchiesta aperta dalla Procura milanese per finanziamento illecito e riciclaggio di denaro sporco. Ha fatto scalpore il coinvolgimento dell’eurodeputato Fidanza (il quale, in attesa di tempi migliori, si è, più o meno spontaneamente, autosospeso), meno stupore c’è stato per il “Barone nero”, già condannato in primo grado per apologia del fascismo nel giugno del 2020. Il tribunale gli ha contestato  parecchie sue incaute affermazioni proferite nel corso di un talk show andato in onda da una tv locale.

In quella trasmissione Jonghi Lavarini parlò del fascismo come “di un grande periodo di civiltà, di benessere, di modernizzazione, di riforme economiche e sociali e di grandi infrastrutture”, e aggiunse a suo rischio e pericolo che i politici mandati al confino “andavano in bellissime isole a respirare aria buona e che l’unico errore vero di Mussolini era stato quello di essere stato fin troppo buono”.
Come se tutto questo già non bastasse, ammise di aver insegnato alle figlie il saluto romano in quanto “solare, bello e igienico” e definì l’olio di ricino un semplice digestivo. Va detto che Fratelli d’Italia aveva preso da tempo le distanze dal “Barone nero”, il quale, dal canto suo, minaccia: “Sono indipendente e apartitico – ha scritto sul suo profilo social con allegate due foto, una con la Meloni e l’altra con Salvini – ma nessuno faccia finta di non conoscermi o, peggio, si permetta di offendere gratuitamente me e la comunità di patrioti che rappresento. Il cinque per cento di voti della destra radicale fa gola a tutti ed è indispensabile per vincere qualunque sfida bipolare” e annuncia querele contro Fanpage negando che sia avvenuto alcun passaggio di denaro. Diverso è il caso di Carlo Fidanza: ha militato fin da giovanissimo nel Fronte della Gioventù, l’organizzazione che inquadrava i giovani del Movimento Sociale Italiano. Nel 1995 sceglie di seguire Gianfranco Fini dopo la svolta di Fiuggi, passando dal MSI ad Alleanza Nazionale.

Ha ricoperto la carica di presidente provinciale di Azione Giovani a Milano e poi leader nazionale della destra sociale giovanile. Nel 2004 viene eletto vicepresidente nazionale di AG, sorpassato proprio da Giorgia Meloni al congresso nazionale di Viterbo nel marzo del 2004. Ha svolto la funzione di capogruppo di Alleanza Nazionale in Consiglio di zona 5 a Milano, oltre a quella di consigliere comunale e assessore nel comune di Desio. Dopo aver ricoperto vari incarichi nella compagine del Popolo della Libertà, tra i quali quello di parlamentare europeo eletto nel giugno del 2009, Fidanza esce anche dal PdL il 30 dicembre del 2012 e lo troviamo tra i fondatori di Fratelli d’Italia, il nuovo partito promosso da Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto. Nelle elezioni politiche del marzo 2018, viene eletto alla Camera nelle liste di Fratelli d’Italia nel collegio plurinominale Lombardia 1-03 (Milano).  Poi si ricandida alle europee del giugno 1919 e viene eletto nella circoscrizione Italia nord-occidentale, così ritorna a ricoprire il ruolo di capodelegazione di Fratelli d’Italia ma questa volta nel Gruppo dei Conservatori Europei. In seguito a questa elezione, si dimette dalla carica di deputato nel Parlamento italiano.

E veniamo all’ultimo atto: il 4 ottobre si è autosospeso dal partito a causa delle polemiche esplose su tutti i media dopo la diffusione a opera della trasmissione Piazza pulita del video in cui Fidanza spiega al sedicente imprenditore le modalità, ovviamente illegali, per  versare finanziamenti in nero per la campagna elettorale dichiarando “abbiamo le lavatrici per fare il black”.  Che la coincidenza tra la diffusione di quel video e l’imminenza delle elezioni amministrative  sia alquanto sospetta è difficile negarlo. Tant’è vero che Giorgia Meloni ha subito parlato di “polpetta avvelenata” e, prima di prendere provvedimenti, vuole vederci chiaro. “Tre anni di giornalista infiltrato per mandare in onda dieci minuti di video nell’ultimo giorno di campagna elettorale e sulle pagine dei giornali nel giorno del silenzio, in uno stato di diritto non sarebbe mai accaduto”. Ad ogni modo la leader di Fratelli d’Italia non vuole arrendersi all’evidenza dei legami ancora persistenti di una parte del suo partito con il neofascismo e il neo nazismo, e continua a chie- dere di visionare “le oltre cento ore di girato per capire come si comportano i miei dirigenti”, ipotizzando che quello che si vede in quei dieci minuti sia il risultato di una bieca manipolazione, un taglia e cuci costruito ad arte per infangare la figura, fino a quel momento irreprensibile, del suo delegato di fiducia al Parlamento Europeo.

Poi, però, commette la grave  scorrettezza, per distogliere  l’attenzione da Fidanza, di accusare – cosa che la sinistra, garantista per i compagni e giustizialista per i camerati o presunti tali, si è ben guardata di fare – l’ex sindaco di Riace di aver lucrato sull’accoglienza degli immigrati “la solita mangiatoia progressista sulla pelle dei disperati. Ma i grandi media tacciono: non sia mai che finisca la pacchia di chi lucra sugli immigrati”. Ah, questi “giornaloni” e queste reti televisive (per non parlare dei social network) tutti coalizzati contro Fratelli d’Italia! Quali giornali legga  e quali talk show segua Giorgia Meloni non è dato sapere. Ma, al di là della miseria etica, culturale e umana dei personaggi che si muovono in quel sottobosco di estrema destra, e che l’inchiesta di Fanpage conferma, rimane aperta la questione delle infiltrazioni neofasciste e neonaziste nei grandi  partiti populisti e sovranisti come la Lega di Salvini e Fratelli d’Italia della Meloni. I due leader della destra italiana giurano e spergiurano di non avere nessun tipo di nostalgia per il Ventennio, e li possiamo credere, non fosse altro che per la distanza incolmabile tra le nostre abitudini attuali di vita e quelle di allora, ma provate a chiedere a Salvini di condannare in toto il fascismo, e chiedete  a Giorgia Meloni di fare una pubblica professione di antifascismo, come aveva pur fatto Gianfranco Fini, e mi saprete dire.

FULVIO SGUERSO

 

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